Entrai in quel bistrot, all'ingresso del quartiere latino, con tre dubbi fra le mani. Uno lo regalai al pianista e fu subito canzone di rondini e giallo intenso. Non ero certo di trovarla lì, anche se al telefono mi sembrò donna che gioca tutto in un colpo solo sperando di perdere, persuasa che vincere non è realizzare un sogno ma smettere di sognarlo. Con l'altro dubbio volli pagarmi i due Pernod che portai al tavolo in angolo, con la Senna alla finestra. Sul candeliere-bottiglia, sopra il foulard rosso, la cera colava e lentamente si induriva. Ritmo della vita attorno, misura di emozioni impilate come scatole cinesi, stella di fantasie disegnate ad ombre grigie sui muri rosa. Lei entrò, mi riconobbe e rise forte. Probabilmente vide scivolare dalla tasca destra bucata della giacca, il terzo dubbio.