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Incubi dal passato
Aprile 1945
Una leggera brezza trasportava la foschia proveniente dal fiume sino al casolare immerso nel pioppeto. I cinque uomini avanzarono con cautela in mezzo alle sterpaglie, l'erba incolta arrivava sino alla vita. Ad un cenno di uno di loro scattarono all'unisono lanciandosi verso l'ingresso, la porta in legno venne abbattuta in un attimo. I tre militari tedeschi distesi sui pagliericci non fecero in tempo ad afferrare le armi, vennero falciati immediatamente da diverse raffiche di mitra e due morirono sul colpo. Il terzo, gravemente ferito, tentò di estrarre un pugnale ma l'uomo più vicino gli fece esplodere il cranio con un'altra raffica. In cima alle scale che portavano al piano superiore si affacciò una donna. Fissò inorridita lo scempio senza emettere un solo suono, quindi ritornò sui suoi passi.
Dopo essersi scambiati un cenno tre degli assalitori salirono le scale e, una volta sul pianerottolo, sfondarono a calci la porta dell'unica stanza. La donna si trovava al centro e teneva una pistola puntata contro di loro. Quando partì il colpo i primi due riuscirono a gettarsi a terra, il terzo non fece in tempo e venne colpito in piena fronte. Uno sguardo di stupore apparve sul suo volto, quindi si afflosciò senza alcun lamento. La reazione fu terribile. Dopo averla disarmata, i due la percossero con calci e pugni e la denudarono. Nel frattempo i due rimasti al piano inferiore, udito lo sparo, erano accorsi con le armi spianate. Quando videro il loro compagno a terra privo di vita si unirono agli altri. Dopo una mezz'ora di violenze e torture, quello che sembrava essere il capo disse che era meglio andare. Gli altri annuirono e cominciarono ad uscire dalla stanza.
Rimasto solo, il comandante Fosco fissò quello che ormai era un ammasso sanguinolento, respirava a malapena. Colto da un sentimento di pietà puntò il mitra alla testa della donna, ma al momento di premere il grilletto, un rumore catturò la sua attenzione. Voltò la testa nella direzione di esso e restò pietrificato. L'anta dell'armadio si era socchiusa e due occhi azzurri lo fissarono spaventati. Il bambino uscì del tutto e andò a posizionarsi davanti alla madre, gli occhi sempre puntati su Fosco. La pressione sul grilletto aumentò, la raffica forò il soffitto facendo piovere calcinacci sul letto intriso di sangue. Poi, senza dire una parola, il comandante voltò le spalle e uscì dalla stanza. Al pianterreno i suoi uomini lo stavano aspettando, non dissero nulla ma i loro volti esprimevano la stessa domanda." Volevo essere sicuro che crepasse quella cagna" fu la sua risposta. Del bambino nessun accenno.
Giugno 1965
La sua ultima visita al paese natale risaliva a una decina d'anni prima. L'onorevole Michele P. scese dall'auto e fece due due passi verso il centro della piazza deserta. Quando arrivò dinanzi alla grande statua che la dominava represse un sorriso. Il grande condottiero mancava sempre di anulare e indice, una macchia biancastra di guano colava dalla guancia destra come una lacrima. Nella prima luce dell'alba si portò sotto i portici e si fermò davanti alla vetrina del fornaio. Non vi era alcuna insegna, d'altronde era l'unico panificio del paese, si chiese se fosse ancora il vecchio Olmo il proprietario. Abituato ormai alla vita frenetica della capitale, quel silenzio quasi lo infastidì, voltò le spalle al negozio e ritornò verso la macchina. Per un istante meditò d'invertire la marcia e andarsene, nessuno l'aveva ancora notato, nemmeno un'anima avrebbe saputo della sua breve apparizione. Dalla tasca della giacca prese il biglietto e lo lesse per l'ennesima volta. No, non avrebbe potuto scappare, doveva molto al suo vecchio compare. Giuseppe F. era stato colui che l'aveva spinto a intraprendere la carriera politica " Sapresti incantare anche i serpenti" era solito ripetere durante le loro accanite discussioni. Seppur riluttante decise che sarebbe rimasto giusto per la cerimonia, per il pranzo avrebbe addotto impegni politici, Giuseppe avrebbe capito. Dopo aver rimesso in tasca il biglietto risalì in auto e ingranò la marcia.
