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Non sono una bionda naturale!
Due occhi verde muschio mi fissano attoniti dallo specchio. Odio essere svegliata nel bel mezzo di un sogno, soprattutto quando a farlo è l'odiosissimo squillo del telefono. La mia politica era quella di restarmene al calduccio sotto il piumone cercando d'ignorarlo, dicendomi che prima o poi si sarebbe stancato. Ma niente da fare, quegli squilli così uguali e apparentemente sempre più incalzanti sono riusciti a tirarmi giù dal letto.
"Isa!" ha tuonato Nicole, la mia socia nonché migliore amica, prima che potessi dire pronto "che diavolo combini?"
"Ma scusa che ore sono?" chiedo con la voce impastata di sonno.
"Le dieci! E qui è già un inferno... sono 50 euro, grazie ancora e arrivederci..." sento il vociare della clientela e il tintinnio della casa in sottofondo.
"Oh santo cielo!" esclamo "scusami Niki, forse non mi è suonata la sveglia o qualcosa del genere..." ho riattaccato e sono corsa in bagno.
Mi lavo la faccia e applico un filo di trucco. Infilo velocemente un paio di jeans, stivali al ginocchio e un maglione grigio perla. Afferro borsa e cappotto prima di salire in macchina e sgommare verso la camiceria nella quale lavoro insieme a Niki.
Ieri sera ho fatto troppo tardi. Mi è venuta nostalgia dei vecchi tempi e mi sono messa a frugare tra le cose degli ultimi anni del liceo. Sono andata indietro nel tempo fino al primo anno di superiori. Ho persino ritrovato un'assurda foto di classe della terza media. Oltre ad avere dei vestiti davvero antichi, avevo anche un'orribile capigliatura bionda con almeno tre centimetri di ricrescita scusa. Dio solo sa cosa mi diceva la testa dodici anni fa! Accanto a me, e un palmo più basso, c'era Scricciolo. Ovviamente questo era solo il soprannome; il nome vero nemmeno me lo ricordo, tanto ero abituata a chiamarlo così. Piccolo di statura, magrissimo, gran studioso con gli occhiali tondi spessi quanto un dizionario e zero capacità d'intrattenere una ragazza. Sembrava una caricatura. E mi moriva dietro. A me però piacevano i ragazzi del liceo e Scricciolo non me lo sono mai filato. Un po' mi sento in colpa; infondo era simpatico. Mi aiutava con i compiti d'inglese e mi regalava un mazzetto di mimose a ogni festa della donna. Chissà che fine avrà fatto, non l'ho più visto dopo le medie. Probabilmente sarà in una qualche parte del mondo lontanissima da qui a costruire basi nucleari o qualsiasi altra cosa che richieda un quoziente intellettivo stratosferico.
Parcheggio alla meno peggio tra una vecchia panda e la clio di Niki e mi catapulto nel negozio pullulante di gente. Niki è paonazza e, appena mi vede, tira un lungo sospiro di sollievo. Il periodo di Natale è sempre così stressante! Non vedo l'ora che arrivi il fatidico 25 dicembre, almeno potrò risposarmi un po'.
Alle una riusciamo finalmente a chiudere a ordinare un panino. Enrico, il proprietario del bar di fronte, viene a portarceli personalmente e si ferma a mangiarne uno con noi, tanto per fare due chiacchiere. È un rituale tipico del periodo natalizio che va avanti ormai da qualche anno. Una volta ci vedevamo anche fuori da questo contesto, ma, da quanto l'anno scorso durante la cena del suo compleanno, un ubriaco Enrico si è alzato dichiarando il suo amore per me e cantano "ti sposerò" di Eros Ramazzotti, ho sempre evitato d'incontrarlo in occasioni mondane. Non che non sia un bravo ragazzo o non lo trovi simpatico, tutt'altro. Diciamo che fisicamente non è proprio il mio tipo con quell'arruffata massa di ricci e quella barba spelacchiata che si ostina a non tagliare.
"Avete programmi per capodanno?" chiede Enrico entrando nel negozio.
"Sì!"
"No!"
esclamiamo contemporaneamente io e Niki. Fulmino la mia amica con lo sguardo e affondo i denti nel panino.
"Che avevi in mente?" prosegue Niki incurante del fatto che non ho nessuna voglia di ricevere altre biascicate dichiarazioni.
"Un mio amico organizza una festa nella sua villa in campagna" spiega Enrico "inizia alle dieci; poi si brinda e si sta lì. Posso dirgli che venite anche voi, se vi fa piacere"
"Non vorrei disturbare..." dico. Non ho la minima intenzione di passare il capodanno con Enrico e il suo ristretto gruppetto di noiosissimi amici manager a giocare a scarabeo.
