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Sconosciuti prima di tutto

Quando tutte le paure riaffiorano, il cielo è di pesca su questa città sconosciuta.
Ho dimenticato le raccomandazioni di quelli che non smettono mai di viaggiare, di quel vecchio alla stazione che non riesce a trovare la strada di casa o di mio fratello che prima che partissi mi ha riempito lo zaino di mappe.
Quelle mappe sono diventate coperte nella mia prima notte sul ciglio della strada poi tovaglie nel primo pranzo del mio viaggio, non mi hanno mai indicato la strada perché mi sono perso subito.
Mi sono perso nel tempo in cui "Ti sei perso Rob"è diventata una cantilena nella mia testa o nel tempo in cui ho incrociato gli occhi di una sconosciuta ferma in attesa sul binario opposto al mio.
Ero perfettamente in me mentre attraversavo i binari vuoti e le urla spaventate dei passanti cercavano di allarmarmi.
Cercavo di essere in me mentre mi avvicinavo alla ragazza ferma in attesa del suo treno, del suo viaggio.
Non ero in me quando le parole che cercavo per iniziare a parlare con lei divennero solo monosillabi sconclusionati quasi sussurrati.
Quando tutte le paure riaffiorano e le guancie sono pesche su questa sconosciuta "ti sei perso Rob".

**********************

Ha il sole in faccia questo sconosciuto, per questo i suoi occhi sono sottili come fessure di una tapparella.
Ha il sole in bocca quando le sue labbra leggermente screpolate si muovono per dire qualcosa.
Il treno entra in stazione come un siluro, va più veloce del sole che si muove in questo ragazzo, fa più rumore del suono della sua voce, copre tutto.
Forse dovrei dire qualcosa, il mio treno è arrivato e non posso perderlo, non posso perdermi di nuovo.
-Questo è il mio treno- urlo indicando la carrozza che stridente ha appena rallentato sul binario.
-Forse è anche il mio- risponde anche lui urlando anche se non serve più.
Sorpresi da quell'improvviso silenzio, mescoliamo i nostri occhi, ci studiamo a vicenda.
Lo osservo e capisco che non è da molto in viaggio, la barba è ancora un accenno, i vestiti ancora troppo ordinati e puliti, negli occhi l'eccitazione di un viaggio ancora da definire.
Io il mio viaggio, lo porto addosso come una corona non troppo luccicante ma che abbellisce, forse nei miei occhi c'è la consapevolezza che nessun viaggio è davvero improvvisato, che c'è una strada da seguire anche quando non c'è nessuna indicazione.
-Rob- Rob allunga la sua mano e si presenta. Che cos'è un nome? Per Shakespeare era una sequela di belle metafore e promesse d'amore eterno, per me è solo un vestito che a volte ti sta stretto a volte, ti va enorme, che copre le tue nudità e che non ha bisogno di specchi per mostrarsi.

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1 recensioni:

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  • Don Pompeo Mongiello il 29/04/2013 11:47
    Molto apprezzato e piaciuto questo tuo sensibile e bello davvero!

2 commenti:


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