Pietro e Francesco C. si guardarono senza parlare. Dopo giorni di discussioni, a volte anche animate, i due fratelli erano giunti alla conclusione che non avrebbero potuto declinare l'invito. Come succede spesso nei piccoli paesi, la gente avrebbe parlato, mormorato e infine giudicato. Vivevano ed erano cresciuti nella grande azienda di famiglia ai margini del paese. Nonostante la guerra e la miseria, il loro allevamento di maiali era conosciuto in tutta la regione. Pietro, il maggiore, era l'incarnazione del classico contadino. Tozzo e massiccio, nonché dotato di una forza straordinaria, sembrava decisamente a disagio nel completo blu acquistato per l'occasione. Francesco era tutta un'altra cosa. Alto e slanciato, avrebbe potuto fare concorrenza a qualsiasi attore. L'abito grigio che indossava gli calzava a pennello, portava un papillon al posto della cravatta e, come ultima chicca, un fazzolettino rosso cremisi faceva capolino dal taschino della giacca. Entrambi non si erano mai sposati, seppur Francesco avesse fama di dongiovanni incallito."Rilassati fratello..." disse." La giornata passerà velocemente... Pietro annuì e diede un'occhiata al biglietto d'invito. Nonostante vivessero nello stesso paese, non vedeva Giuseppe F. da alcuni mesi. Del figlio che si stava per sposare poi, non ricordava nemmeno il volto, per lo meno il nome era stampigliato sul biglietto.
I camerieri in giacca bianca scivolavano tra i tavoli sistemando le ultime cose. A minuti sarebbero arrivati i primi invitati e tutto doveva essere perfetto. Giacomo D. direttore e proprietario del locale, urlava ordini a destra e a sinistra. Con la sua enorme mole, sembrava volare per l'enorme sala e il fazzoletto con cui si asciugava la fronte era ormai fradicio. Organizzare il ricevimento per il matrimonio del figlio di Giuseppe era stato faticoso e snervante. Il sindaco, nonché eroe decorato della resistenza, era noto per l'intransigenza quasi maniacale riservata ai particolari. Quando le prime automobili iniziarono ad arrivare, Giacomo si ritirò nel retro per cambiarsi d'abito.
All'esterno, Marius osservò le decine di automobili prendere posto nel parcheggio. Comodamente seduto su una panchina all'ombra di un salice, si accese una sigaretta e scrutò gli invitati. Nessuno dei "suoi" uomini era ancora arrivato. L'abito color nocciola e la piccola valigetta appoggiata ai suoi piedi gli davano l'aria del commesso viaggiatore. Quando l'Alfa Spider rosso fiammante entrò nel parcheggio, Marius seppe che si trattava di lui, dell'unico che non aveva mai conosciuto di persona. Appena scese dall'automobile, l'onorevole fu subito attorniato da una decina di persone vocianti. Lo vide stringere mani con un sorriso di circostanza stampato sulle labbra, le occhiate al prezioso orologio che portava al polso erano frequenti. All'improvviso un grosso fuoristrada fece irruzione nel parcheggio sollevando una nuvola di polvere e gli improperi dei presenti. I due fratelli si diressero subito verso l'onorevole e gli strinsero la mano senza sorridere mentre le altre persone si allontanarono discretamente.
Marius non aveva studiato un piano ben preciso, ma vedere tre degli obbiettivi insieme gli fece aprire la valigetta. La Skorpion semiautomatica era adagiata sul fondo, il caricatore spuntava lucido e brillante. Un suono di clacson prolungato gli fece alzare di nuovo la testa. L'automobile degli sposi imboccò l'ingresso del parcheggio e l'autista si fermò proprio davanti all'entrata. Dal sedile del passeggero scese un uomo alto e dinoccolato, lo smoking nero lo faceva somigliare a un impresario di pompe funebri. Giuseppe F. aprì la portiera posteriore e aiutò la nuora ad uscire, mentre dalla parte opposta la fotocopia giovanile del sindaco uscì dall'auto con un saltello. Giuseppe si accorse subito dei tre uomini dall'altra parte del parcheggio. Fece loro cenno di aspettare e si rivolse agli sposi. Questi ultimi annuirono e si diressero verso i pochi scalini che portavano all'ingresso. Quando varcarono la soglia vennero accolti da un fragoroso applauso e voci festanti. Eccetto i quattro uomini il parcheggio era ora deserto, Marius afferrò la valigetta e puntò nella loro direzione.
