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Un'altra
Si muoveva sullo sgabello del bancone del bar per sistemare il suo grasso sedere molliccio e intanto disse: " Ehi Zac, dammene un'altra". Il barista con la sua espressione impenetrabile stappò una birra e la poggiò sul banco lasciandola vicino all'altra semivuota. Subito Roy la prese e diede un sorso, senza staccare gli occhi dalla tv che trasmetteva una partita di baseball. Quasi ogni sera si trascinava dentro quel locale, si faceva una bevuta e poi dopo aver messo insieme una fila di bottiglie, si alzava a fatica e barcollando si dirigeva verso l'uscita. Era corpulento, tozzo, dall'aspetto trasandato; spesso sudato con in testa un cappellino con la visiera che nascondeva la pelata. Le guance rubiconde contrastavano con gli occhi chiari e acquosi. Il naso grosso e pieno di vene bluastre ai lati, pareva essersi arreso ai continui attacchi delle sue dita robuste. Doveva essere un operaio, forse un carpentiere: doveva esserlo stato. Roy non parlava molto, non raccontava di sè. Si limitava a commenti che riguardavano le partite, si lamentava della neve che bloccava le strade o del caldo asfissiante; oppure scambiava qualche battuta con Zac, quando era di buon umore. Era ormai un cliente fisso, sedeva sempre nello stesso posto. Se quello sgabello avesse potuto parlare, sicuramente lo avrebbe supplicato di spostarsi.
Il bar di Zac era accogliente: c'era un'atmosfera tranquilla e rilassata; non era molto grande e il legno scuro era l'elemento predominante. C'erano morbidi divanetti e tavoli al centro ma Roy non si staccava dal bancone. La musica era sempre di buon livello: il blues non mancava e Zac ne andava fiero. Roy sembrava indifferente ai brani musicali, ipnotizzato com'era dallo schermo televisivo.
Una sera che era particolarmente in vena, stava commentando un programma di varietà con Zac che lo scrutava da dietro i suoi baffoni. Si parlava di donne e ad un certo punto il barista gli chiese se avesse qualcuno ad aspettarlo a casa. "Scherzi?" rispose Roy, producendosi in una fragorosa risata. Inaspettatamente gli raccontò qualcosa della sua vita.
Era stato sposato per alcuni anni, ma poi dopo un periodo di continui litigi sua moglie se n'era andata. Lui era tornato a casa e aveva trovato un biglietto attaccato alla tazza del cesso: "Vaffanculo". Lo interpretò come un addio."Vaffanculo anche tu" commentò appallottolando il biglietto e buttandolo nel water. Zac lo guardava perplesso: non sapeva se ridere o mantenere un atteggiamento serio; sapeva solo che avrebbe preferito non avere fatto quella domanda. Roy alzò lo sguardo verso di lui e avendo percepito l'imbarazzo, lo rassicurò. Non gli ci era voluto molto per rendersi conto che non gli importava più di tanto, in fondo non era tagliato per il matrimonio e quella donna non gli aveva certo semplificato la vita.
Era successo molto tempo prima, solo un ricordo ormai, un capitolo chiuso; chissà dov'era finita, non sapeva più niente di lei e in verità non gliene poteva fregare di meno.
La sera tornava a casa, buttava il giaccone sul divano, prendeva una birra e preparava la cena. Cioè apriva un pacco di cibo surgelato o precotto e lo scaldava al microonde; dopodiché si fiondava sul divano davanti alla tv.
"Alimentazione bilanciata", scherzava tra sè e sè.
"Zac sei lento stasera", borbottò Roy "Non vedi che la bottiglia è vuota?"
"Vacci piano Roy, te ne sei scolato già sei stasera"
"Da quando ti preoccupi per me? Vuoi darmi anche il bacio della buonanotte?" farfugliò ironicamente Roy.
"Al diavolo" sbottò Zac, "Fa' come vuoi" e gli mise davanti l'ennesima birra.
"Tranquillo... troverò anche stasera la strada di casa"
"Ragazzi si chiude" disse ad alta voce Zac una mezz'ora più tardi per avvisare gli avventori che quello era l'ultimo giro.
"Ricordati Zac" biascicò Roy, "Le donne ci uccideranno" e si avviò con passo incerto e traballante verso l'uscita. "Sì, certo Roy, buonanotte" rispose Zac e poi aggiunse, sottovoce: "Le donne... o la birra!"
Roy tirò su la cerniera del giaccone ma, appena fuori, una folata di vento gelido mista a nevischio lo colpì in pieno viso. La sensazione di freddo gli diede una parvenza di lucidità. Si incamminò seguendo una traiettoria non esattamente diritta e mentre provava a scansare alcune cartacce sollevate dal vento, sentì un guaito che proveniva da un angolo buio. Quel suono ripetuto e implorante attirò la sua attenzione. Si avvicinò e scorse un cuccioletto tutto nero con una macchia bianca intorno all'occhio sinistro. Roy si piegò e, allungando le braccia, lo prese tra le mani: "Avrà due mesi" pensò. In quel momento il guaito si tramutò in un ringhio che più che mettere paura, faceva tenerezza."Certo hai carattere" disse Roy, con la faccia vicina al musetto del cucciolo che, forse per paura o perché non aveva gradito l'odore di alcol nel fiato dell'uomo, affondò i suoi dentini aguzzi come aghi in un dito di Roy. "Accidenti, maledizione..." imprecò lasciandolo e guardandosi il dito, "Se proprio ti fa piacere restare a crepare di freddo qui, basta dirlo". L'animale ricominciò a guaire. "Ok, non mordere però" e lo riprese in braccio.