"Ma no!" fa Enrico "Luca ci ha detto di spargere la voce. Per ora siamo un centinaio di persone. Il costo della festa è di trenta euro, per il buffet e il DJ"
"Per favore!" Niki mi guarda con espressione implorante.
"Va bene" acconsento "verremo"
Arriviamo alla festa alle undici e tre quarti. Un po' perché Niki si è accorta solo all'ultimo di non avere le scarpe adatte e ha dovuto fare il giro delle sue innumerevoli cugine per farsi prestare un paio di tacchi che stessero bene con il suo vestito rosso fuoco e un po' per il discutibile senso dell'orientamento di Enrico.
Per fortuna riusciamo ad accaparrarci un bicchiere di spumante a testa e a brindare con questa folla di sconosciuti. Almeno una quindicina di persone mi baciamo e mi fanno gli auguri come se fossi una vecchia amica.
"È ottimo questo spumante!" apprezza Niki prendendone un altro bicchiere. Sembra essercene a fiumi.
"Niki, Isa" Enrico si avvicina con un ragazzo moro dall'aria strafottente "vi presento Luca, il padrone di casa" ci presentiamo e lui ricambia con un antico baciamano.
"Vi va di ballare?"
"Certo!" è la risposta entusiasta della mia amica che, prendendomi per mano, mi trascina in pista. Enrico ci fissa da lontano, indeciso sul da farsi. Poco dopo Luca circonda con le braccia la vita di Niki e io mi ritrovo praticamente a ballare da sola. Accidenti.
"Balli con me?" un ragazzo incredibilmente palestrato mi si avvicina.
"Sì" gli urlo nell'orecchio. Siamo vicini alle casse e la musica è davvero alta.
"Gabriele"
"Isabella" ricambio la sua stretta con un sorriso. È un po' più giovane di me, noto mentre mi appoggia le mani sui fianchi. Non importa, devo solo ballarci. E ci ballo anche bene; va a tempo e non cerca di palparmi
Dopo circa un paio d'ore chiedo a Gabriele una piccola sosta. Non sono abituata a ballare con i tacchi.
"Un altro brindisi?" mi chiede porgendomi un bicchiere di spumante.
"A cosa brindiamo?"
"A questo incontro"
"Cin cin"
Niki ha proprio ragione; questo spumante è favoloso. A proposito di Niki... che fine ha fatto? Mi guardo intorno e la vedo seduta su un divano avvinghiata a Luca. Si sta sporgendo un po' troppo verso verso di lui e ha la sua mano sul lato B. Mi volto di nuovo verso Gabriele, ma dal suo sguardo capisco che si è accorto che li stavo fissando.
"È la mia amica" spiego per evitare di fare la figura della guardona.
"Perché non ci uniamo a loro?" un guizzo divertito gli attraversa lo sguardo.
"Ma cosa...?" fa per baciarmi, ma io giro il viso dall'altra parte.
"E dai..." mormora nel mio orecchio mettendomi un braccio intorno alla vita "ti strusciavi a me in quel modo solo per ballare? L'ho capito da subito che ti piaccio..." fa scivolare una mano sul mio sedere. Non ci vedo più. Istintivamente gli do una spinta e qualche goccia del suo spumante finisci sul mio vestito.
"Merda!" esclamo furiosa correndo su al primo piano.
Li odio quelli come Gabriele. Come diavolo s'è permesso? Sono una persona, non una bambola di pezza!
Una volta arrivata al piano di sopra comincio ad aprire porte a casaccio alla ricerca di un bagno. Riesco a trovarlo solo dopo essermi imbattuta in uno stanzino delle scope, una camera da letto "occupata" e un elegantissimo studio.
Per fortuna il vestito è scuro e la macchietta non è molto visibile. Ci metto un po' d'acqua. Ecco, così sembra solo bagnato. Se mi ha rovinato il vestito giuro che glielo faccio ripagare, penso arrabbiata. Mi do un'ultima occhiata allo specchio e mi liscio i capelli con le dita. A questo punto posso anche tornare di sotto e sperare che Gabriele si sia trovato un'altra ragazza con cui "ballare".
Faccio per afferrare la maniglia quando la porta si apre di scatto e mi sbatte sul naso.
"Ahi!" urlo portandomi le mani alla faccia. Ma chi sarà 'sto deficen... il più bel paio di occhi neri che abbia mai visto mi fissano allarmati. Rimango paralizzata da questo sguardo magnetico, così intenso ed espressivo. Appartiene a un uomo di circa la mia età, moro, con due bellissime spalle larghe e una bocca assolutamente da baciare.
"Scusami tanto!" mmm, che voce sexy "non sapevo ci fosse qualcuno... ti ho fatto molto male?"
"Eh... beh... insomma..." farfuglio confusa.
"Fammi vedere" si avvicina a me e non posso fare a meno di notare che ha un odore buonissimo.
"Sono medico" spiega "posso?"
