Il natante lasciò il porto, lento nel suo moto, era oltremodo carico, quella missione era importante, si dovevano recuperare dati sul naufragio. La compagnia di assicurazione non voleva ripagare il danno, dicevano che c'era alla base un errore umano davvero ingenuo. Giunsero sul sito, tutte le manovre furono compiute con tecniche perfette, il mini-sub fu immerso in acqua e il piccolo equipaggio salì a bordo, iniziò la lenta discesa nelle profondità marine. Solo cinque persone a bordo, Luca, il timoniere, occhi sempre in movimento; pareva che non si fidasse dei compagni ma così non era, Luca era un vecchio lupo di mare, sapeva che bastava un nulla per compromettere il tutto e la loro vita stessa.
Filippo, il navigatore, aveva le rotte tracciate nell'anima, lui conosceva quegli anfratti come l'interno delle sue tasche, anche lui amava e temeva il mare, non lasciava nulla al caso, anche se era sicuro, ricontrollava mille volte la rotta che stava percorrendo.
Poi c'erano i tre sub, due di loro, Marco e Mario erano esperti, sapevano muoversi in quelle profondità; Marco e Mario si guardarono negli occhi consapevoli del loro lavoro e del rischio che correvano e all'unisono si voltarono a guardare il nuovo venuto, Franco, un ragazzotto tutto muscoli, nuovo di zecca, infatti, quella era la sua prima esperienza lavorativa fuori la scuola di sub. La sicurezza di Franco incuteva terrore negli altri, pareva che trattasse il suo lavoro con una superficialità eccessiva.
Il mini-sub raggiunse la sua meta, Marco e Franco indossarono i boccagli delle bombole d'ossigeno, entrarono nella camera di decompressione e, dopo un po' si ritrovarono nelle immensità del mare. Marco teneva d'occhio il suo compagno, sapeva che un suo sbaglio sarebbe stato un errore per tutti e, proprio questo suo zelo non gli fece scorgere la sagoma affusolata di uno squalo. L'attacco dell'animale fu rapido, quelle possenti mascelle troncarono di netto i tubi dell'erogatore. Tutto si svolse con una sequenza supersonica, Franco si ritrovò di nuovo sulla scaletta della camera di decompressione, si voltò indietro e tese il braccio afferrando la mano dell'amico. In quell'attimo stesso Franco divenne un anziano, quella sua presa salda alla mano del compagno divenne la sua condanna. Marco fu preso dalle convulsioni, stava morendo, i suoi polmoni non ressero, i suoi spasmi si ritorsero sul giovane amico che, atterrito serrò la sua presa, nella sua giovane mente sentenziò la possibilità di salvare il compagno riportandolo semplicemente a bordo del mini-sub, e nell'intimo della sua anima sapeva che era tutto inutile. Lo squalo aveva tranciato i tubi dell'aria e aveva portato via una parte di spalla; il mare, ora, era rosso.
Son passati molti anni da quel giorno, tutti conoscono Franco, ogni mattina si reca in riva al molo, si siede sul bordo e tende il braccio, lui aspetta ancora che Marco risalga su da quel mare infinito.