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Il Ritratto
La sveglia è quell'oggetto strano, come una piccola arma studiata per riportare il pensiero degli esseri umani su questa terra, dentro al vuoto quotidiano, dentro al marrone e al grigio.
Nutrivo un profondo odio verso questo oggetto ma ero costretto a tollerarlo e lui o meglio lei mostrava le sue ore sfacciate e il suo ticchettio mi sembrava avesse un suono vagamente volgare.
Quella mattina però se la vide veramente brutta. Suonò a lungo perché ero immerso in un sogno bellissimo che non volevo abbandonare. Fu Kathrine a scuotermi affinché ponessi fine a quel rumore insopportabile, allora mi riscossi e una manata energica rifece piombare la casa nel silenzio.
Nonostante l'avessi percossa, quella bestia infida mi mostrò con la sua solida spavalderia che erano le dieci del mattino, il quotidiano reclamava il mio corpo, urlava i miei doveri.
Certo non era facile con il corpo di Kathrine così caldo, così sodo che giace addormentato vicino a me. È proprio bella mi sembra quasi un sogno, mai avrei pensato di abbordare un pezzo di femmina così.
Quando l'ho vista entrare, nel ristorante dove lavoro, al fianco di un uomo molto elegante, molto più anziano di lei, le orbite degli occhi mi erano schizzate fuori e a stento sorressi la lingua. La sinuosità di quel corpo sembrava avvolgere l'intero locale, tanto gli uomini quanto le donne si trovarono coinvolti in quelle movenze che sembravano evocare una danza antica. La cascata dei biondi capelli mi offuscò per un secondo la vista e una vaga leggerezza si impossessò delle mie gambe.
Senza accorgermene seguendo un impulso selvaggio, mi adoperai intorno a quella coppia, cercando di servirli in maniera impeccabile.
Sfoderai dei sorrisi caldi e inquietanti diretti a quella donna, ero stregato e, a differenza di come mi era successo in passato, me ne fregai di quel vecchio che gli sedeva accanto.
Con un'eleganza, che mi sorprese, ogni qualvolta mi avvicinavo al suo tavolo, trovavo un buon motivo per sfiorarle quando un braccio, quando una mano e perfino la nuca; sentivo un'irrefrenabile bisogno di toccare la sua pelle, un istinto primordiale di contatto.
E che vi devo dire? Tanta sarà stata la mia eccitazione che riuscii a trasmettergliela attraverso l'epidermide; oppure sarà che l'occhio nero, morbido e misterioso come il velluto, come la mia lontana terra italiana, soprattutto quando è venato da un'adrenalina ormonale, colpisce come una ghigliottina le mie vittime. Lei incominciò ad interessarsi a me fin dalla fine del primo piatto. Mi guardava sottecchi e mi provocava con una mimica facciale delicata ma coinvolgente.
Il suo accompagnatore sembrava non curarsi di ciò che gli accadeva intorno. Sembrava preoccupato, in effetti lo era perché alcuni suoi affari non andavano bene. Era un imprenditore di una società di import / export e lei era la sua segretaria. Una segretaria di rappresentanza nelle grandi occasioni e disponibile per eventuali aggiustamenti in trattative finanziarie, ma questo lo seppi dopo.
Se ripenso a quella cena, posso ben dire che è sembrata un rito propiziatorio al nostro incontro.
Infatti i due consumarono la cena lentamente e in silenzio, Kathrine si stava annoiando ed era evidente dal suo viso serio, quasi allungato. Io mi intromisi in quel silenzio offrendo leccornie per il palato, che non furono accolte con entusiasmo da lui quanto da lei. A me di quel che pensava lui interessava poco così elargii sorrisi sornioni che Kathrine capì.
Alla fine della cena, con la scusa di recarsi nella toilette, me la trovai a fianco e trasalii, le mie guance devono aver avuto un lampo di rossore perché lei sorrise e con tono apparentemente distaccato: " A che ora stacchi di solito? " Il suo accento di un francese perfetto mi intimorirono e nel rispondere sembrai un balbuziente " A.. a.. alle do.. dodici credo " Era leggermente più alta di me, probabilmente erano i tacchi, e la sua folta capigliatura, che mi scaldava con quel suo giallo sole di mezzogiorno, mi scompose i pensieri e mi sembrò che, per una frazione di secondo, gli occhi roteassero all'interno delle orbite.
Ero arrivato a Parigi con l'intenzione di calpestare la terra dei miei pittori, volevo respirare la stessa aria che era stata respirata da Lautrec, da Modigliani, da Monet. Avevo preso in affitto una piccola soffitta vicino Montparnasse e quando ero libero dal lavoro mi piaceva girare per la città in cerca di scorci da ritrarre.