Stavolta il trovatello non ringhiò e Roy sentì sulla sua mano la linguetta calda e umida del piccolo che subito dopo cominciò a succhiare il suo indice: era affamato!
Lo guardò intenerito e aprì la cerniera del giaccone quel tanto che bastava per farci entrare il cucciolo, poi si chiuse alla meglio e si rimise in marcia, ondeggiando, verso casa.
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che si era preso cura di un essere vivente? Fece la strada che rimaneva percependo il calore di quel corpicino sul suo petto: ad ogni respiro del cagnolino, avvertiva una leggera pressione e una forte emozione. Si sentiva bene!
Dal canto suo Rebel - questo era il nome che Roy gli avrebbe dato molto presto -cominciava già a sentirsi a suo agio tra il caldo maglione e la morbida ciccia.
Dopo una decina di giorni, Rebel aveva già un aspetto più pieno: aveva messo su qualche chilo, era molto vispo e Roy aveva avuto modo di rendersi conto di quanto impegno necessiti prendersi cura di un cucciolo. Andavano a passeggio nel parco e per le strade: era divertente andare in giro con Rebel che, sempre curioso ed entusiasta, non si placava mai. Ogni oggetto in movimento era una preda da acciuffare e saltando e correndo riempiva gli occhi di Roy che osservava divertito e già gli voleva bene.
"Roy!" disse Zac quando lo vide entrare nel locale, "Che è successo, hai trovato un bar più a buon mercato o ti è passata la sete? Tutto bene?"
"Tutto ok Zac, in effetti sto provando a bere un po' meno."
"E questo cucciolo chi é?" "Ti presento Rebel" disse Roy con orgoglio mentre il cane assaporava un piede di uno sgabello. "Sarebbe morto là fuori l'altra notte: l'ho trovato tremante mentre nevicava e gli ho chiesto se voleva venire a casa con me."
"Suppongo che abbia accettato" rispose Zac ridendo. "Hai un aspetto diverso", continuò "Più curato, ti trovo bene" "Beh, sai, sono spesso in giro, sto più a contatto con la gente" "Uhm" fece Zac con uno sguardo complice. "Prendi qualcosa?"
"Una birra, ma solo una" rispose Roy con l'aria di chi ha una voglia matta di parlare. "Sembri anche dimagrito" lo pungolò Zac, "Dai, spara..."
"Ok" Iniziò Roy che non stava più nella pelle: "Ero al parco con Rebel che saltava e correva qua e là, quando ad un tratto l'ho visto allontanarsi. L'ho ritrovato assieme ad una cagnetta: si annusavano e giocavano contenti. "Scommetto che la cagnetta aveva una padrona" Lo interruppe Zac. "Mary" continuò Roy dopo una pausa.
"é gentile, simpatica... lei dice di avere qualche problema di peso, ma a me sembra bellissima e... stasera andiamo a cena". Il viso di Roy era raggiante.
"Ottimo" disse Zac che cominciò ad applaudire insieme ai due impiegati che avevano sentito tutto. "Questa la offro io". "Grazie, alla tua..." disse Roy bevendo un sorso. "Adesso vado, non vorrei arrivare in ritardo". "In bocca al lupo... ciao Rebel"
Mentre Roy andava verso l'uscita il piccolo gli girava intorno addentandogli i pantaloni.
"Ehi Roy", lo chiamò Zac. "Cosa?" "Ricordati... le donne ci uccideranno"
"Ah ah ah... già", si ricordò Roy, "Ma in fondo, forse è un buon modo di morire!
Rebel ringhiava.
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0 recensioni:
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- Un incontro inaspettato e la vita di colpo cambia, acquistando significato e sapore, aprendo a prospettive future inimmaginabili fino al giorno prima... Un incontro tanto più bello perché, a differenza di quello con un uomo o una donna, l'amore di un cane sarà senza riserve e incondizionato... Bravo Marcello, sempre ben scritti e significativi i tuoi racconti.

- Ciao Dora, grazie del commento. A volte basta poco per stimolare il piacere di vivere.
- Un racconto che mette in risalto un fatto basilare, che talvolta
basta qualcosa, che fa capire che la vita può cambiare anche attraverso l'incontro con un cane. E in qusto scambio di calore umano, Roy e Rebel, diventano amici. Un bel racconto che ho apprezzato. Bravo Marcello.

- Ciao Nicoletta, sono contento di avere trovato il tuo commento. Ero sicuro che questo racconto avrebbe stimolato la tua sensibilità. é vero, gli animali ci rendono migliori. Grazie e a presto. (Bau)
- Bellissimo... si vede che sai quanto i cani possano far guarire dalla solitudine, dalla bassa autostima, dalla tristezza e riempire i vuoti affettivi. Roy si è accorto che donando cura e affetto migliorava anche la sua vita, non solo quella di Rebel. Scritto benissimo, come sempre. Ciao - bau


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