Quando Marius vide il "suo" quarto uomo unirsi agli altri accelerò il passo. La mano destra affondò nella valigetta, le dita trovarono il calcio della skorpion e lo afferrarono saldamente. Pietro fu il primo ad accorgersi della sua venuta e disse qualcosa agli altri. Quattro teste si voltarono nel medesimo istante in cui l'arma vide la luce. L'onorevole fu il più reattivo e si catapultò letteralmente verso l'automobile. Un fragoroso applauso all'interno del ristorante coprì il rumore della raffica e la gomma sinistra dell'Alfa Spider si afflosciò subito. Il politico rimase immobile e guardò il sindaco altrettanto impietrito, mentre il sorriso beffardo di Francesco si tramutò in terrore puro. Pietro scattò come un toro infuriato verso l'individuo che li stava minacciando, ma fu costretto a fermarsi dopo pochi passi. Marius aveva infatti afferrato il fratello per il collo puntandogli la skorpion alla tempia." In quella direzione... svelti!" esclamò rabbiosamente. Lo disse in un italiano perfetto ma con un accento chiaramente straniero, gli uomini lo fissarono ma nessuno di loro si mosse. Con un movimento violento e repentino, Marius infilò di forza la canna dell'arma in bocca all'ormai pallidissimo Francesco. Il gesto gli spaccò il labbro inferiore e un rivolo di sangue gli colò sulla camicia bianca."Subito!" ringhiò stavolta l'uomo. Ancora una volta fu Pietro a muoversi per primo, gli altri lo seguirono mestamente mentre un altro applauso si levava dall'interno del ristorante. Dopo aver attraversato la boscaglia che circondava il parcheggio, arrivarono nei pressi di una radura. Un vecchio furgone senza scritte si trovava parcheggiato al limite di quella che, a prima vista, sembrava una strada sterrata e piena di buche. Marius fece cenno ai tre che lo precedevano di aprire il portellone posteriore e di entrare. Una volta rimasti soli, scaraventò Francesco a terra e richiuse con una chiave. " Tu mi servi per guidare pezzo di merda... muoviti!"
Dopo aver vagato per mezza campagna, Marius ordinò a Francesco di svoltare in una stradina priva di indicazioni. Quest'ultimo riconobbe immediatamente il posto e inchiodò il furgone di colpo. " Chi sei? Cosa vuoi? " La canna della pistola, stavolta, gli affondò in una narice. L'uomo che gli stava di fianco si tolse il cappello e lo fissò con i suoi profondi occhi azzurri. " Lo saprai tra poco figlio di puttana, ora riprendi la marcia se non vuoi che ti faccia saltare il cervello! " Dopo circa un chilometro di quella strada costeggiata da filari di pioppi, arrivarono al casolare. Francesco sentì un grumo pesante come un macigno danzargli nello stomaco. A parte qualche tegola mancante e un paio di vetri rotti, la casa principale appariva identica a vent'anni prima. Solamente il recinto degli animali e il fienile erano stati mandati in malora, per il resto tutto era rimasto tale e quale. Marius lo fece fermare davanti all'ingresso e, sempre sotto la minaccia della pistola, gli porse la chiave del portellone ordinandogli di aprirlo. Una volta scesi dal retro del furgone, Pietro e l'onorevole fissarono disorientati e atterriti quel luogo che ben conoscevano, solo Giuseppe fissò il giovane negli occhi e scosse il capo rassegnato. Una volta dentro, l'odore di muffa, mischiato a qualcosa di più sgradevole, li assalì come una pestilenza. La grande stanza al pianterreno si trovava nelle stesse condizioni in cui l'avevano abbandonata vent'anni prima, nessun oggetto nuovo, nessun cambiamento. Quando Marius indicò loro le scale, Pietro tentò l'ultima carta e questo segnò la sua fine. Si lanciò verso il giovane a testa bassa confidando nella sorpresa, ma la skorpion fu più veloce. La raffica lo raggiunse al ventre e lo fece stramazzare al suolo, una pozza di sangue si formò e si allargò rapidamente sotto il suo corpo. Giuseppe e l'onorevole sussultarono ma restarono immobili, Francesco vomitò. " Salite! " urlò Marius quasi spaventato da ciò che aveva fatto, mentre grosse gocce di sudore gli colarono sul volto stravolto dalla rabbia.