Erano cinque mesi che vivevo a Parigi e mi sembrava che ci fossi nato tanto mi erano familiari quei luoghi. Meno familiari erano i francesi, è noto che verso di noi nutrono una diffidenza, che, vista l'immagine che diamo come popolo, non è poi tanto preconcetta.
In terra straniera d'un tratto si ritorna italiani, lo spirito di appartenere ad una popolazione che seppur bastarda e vile è la tua gente. Soffro di questa sensazione di non appartenenza ma non ci penso più di tanto, perché giù da noi in questo momento non va proprio bene. Io poi che come artista non riesco a vivere neppure qui, infatti faccio il cameriere, figuriamoci in Italia!
Queste considerazioni mi hanno accompagnato durante questi mesi e al di là di conoscenze di lavoro od occasionali Kathrine è stata la prima persona ad entrare in casa mia. Sapevo che l'avevo attratta per la mia bellezza latina, che tanto attira le donne estere, e questo mi aveva messo vagamente a disagio all'inizio, pensavo tra me " Sarò all'altezza di questa giunonica femmina? Io uno scugnizzetto napoletano pieno di sentimenti e di colori? " Non ci sono stato a pensare troppo su, pensare è utile ma non sempre.
Ho lasciato la mia città natale in mezzo a mucchi di immondizia, la cui vista mi faceva piangere. Il degrado mostrato da quelle sostanze maleodoranti, segno di una civiltà consumistica alla deriva, come sempre Napoli in testa a spaccare il tempo e a dimostrare all'Italia tutte le sue efferatezze.
Sempre Napoli e i napoletani a combattere in prima fila, forse sarà il carattere allegro di questo magnifico popolo.. chissà!
Nonostante la mia giovane età, in casa mia ho cominciato molto presto a conoscere la vita, ma non vi tedio con la solita tragedia napoletana, di sporcizia, viltà e di quel vago sapore di illegalità, che ho respirato fin dal primo vagito, perché non sono originale. Vi dirò che senza un perché fin dall'età di sei anni ho cominciato a lasciare ritratti e disegni di ogni tipo un po' ovunque. In famiglia non è che fossi molto apprezzato: ero un " fesso " e non sapevo scippare le vecchie ma piuttosto le sapevo ritrarre con le loro dentiere e i loro passi incerti.
Imparai molto presto a mangiare il tempo con morsi avidi, a cavalcare i secondi di beatitudine che la vita mi offriva.
Questo mi ha permesso di non stare troppo lì a pensare chi fosse questa bella femmina, perché proprio a me, mi sono buttato a pesce e adesso, mentre lei continua a sonnecchiare poggiando le sue carni morbide e lucide come la seta dentro al mio letto, io mi alzo e prendo il blocco.
A quel punto si fa avanti Polì la mia meravigliosa siamese, è vero dov'era finita? Era discreta Polì aveva sentito voci estranee e si era accovacciata in una parte oscura della casa. " Bella Polì vieni qui che ti faccio una carezza " - " Miaooo" tenera la mia Polì con quel suo miagolio sommesso. Interruppi il ritratto per versargli un po' di croccantini nella ciotola, poi ripresi.
In circa un'ora buttai giù più di quattro schizzi, la ripresi da ogni lato.
Kathrine aprì gli occhi e rimase quasi interdetta di quel mio disegnare.
Si stupì, del resto ci eravamo a malapena presentati. Non c'era il tempo per le grandi conversazioni, avevamo entrambi un impulso irrefrenabile e non ci perdemmo in vani preamboli. Mi stupì il carattere di quella donna, deciso e poco romantico, in Italia non mi era mai capitato ma, si sa, sono giovane e di avventure la vita me ne deve ancora concedere tante.
Mentre continuavo a ritrarla le raccontai le mie esperienze artistiche, i miei sogni, le mie origini. Si appassionò a guardare alcune delle mie tele, le chiesi timidamente se voleva posare per me qualche volta, magari con Polì la mia gatta.
Accettò quasi commossa. Era una donna bellissima ma proprio a causa di questa bellezza non si era mai sentita apprezzata, in quanto persona. Vedermi ritrarla la eccitava, diceva che ero ancora più bello. Si alzò per baciarmi e alla vista di quegli schizzi scomposti si turbò, tanto che due lacrime le rigarono le guance, nessuno aveva mai visto così in profondità la sua anima nascosta tra quelle pieghe morbide del ventre e delle cosce.
Mi concesse il piacere di esplorare con la matita il suo corpo e la sua anima, perché tra la modella e il suo pittore spesso s'instaura una simbiosi, che dalla carne trasla nei segni e dai segni nel cuore.
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