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E non avrò paura

Uscì di casa sbattendo la porta.
Non era arrabbiata con qualcuno in particolare.
Lei odiava il genere umano in generale.
Odiava il genere umano e i prodotti che ne derivavano.
Odiava i jeans aderenti, quelli che fasciano il corpo come un guanto.
Odiava i posti in cui le sue coetanee potevano andare a divertirsi, e poi raccontare il giorno dopo in modo estenuante le loro avventure con i ragazzi.
Odiava soprattutto loro, i ragazzi, razza di umani semi deficienti sempre pronti a farsi irretire da quelle oche svenevoli del tutto deficienti che sono le ragazze.
Odiava i suoi genitori per averla generata sotto quella forma, e soprattutto per averle donato quel nome.
Appassionata di danza, la madre volle chiamarla come la Duncan, la celebre danzatrice.
"... ma, dico io, non ti sei guardata allo specchio? E non hai guardato quel trombone di tuo marito? Che speranza avevi di generare una silfide da avviare all'etereo mondo danzante, eh, me lo dici?"
Il rimbombo della porta chiusa con forza si diffondeva nell'androne condominiale mentre Isadora, con in faccia ben stampato preventivamente tutto il suo disprezzo per il prossimo, una sorta di armatura che le permetteva di parare ogni possibile offesa, si avviava quel lunedì verso l'ufficio nel quale lavorava.
Era il giorno peggiore il lunedì.
Avrebbe dovuto sopportare per ore tutte le sue colleghe raccontare le loro avventure sentimentali, e soprattutto avrebbe dovuto subire la stessa stronza domanda con la quale terminavano la narrazione delle proprie gesta: " E tu, Isadora, che cosa hai fatto? Sempre da sola? Povera, povera, Isadora! ".
Non sopportava più quella perfidia, così come non sopportava più la crudeltà dei colleghi, che giocavano con i suoi sentimenti facendo finta di provare interesse per lei, concedendole appuntamenti puntualmente disertati.
Quel lunedì non fu diverso dagli altri. Sempre lo stesso coro di pettegolezzi, gli stessi discorsi, le stesse facce. Fino all'ora di pranzo. Seduta a un tavolo del bar dove solitamente consumava un pasto frugale, sola come sempre, stava addentando il suo tramezzino quando udì quella voce.
" Scusi è libero? Posso sedermi? "
Lo guardò mentre si accomodava e con la massima disinvoltura le rivolgeva un sorriso talmente limpido e solare che doveva per forza essere sincero.
Trascorse la sua mezzora di pausa in religioso silenzio ad ascoltare quell'uomo che le parlava con disinvoltura e, almeno in apparenza, senza secondi fini.
Con la stessa leggerezza con cui era arrivato se ne andò, e lei rimase seduta per un po' a fantasticare.
Al ritorno in ufficio indossò di nuovo la corazza che aveva svestito momentaneamente, nel timore di aver subito l'ennesimo, beffardo scherzo.

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5 commenti:

  • Grazia Denaro il 09/11/2012 14:38
    Notevole racconto. è stato bello leggerti.
  • Massimo Bianco il 12/04/2012 19:10
    Le lettura del racconto mi è piaciuta, tra l'altro è scritto in maniera davvero scorrevole (forse anche troppo?) e la protagonista è assai ben delineata. Ci stai però dicendo che Isadora ha pasteggiato per una settimana in compagnia di Francesco De Gregori? Questa soluzione finale in verità mi lascia un poco perplesso. Saluti.
  • gina il 09/04/2012 16:54
    Si legge tutto d'un fiato! Una favola moderna...
  • Marhiel Mellis il 09/04/2012 16:32
    Brano che rende appieno il sentimento come tratto d'unione della vita tra persone... fondamentale sia nelsegno d'amoreche nell'amicizia!! Complimenti!
  • Anonimo il 09/04/2012 15:44
    Il testo della "donna cannone" è un bel fendente finale. Bello leggerti.

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