Oggi è un gran giorno. Finisco cent'anni.
Finora non ho trovato molte differenze con gli altri. Il sole è spuntato dietro la solita collina e scommetto che stasera andrà a finire a picco proprio in mezzo al lago.
Come sempre.
Tutta questa gente che mi sorride, tutti questi ragazzi... venuti al mondo che già mi pisciavo addosso, mi ricordassi almeno il nome di uno di loro... mi chiamano nonnino. Sono d'accordo, ma con quanti intermediari in mezzo?
Boh... quello là avrà otto anni, spesso mi viene vicino, sorride, mi tocca una mano e fugge via. Potessi sapere chi è lui o suo padre, almeno suo nonno. Niente da fare.
Mi sembra d'aver capito che ci sarà una gran festa, oggi.
In mio onore.
Vedo con mezzo occhio, non parlo che tanto è inutile, non capisco un cazzo nemmeno io di quello che dico, le orecchie hanno smesso di fare il loro lavoro da un pezzo, mangio, anzi bevo un po' di semolino una volta al giorno, passo le mie giornate su una poltrona e le mie nottate su un letto con le sponde.
Però faranno una festa in mio onore.
La notte non dormo. Come potrei, sono diventato così piccolo che anche le lenzuola pesano troppo. A volte, sforzandomi, riesco ad afferrare un ricordo dal passato, un volto, una voce. Altre volte, invece, i ricordi vengono da soli, come in sogno.
Allora mi diverto, come quando andavo al cinema.
In tempi grami, un po' d'autarchia è quello che ci vuole.
Ecco, ora si stanno avvicinando.
Mi sorridono con la stessa faccia che di solito mostrano ai bambini. Poi dicono che da vecchi si regredisce al livello infantile.
Che altro si può fare?
Stanno cantando una canzoncina in coro.
Se potessero vedersi, anche quel poco che li vedo io.
Se potessero sentirsi, anche quel niente che li sento io.
Cosa dicono? Cento di questi... giorni?
Ma andate a cacare, voi che potete!