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La cartolina
Premessa: credo che questa piccola parentesi di vita l'abbiano avuta in tanti, per cui non ho la presunzione di raccontare nulla che magari non è conosciuto, ho scritto questo per ricordare i miei venti anni a me stesso.
Un giorno di settembre, la trovai nella cassetta della posta, "la cartolina" della chiamata al servizio militare, avevo tanto sognato di non riceverla, ma sapevo che poteva arrivarmi, perché mio fratello, era stato esonerato in occasione del sisma, che si era verificato molti anni prima nel nostro paese.
Il mio amico Sandro fu più fortunato, a lui arrivò il congedo illimitato, pensare che eravamo coetanei, in tutto e per tutto, anno, mese e giorno di nascita.
A gennaio dovevo partire per la Sardegna, destinazione Macomer (NU) "45 BTG Sassari Arborea".
La sera del 14 gennaio 1980, partii dal porto di Civitavecchia, mi imbarcai su una nave delle ferrovie dello stato, durante la traversata, trovammo una tempesta, che, a detta dei marinai imbarcati sui traghetti, da oltre venticinque anni, mai ricordavano di aver dovuto affrontare, Sigh!! per me era la prima volta, che fortuna... dovevamo arrivare a Golfo Aranci per le 7, 00 di mattina del 15 gennaio, arrivammo, dopo una traversata travagliata verso le 11, 00, ad aspettarci, c'era una specie di tradotta, un treno fatiscente che correva su l'unico binario di quella ferrovia, tipo far west e credo esista ancora oggi in Sardegna, giunti alla stazione di Macomer dopo un viaggio che sembrava interminabile, nessuno era lì ad aspettarci, trovammo dei militari in divisa fuori della stazione i quali, vedendoci uscire in molti, ci indicarono il percorso, consigliandoci di percorrere a piedi e in circa venti minuti, avremmo coperto la distanza che intercorreva dalla stazione alla caserma "Bechi Luserna" dai più conosciuta come forte apache.
Mentre percorrevo in silenzio, il tratto di strada, appesantito dal mio bagaglio, guardavo il paesaggio circostante, era veramente brullo, in lontananza vedevo una specie di montagna, completamente priva di vegetazione, dopo una bella faticata, arrivai davanti all'ingresso di una fatiscente struttura, la "caserma", mi fermai ad osservarla non entrai subito, era veramente brutta, mi decisi ed entrai, appena dentro il clima cambiò, nemmeno il tempo di pensare, c'era ad attenderci un militare in divisa mimetica, urlava come un matto, (scoprii dopo che era un sergente maggiore), voiii! si voi! Sveglia! cosa fate lì impalati, svelti dovete andare in quel settore e aspettare per essere registrati, lo guardai come fosse un marziano e segui il flusso. Attesi il mio momento per la registrazione, dopo aver adempiuto, mi fu detto, che da quel momento mi dovevo presentare come recluta Renato Papini (nome e cognome di fantasia), sesta compagnia, primo plotone seconda squadra, questo, ogni qualvolta che ero interpellato da un superiore, il tutto urlato... guai! non farlo.
Poi ci condussero alle nostre camerate, entrati nel lungo corridoio, lo percorremmo fino in fondo, dove trovammo ad attenderci dei militari che ci indicavano quali erano le nostre camerate, la prima cosa che notai entrato nella mia, era che non c'era un vetro integro nelle finestre, anzi non c'erano proprio vetri, dentro di me pensai, andiamo bene, poi mi resi conto, cosa voleva dire dormire, in quelle camerate in pieno inverno, privi di alcuna protezione, devo dire, che faceva veramente freddo la notte, mi dissi, qui ci vogliono temprare...
La mattina mi trovò sveglio, e come si poteva dormire... intanto sentivo i passi del piantone che mentre si avvicinava iniziò a urlare a squarciagola sveglia sveglia, avete tre minuti per essere inquadrati, non avevamo ancora nulla di militare nemmeno la divisa, di corsa mi lavai e mi vestii con gli abiti che avevo il giorno prima ed uscii dall'edificio, trovai poche persone fuori, ero stato veloce, dopo poco eravamo un centinaio, il solito sergente inizio a scremarci per ordine di altezza i più alti dietro i più piccoli via via avanti fino alla prima fila, io mi trovavo in una via di mezzo ma non troppo dietro, vedevo il maggiore (il sergente maggiore voleva essere chiamato così) che urlando diceva adesso vi insegno a marciare, faceva un freddo cane pioveva e tirava vento, io mi domandavo ma questi sono matti... iniziammo a fare i primi passi nemmeno il tempo di pensare che dalla bocca del maggiore uscì un urlo disumano, voiiiii siete impeditiiiiii non sapete fare nullaaaaa.
Dopo una ventina di minuti ci condusse in piazza d'armi per l'alza bandiera, finita l'operazione, ci condusse in mensa per la colazione, trovammo una fila interminabile, lui con un sorriso beffardo disse se non vi svegliate nell'apprendere, sarete sempre gli ultimi a fare colazione, stessa cosa per i pasti, quindi vedete voi cosa volete fare. Spronati da quelle parole, appena terminato di mangiare, siamo tornati in piazza d'armi per riprendere a marciare, il tempo era inclemente la pioggia non aveva mai smesso di cadere. Alla fine della giornata avevamo appreso i primi elementi di come si marcia, insomma pensavamo di essere un bel pezzo avanti... non avevamo capito nulla, mancavano tutti gli altri elementi fondamentali, battere il passo la cadenza, il dietro front e come girare a destra o a sinistra, per non parlare dell'attenti a destra o a sinistra, per salutare le autorità.
La mattina successiva ci furono consegnati gli indumenti militari, il basco, la mimetica, la divisa invernale, quella estiva, l'impermeabile, le scarpe basse, gli scarponcini e gli anfibi e tutto quello che era nell'elenco dagli indumenti intimi, e una grossa borsa di colore verde che doveva servire a contenere il tutto.
Poi si passò alla rasatura delle chiome, per me non fu un trauma anche se tenevo molto ai miei boccoli alla Lucio Battisti.
Dopo una settimana di questa giostra, eravamo abbastanza preparati, con soddisfazione del nostro istruttore.
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l'autore alta marea ha riportato queste note sull'opera
Ho dimenticato di mettere parte prima.
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