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La promessa
Se sbagliavi strada potevi imbatterti nel bar di Nicholas, un posto non particolarmente adatto ad una coppietta in amore o a persone con molti soldi da spendere, e non solamente per l'ambiente interno al locale, ma anche perché il percorso da fare per entrare in tale luogo non era dei più rassicuranti, una stradina semi immersa nel buio, con ogni forma di vita possibile che si muoveva furtiva tra i cassonetti dell'immondizia. Nicholas il proprietario del bar era un individuo cinico, che da circa 45 anni pregava un solo dio, l'unico che si potesse mettere nel portafogli, in cassaforte o in banca. Per lui cose come i valori morali, sentimenti o qualsiasi forma di affetto erano una stupenda trovata pubblicitaria molto utile in quasi tutti i momenti, e considerava ingenue senza speranza le persone che credevano in queste cose, ammesso che ne incontrasse qualcuna dal momento che riteneva che nessuno fosse mai completamente sincero o buono. La vita era solo una grande canaglia e se volevi sopravvivere ad essa dovevi essere ancora più canaglia della stessa, le persone tutte malvagie e subdole e dovevi sopraffarle prima che fossero loro a farlo. Per sua opinione personale la vita e le persone non gli avevano donato nulla e lui doveva vendicarsi per questo debito insoluto e il miglior modo per farlo era quello di prendere, sempre e solo, indiscriminatamente senza dover dare nulla in cambio, dato che aveva già dato troppo. Non tutti capitavano nel suo bar per sbaglio, alcuni erano clienti fissi e uno di loro che si trovava abitualmente in quel luogo poco rassicurante era Alfred, meglio noto come il gatto. Per alcuni questo suo soprannome era attribuibile al fatto che beveva qualsiasi cosa di alcolico anche leccandola dal bancone o dal tavolo, per altri invece era legato al suo aspetto fisico o meglio alla forma del suo viso. Alfred in genere compariva dal nulla e finiva le serate riverso con la testa e le braccia sul bancone, forse svenuto o semplicemente dormendo ma sicuramente ubriaco. Riusciva sempre a trovare qualcuno che gli pagasse da bere, raramente per gentilezza, ma il più delle volte al semplice prezzo di un esibizione che consisteva nella semplice umiliazione che si basava sul bere dal tavolino, dal bancone e talvolta dal pavimento. Ad Alfred faceva comodo questo bizzarro lato della natura umana che trae piacere dal vedere una persona umiliarsi , a lui non importava, a lui importava solo di bere, come una persona che aveva appena attraversato un deserto senza un goccio d'acqua. Tutti i giorni la scena era sempre la stessa, alla chiusura quando tutti erano già andati via Nicholas prendeva Alfred sotto le ascelle da dietro lo trascinava verso l'uscita, facendo si che i suoi talloni disegnassero luride immagini sul pavimento, poi lo scaraventava per terra contro il cassonetto dell'immondizia, forse nella speranza che qualche netturbino lo scambiasse per parte della spazzatura depositata, ma prima di ritornare dentro gli frugava addosso e prendeva qualsiasi cosa potesse ritenere interessante, e se non trovava niente, gli infilava un paio di calci nei fianchi senza che lui potesse battere ciglio al punto che veniva la perplessità che potesse essere addirittura morto. Il giorno dopo smentiva questa ipotesi dato che con insana e diabolica puntualità era di nuovo li buttato sul bancone come un giaccone vecchio, che qualcuno aveva dimenticato di riprendere andando via.