Anche la stanza da letto era identica. La donna al centro di essa li fissò in modo neutro, come se li vedesse per la prima volta. Stavolta non aveva una pistola che li minacciasse, entrambe le mani stringevano infatti i braccioli di una sedia a rotelle. I capelli le cadevano a ciocche sul viso pallido e scheletrico, uno scialle le copriva le spalle cadenti, così come una coperta nascondeva le gambe. Alternò lo sguardo tra loro e Marius con espressione interrogativa, inquisitoria. " Mi dispiace madre, ho dovuto far fuori il più pericoloso... mi ha assalito" disse il giovane. La donna annuì e riportò lo sguardo sui tre uomini. " Comandante Fosco... quanto tempo è passato vero? " In contrapposizione all'aspetto, la voce le uscì limpida e chiara e il sindaco non poté che guardarla sconcertato. Irene P. la collaborazionista sposata a un tedesco che avevano violentato e torturato vent'anni prima, avrebbe dovuto avere al massimo una cinquantina d'anni, il fantasma che aveva di fronte ne dimostrava almeno venti in più. Quando sentirono la donna chiamarlo col suo nome di battaglia, Francesco e l'onorevole lo guardarono interdetti. Il fratello sopravvissuto, in particolare, gli si piazzò davanti, mentre Marius lo tenne sempre sotto tiro. " Chi è questa donna Giuseppe? Perché è morto mio fratello? Cosa cazzo sta succedendo? " Le lacrime scesero copiose sul volto distrutto. Finalmente l'onorevole ruppe il silenzio che l'aveva avvolto da quando era apparso quel pazzo con la pistola." Credo di averlo intuito Francesco, e dovresti averlo capito anche tu." A queste parole la donna proruppe in una risata che le provocò un accesso di tosse. Quando l'attacco ebbe termine disse semplicemente. " Quindi non disse nulla ai suoi degni compari comandante Fosco. " Un altro attacco di tosse la costrinse a interrompersi, ma si riprese quasi subito. " Bene, avrà tempo per spiegare loro... Marius! Portali dove sai" Il giovane pungolò con la mitraglietta la schiena di Francesco e li fece uscire dalla stanza.
Quando furono di nuovo al pianterreno, Francesco si chinò davanti al corpo del fratello, gli occhi spalancati fissavano il nulla. Passò con delicatezza una mano sul suo viso e si rialzò. Nonostante fosse armato, Marius fu quasi costretto a indietreggiare di fronte allo sguardo carico d'odio che lo investì. Con ordini secchi indicò loro una porta robusta e dotata di una grande serratura all'estremità della stanza, la chiave era inserita nella toppa. L'onorevole la spalancò e fece un passo al suo interno subito seguito da Giuseppe, Francesco esitò un attimo di troppo. La canna della mitraglietta si abbatté sulla sua nuca con la forza di un maglio facendolo stramazzare al suolo privo di sensi. Quando rinvenne era appoggiato alla parete della stanza e l'onorevole cercava di tamponargli la ferita con un fazzoletto, il dolore era lancinante. Nonostante la vista annebbiata, si rese conto che erano stati rinchiusi in una stanza vuota, nessun mobile, nessuna sedia, nulla di nulla. L'unica finestrella era protetta da solide sbarre. Giuseppe si staccò da essa e guardò entrambi.
Il sindaco appariva invecchiato di vent'anni in un colpo solo. La sicurezza e il portamento che l'avevano sempre contraddistinto nei rapporti con le persone, sembravano essere stati cancellati da quelle due ore da incubo. Il suo pensiero corse al figlio e agli invitati al matrimonio. Si sarebbero accorti della sua prolungata assenza? Probabilmente si, ma Giuseppe aveva abituato tutti alle sue riunioni improvvise, al suo accorrere ogni qual volta fosse necessaria la sua presenza. Per ciò che riguardava gli altri, l'onorevole aveva riferito a più persone la sua volontà di non fermarsi per il pranzo, in quanto ai due fratelli... " Mi dispiace per Pietro, è solo colpa mia ma non pensavo che..." la voce gli si smorzò in gola, si passò una mano sul volto stravolto, sembrò sul punto di piangere. A quel punto saltarono i nervi anche all'onorevole, sino a quel momento il più calmo di tutti, il più remissivo. " Cazzo Giuseppe! Vent'anni fa abbiamo fatto una cosa ignobile e disgustosa, ho avuto gli incubi per anni! " Si portò davanti al sindaco e lo costrinse a guardarlo negli occhi. " Quella troia nazista andava giustiziata, troppe persone hanno perso la vita per colpa sua, ma noi ci siamo lasciati prendere la mano. Noi l'abbiamo violentata, seviziata, siamo andati oltre." Giuseppe annuì e fece per dire qualcosa, ma l'onorevole continuò senza dargliene il tempo. " Ma tu ci hai fatto credere di averla uccisa, perché non l'hai fatto? Quel pazzo con la mitraglietta chi è? Assomiglia a quella donna in maniera impressionante, è suo figlio vero? Cazzo Giuseppe! Rispondi! " Giuseppe stava per farlo, ma il rumore della chiave che girava nella toppa li fece voltare.