"Ah... sì... certo" da quand'è che non riesco a sostenere una conversazione normale con un bel ragazzo?
"Beh medico è una parola grossa" sorride "mi sono laureato solo l'anno scorso, ma se ti fidi..."
"Sicuramente ne capisci più di me" ricambio il sorriso scoprendomi il viso. Sento una specie di scarica elettrica mentre me lo circonda delicatamente con le mani e fa scorrere i pollici sul mio naso. Potrebbe abbronzarsi con il calore che sto emanando.
"Tutto a posto" mi tranquillizza facendo scorrere i polpastrelli sulle mie guance.
"Meno male"
"Forse non è il luogo più adatto per un primo incontro..."
"Decisamente"
"Comunque piacere, io sono Marco"
"Isabella!!!" sento la voce di Enrico in lontananza. Oddio che cosa vuole adesso? Scommetto che lo sta facendo apposta. "Isa! Isa dove cazzo sei!?!" rivolgo a Marco un sorriso di scuse e mi affaccio sul corridoio.
"Cosa c'è?" sussurro raggiungendo Enrico sulle scale.
"Niki s'è sentita male..."
"Come sarebbe a dire che s'è sentita male? Che ha?"
"Luca... deve averle messo qualche polverina nel bicchiere..." senza pensare mi fiondo al piano di sotto seguita da Enrico. Una sensazione di gelido mi attraversa appena vedo Niki seduta per terra con la testa appoggiata sul divano. Non molto distante Luca chiacchiera allegramente con due diciottenni in minigonna.
"Niki... Niki mi senti?" do un paio di piccoli schiaffi sulla guancia della mia amica. Ha gli occhi semichiusi, un colorito verdastro e l'espressione da ebete.
"Bisogna farla vomitare" dico ad Enrico "portiamola fuori" con un unico gesto, Enrico la solleva da terra e sia avvia verso la porta.
Alzando lo sguardo incontro quello di Luca.
"Cosa cavolo le hai dato?" lo aggredisco. Sorride alle ragazzine e mi porta in disparte.
"Senti" la sua voce è tagliente "non volevo che si sentisse male... volevo solo che ci divertissimo un po'; a me la tua amica piace sul serio"
"Ed è perché ti piace che l'hai lasciata per terra quando ha perso i sensi? È perché ti piace che adesso stai qui a parlare con queste due troie invece di preoccuparti per lei?" mi rendo conto di alzare la voce ma non m'importa "se le dovesse succedere qualcosa... io ti denuncio! E non sto affatto scherzando" giro sui tacchi e mi allontano da questo schifo.
Niki è a letto sana e salva. L'abbiamo fatta vomitare, poi io l'ho portata a casa e le ho fatto indossare il pigiama. Adesso dorme come un angioletto e io sono accanto a lei. Ho deciso di passare qui la notte nel caso dovesse aver bisogno di qualcosa. Mentre appoggio la testa sul cuscino, desiderosa che questa serata finisca il prima possibile, un orribile pensiero mi attanaglia lo stomaco.
Marco.
Con fare nervoso affondo il taglierino nello scatolone e lo infilzo diverse volte fino ad avere una serie di buchi in ordine sparso. Mi sfogo così. Non è colpa di nessuno se Luca è un cretino e Niki s'è sentita male. Non è certo colpa mia se in quel momento riuscivo a pensare solo alla salute della mia amica. Però questa cosa mi brucia ancora dentro. Saranno secoli che non incontro un ragazzo come Marco; bello, gentile e di sicuro anche intelligente. Ma Niki non poteva sentirsi male quando mi si è avvicinato quel cafone di Gabriele? No, cancella questo pensiero cattivo.
Ad ogni modo, oggi abbiamo riaperto e devo sforzarmi di essere carina e sorridente. Estraggo dallo scatolone sbrindellato una favolosa camicia da uomo blu notte con delle sottilissime righine argentate. La sistemo in vetrina cono orgoglio. Sto per appoggiare nei ripiani anche le altre quando Niki mi fa notare che è ora di aprire. Calcio lo scatolone in un camerino e mi precipito ad accogliere i primi clienti.
Alle sei una quantità industriale di camicie giace sul bancone. Il negozio è pieno e facciamo non poca fatica a gestire tre o quattro clienti con preteste assurde a testa.
"Isa scusa dove hai messo quelle camicie blu scuro che sono arrivate stamattina?" mi chiede Niki "ho trovato solo quella il vetrina e al cliente sta piccola... ci vuole una XL"
"Ci penso io" dico appioppandole un'adolescente dalle idee confuse "tu fai con la signorina"
dunque... lo scatolone sbrindellato... dove l'ho messo? Ah sì, nel camerino. Spalanco la tenda e... oh mio dio! Mi sento avvampare per la vergogna.