Un giorno giunse nel bar un uomo che spese molto pagando da bere non solo alle persone che erano con lui ma anche a tutte le persone presenti nel locale rendendo Nicholas non poco felice al punto che ad un certo punto cominciò a preoccuparsi del fatto che un uomo così distinto potesse essere disturbato dalla presenza di Alfred e non tornare più , ma in quel preciso istante si accorse che stranamente Alfred non c'èra e per quanto lo cercasse con lo sguardo in giro non vi era alcuna traccia di lui. L'uomo distinto prima di andarsene disse a Nicholas che aveva un'altra birra da pagare una che avrebbe voluto offrire alla prima persona che si fosse presentata al bancone di quel bar chiunque fosse. Ovviamente a Nicholas non importava se il tipo fosse pazzo o ubriaco e accettò la curiosa richiesta rispondendo "glielo prometto". Quando il locale fu completamente svuotato Nicholas si apprestava a chiudere quando, mentre stava pulendo con un panno di pelle i residui di acqua da lavandino sentii una presenza, e quando si voltò gli venne quasi un colpo. Alfred era li seduto al bancone che lo fissava con la sua faccia da gatto, gli occhi vitrei di colore verde, la pelle pallida di un colore quasi innaturale per una persona viva, gli zigomi sembravano punte che volevano uscire dalla faccia perforando la pelle, i capelli di un bianco spettrale, quasi invisibili. Quasi senza muovere le labbra come fosse un ventriloquo disse: "Una birra".
Nicholas fece finta di non sentire e si voltò verso il lungo specchio che faceva da cornice alla vasta gamma di bottiglie esposte dietro di lui, non aveva nessuna voglia di rimetterci una birra, e mentre metteva apposto alcuni oggetti e prendeva la chiave per chiudere rispose : "Niente soldi, niente birra". Alzò gli occhi e guardando nello specchio vide riflesso un gatto bianco che leccava dal bancone un po' di birra che si era rovesciata poco prima. Credendo in un allucinazione, a causa della stanchezza forse si voltò di scatto ma al posto del gatto vi era Alfred che leccava beatamente dal bancone. Si voltò di nuovo verso lo specchio ma li vi era ancora l'immagine del gatto che faceva esattamente quello che stava facendo Alfred. Spaventato, confuso ed esterrefatto, cominciava a chiedersi chi avesse potuto mettere qualcosa nel suo bicchiere dato che quella non poteva essere che un allucinazione o un incubo, ma proprio mentre facendo mente locale si rese conto di non aver toccato un bicchiere per tutta la sera si sentii sputare addosso un liquame che era provenuto dalla bocca del vecchio Alfred il quale rimaneva li a fissarlo attonito come se la cosa non lo riguardasse. Nicholas ebbe uno scatto d'ira e voleva andare da lui per strapazzarlo ma proprio mentre stava per muoversi Alfred cominciò a miagolare facendogli gelare il sangue nelle vene, e subito dopo si accorse che il liquido che aveva addosso cominciava ad emanare fumo, prima di trasformarsi in fiamme. Avvolto dalle fiamme Nicholas tentava di buttarsi acqua addosso di rotolarsi per terra ma nulla sembrava avere effetto, corse fuori cadendo vicino al cassonetto dell'immondizia, li nello stesso esatto punto dove era stato buttato Alfred giorno dopo giorno. Non si sa perché in quegli ultimi istanti di agonia gli venne da pensare al suo gatto Gabriel, l'unico amico che ebbe nella sua infanzia e che consegnò a dei ragazzini in cambio di una misera somma di denaro e a delle biglie. In seguito seppe che il gatto fu atrocemente torturato e addirittura bruciato. Lui conosceva molto bene quei ragazzini e sapeva come agivano ma in quel momento pensò che avrebbe poi potuto avere un altro gatto e che il suo bisogno primario era più importante di ogni altra cosa. All'improvviso si ricordò che parlando al gatto gli aveva detto "Ti prometto che non ci separeremo mai". Decisamente non era molto abile a mantenere le promesse, ma che importanza aveva? I valori morali erano solo stupide trovate pubblicitarie.
Il mattino seguente trovarono il corpo di Nicholas senza vita, ma completamente intatto, il coroner disse che aveva avuto un problema cardiaco. Il bar fu rilevato da un'altra persona ma dalla scomparsa di Nicholas nulla era cambiato i clienti fissi di prima continuavano a presentarsi li regolarmente eccetto uno, Alfred che da quella sera in poi svanì nel nulla e non apparve mai più . Alcune persone narrano ancora di lui e delle sue strane abitudini, ma forse senza saperlo non sanno di incrociarlo all'angolo di qualche strada o nei pressi di qualche cassonetto alla ricerca di cibo... o di un padrone leale.
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- Bel racconto, particolarmente apprezzato da me che amo i gatti in maniera particolare. Per certi versi mi ricorda la storia "Il Gatto Nero" del grande Poe.
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