Marius entrò con la pistola spianata nella mano destra, l'altra spingeva la sedia a rotelle. Irene guardò i tre uomini e gli fece un cenno. Il giovane le passò la skorpion e prese alcune corde dalla tasca posteriore della carrozzella. La donna notò subito il luccichio che balenò negli occhi del sindaco " Non si faccia ingannare dalle apparenze comandante Fosco, nonostante le ferite tremende che mi avete inflitto, so ancora maneggiare un'arma, e lei lo sa bene. " Marius legò saldamente mani e piedi di Francesco e dell'onorevole, ma lasciò libero Giuseppe, quindi si portò alle spalle della madre. " Comandante Fosco." disse lei. " Vent'anni fa mi risparmiò la vita, quasi non partecipò alle violenze, ma non fermò i suoi uomini, quei maledetti porci. " Lo sguardo con cui fulminò i due legati a terra fu terribile, entrambi abbassarono la testa. " Il più crudele, colui che si accanì con più ferocia su di me, ha già pagato con la vita, ora io giustizierò gli altri, e lei starà a guardare." L'onorevole impallidì mentre Francesco iniziò a piangere silenziosamente. Giuseppe si rese conto che ogni tentativo di far ragionare la donna sarebbe stato vano. Aveva covato la sua vendetta per un ventennio, probabilmente era riuscita a rientrare in Germania e aveva allevato il figlio per quell'unico scopo. Senza pensarci due volte si gettò verso di lei ma Marius fu pronto. La mazza da baseball, nascosta assieme alle corde nel retro della carrozzella, comparve nelle sue mani. Il colpo si abbatté con violenza sul suo braccio sinistro e Giuseppe sentì chiaramente il rumore delle ossa che si spezzavano. Marius lo scaraventò quindi contro la parete opposta a quella in cui si trovavano i suoi compari e tornò dalla madre. Lo vide spostare la carrozzella proprio di fronte a loro e chiuse gli occhi.
La raffica fece volare schegge di legno per tutta la stanza e subito dopo sei o sette poliziotti fecero irruzione. Irene fu disarmata immediatamente mentre Marius, nonostante la feroce resistenza, venne immobilizzato e ammanettato. Un giovane commissario aiutò il sindaco a rimettersi in piedi. " Ho già fatto chiamare le ambulanze, a breve saranno qua. " Giuseppe osservò alcuni poliziotti slegare l'onorevole e Francesco, quindi riportò l'attenzione sull'uomo che li aveva salvati. " Ma come... come avete fatto, quel pazzo... " Il commissario annuì e continuò. " Dovete ringraziare un invitato ritardatario. Vi ha visti allontanarvi nella boscaglia, al momento non vi ha trovato nulla di strano, ma quando ha notato la gomma forata di quell'auto di lusso ha cominciato a sospettare. Ha atteso un po, poi ha parlato con suo figlio signor sindaco, è stato lui ad avvisarci. Non abbiamo fatto altro che seguire le vostre tracce, il resto lo conosce. "
La bara venne calata nella fossa e il sacerdote impartì la benedizione. Il sindaco, in prima fila, teneva per il braccio Francesco, l'onorevole era appena dietro. Praticamente tutto il paese era presente alle esequie, il fatto aveva suscitato notevole impressione e anche coloro che non lo conoscevano avevano voluto rendere omaggio a Pietro. Quando uscirono dal piccolo cimitero trovarono il commissario ad aspettarli. Il poliziotto porse le condoglianze a Francesco e dopo essersi schiarito la voce continuò" Purtroppo devo darvi una cattiva notizia, Marius H. è fuggito stanotte dal carcere in cui era stato rinchiuso. Lo stiamo attivamente ricercando, ho ritenuto mio dovere avvisarvi." I tre uomini lo squadrarono ma non dissero nulla, lentamente si avviarono verso le loro automobili.
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