"Scusa..."mormoro senza smettere di fissare quegli addominali perfetti. Sento le guance in fiamme. Il cuore mi va a tremila per l'imbarazzo. Ma un po' mi sento anche sollevata...
"Non fa niente" sorride mostrando i denti bianchissimi "anzi, sono contento di averti rivisto... l'altra sera mi hai piantato in asso senza nemmeno dirmi il tuo nome"
"Hai ragione, sono stata imperdonabile... ma è successo un casino... comunque, mi chiamo Isabella"
"Lavori qui?"
"Sì, sono comproprietaria con l'altra commessa..." mi sforzo di guardarlo in faccia per evitare di sbavare "e devo prendere... scusami eh..." m'immergo nello scatolone che cercavo e prendo una taglia XL da portare a Niki. Scanso di nuovo la tenda per uscire, ma Marco mi ferma.
"Posso chiederti il numero di telefono?"
Incredibile! Marco mi ha chiamato la sera stessa che gli ho dato il numero e ci siamo visti due giorni dopo (lui veramente mi aveva chiesto addirittura di vederci il giorno dopo, ma io ho strategicamente finto un impegno), poi sabato a pranzo e anche domenica sera per un aperitivo in centro. Mi chiama sempre all'ora concordata e durante il giorno, ogni tanto, mi manda qualche SMS divertente. È un ragazzo brillante, spigliato, ma anche molto modesto e alla mano, pieno di sani principi e valori importanti. Credo che potrei innamorarmi sul serio stavolta.
Domenica sera, quando mi ha riaccompagnata a casa, mi ha confessato che ha intenzioni serie con me. E mi ha baciata. Mm. Un bacio davvero bello. Stavo per chiedergli di salire da me, ma non volevo rischiare di rovinare facendone una questione di sesso una serata così bella e romantica.
Sono così felce... e stasera, che i suoi non ci sono (ebbene sì, vive ancora con i genitori), vado a cena a casa sua.
"Ciao Isa" Marco mi apre la porta sorridendo e mi saluta con un bacio "accomodati"
"Bellissima casa" commento guardandomi intorno. L'ingresso è molto accogliente e da su un ampio soggiorno con pareti color crema e un morbidissimo divano in pelle. Un caminetto di marmo troneggia sulla parete principale. Al centro della stanza c'è un tavolino elegantemente apparecchiato.
"Mettiti comoda, arrivo subito" mi sfila il cappotto e scompare in un'altra stanza. La mia attenzione viene catturata da una serie di mensole nell'angolo più luminoso della stanza. Ci sono tantissime fotografie di Marco. Mi avvicino curiosa e le osservo una ad una partendo dalle più recenti. Marco con la coroncina d'alloro che mostra orgoglioso la tesi, Marco durante una gara di nuoto, Marco circondato dai suoi amici con in mano una torta sulla quale campeggia il numero 25... e questa, nella mensola sottostante, deve essere stata scattata il giorno che ha ritirato il diploma. Com'era piccolo! Man mano che le foto diventano meno recenti, la sua bellezza sembra affievolirsi; capelli tagliati male, spalle curve, sguardo spento. È normale, mi dico, tutti siamo stati brutti nel periodo dell'adolescenza. A un certo punto il mio cuore ha un sussulto. Questo non è il Marco che conosco io. Ha un paio di occhiali spessissimi e due magri braccini spuntano dalla T-shirt con su scritto "olimpiadi della matematica 2001". Con orrore noto la foto accanto. È una foto di classe. "Anno scolastico 1999/2000" dice la scritta in alto. La prendo con mani tremanti per guardarla meglio. No. Non può essere. Semplicemente non è possibile.
"Eccomi!" la voce di Marco mi fa sobbalzare. Si avvicina a me e guarda la foto da sopra la mia spalla.
"È la foto di classe della terza media" spiega "io sono questo qui... e per fortuna non mi si riconosce più" fa una pausa aspettandosi, forse, una reazione da parte mia. Ma io rimango immobile, tesa come una corda di violino.
"Li ho persi tutti di vista" continua "non so perché mia madre si ostini a voler tenere qui anche queste foto di classe... però, se devo dirti la verità, non è che io senta la loro mancanza... non mi trovato bene in quella classe. Questa, per esempio" indica la ragazza bionda accanto a lui "mi ha fatto patire il mal d'amore per tutti i tre anni. Mi ero preso una cotta storica, ma lei non mi ha nemmeno mai preso in considerazione... piaceva a tutti, che speranza potevo avere io, che ero il secchione per eccellenza? Pensa che anche lei si chiama..."
"Marco" lo interrompo bruscamente "questa foto ce l'ho anch'io"
apre la bocca per dire qualcosa, ma la richiude subito. Guarda me e poi la foto. Ancora me e di nuovo la foto.
"Isa... Isabella..." balbetta "quella... quella Isabella??"
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