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Vite di santi comuni

Quando incontravi Rosa, ti salutava con un sorriso.
Incontrarla era facile, specie lungo il corridoio che comunicava le sale degli open space che era diventato la sua pista libera - tensioni e allenta - frustrazioni.
In certe giornate fortunate, riuscivo a collezionare persino due sorrisi per volta che moltiplicati per i giorni lavorativi dell'anno, costituiscono un ammontare da fare invidia.
Peccato però che quei tremila sorrisi accumulati nel tempo, non abbiano un felice corrispettivo in denaro, altrimenti anche le mie tasche l'avrebbero ringraziata.
D'improvviso i miei ricordi si accendono, quando Rosa era un comune coordinatore, uno di quei lavori dove non esistono responsabilità se non quella di tenere a bada numeri, percentuali e grafici, tanto care alle aziende e che considerano tali figure professionali come i "gestori delle risorse".
Concetti seducenti che riempiono la fantasia degli ignoranti; parole che servono per riempirsi la bocca e che di fatto non significano nulla, se non un timido tentativo di mistificare la realtà, rappresentandola secondo un ideale di falso efficientismo, tanto di moda in certi ambienti.
Come dimenticare, ad esempio, il discorso che pronunciò Rosa alle sue risorse il giorno della promozione: "Sono emozionata nel comunicarvi che dopo tanti sacrifici, l'azienda ha riconosciuto i miei meriti. Da domani rivestirò un ruolo di responsabile della struttura. Se ci sono riuscita io, potrà riuscirvi chiunque! Dall'impegno che voi metterete sul vostro lavoro, costruirete i vostri percorsi professionali!"
Era naturale che Rosa dicesse così, non poteva certo rivelare che grazie alle conoscenze familiari aveva attenuto quella promozione! Doveva necessariamente propagare un efficientismo di superficie, falso, ipocrita, di facciata.
Nessuno le aveva chiesto un discorso. Nessuno le aveva chiesto il perché ed il per come. Tutto era partito dalla sua necessità di dover spiegare...
Tuttavia a scapito del nome romantico e della voce aggraziata, negli atteggiamenti Rosa era assai diversa e fuori dal comune.
Camminava ondeggiando le spalle, come fanno i culturisti quando sono in gara, oppure quando sulla spiaggia mostrano palesemente i muscoli per suscitare la meraviglia degli altri. Rosa però era una culturista atipica: più nell'atteggiamento e molto meno nei muscoli.
L'apparenza era salva, mentre la sostanza latitava.
Famoso era diventato il suo giubbotto di pelle nera, indossato con la fierezza di un camionista e portato ogni giorno, come se fosse una divisa.
Imbarazzanti, secondo me, erano i suoi pruriti e quell'infilarsi le dita tra i glutei in profondità, senza porsi il benché minimo pudore.
Insomma, Rosa, era un personaggio. Un argomento su cui parlare nei momenti di noia, oppure quando non si trovavano altri argomenti da trattare.
Eppure anch'io avevo fatto il mio percorso: avevo imparato a portare lo sguardo in modo austero, ma fiducioso, l'alito accuratamente fresco fino al punto che era diventato l'invidia dei miei funzionari, avevo imparato a dire termini in inglese di cui non sapevo il significato, però i colleghi mi dicevano che facevano molta scena.

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1 commenti:

  • mauri huis il 05/04/2012 11:28
    bel racconto che mi sono divertito a leggere senza tuttavia capire bene se e dove volesse andare a parare. Scritto comunque bene merita i miei complimenti.

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