Ero sul ciglio del burrone, indeciso se buttarmi giù o meno. Guardare giù faceva una certa impressione, guardare su metteva una paura boia. Insomma, pareva non esserci soluzione. Allora decisi saggiamente di fermarmi e sedermi proprio sul bordo, sul ciglio del burrone, in bilico, sorretto dal peso del mio corpo e dalla terra su cui posavo, le gambe penzoloni nel vuoto e la testa diritta, eretta a
fissare il blu immenso del cielo sopra di me, in attesa di qualche risposta che non arrivò mai.
Sarebbe bastato un attimo, un soffio, una carezza, una brezza, un contatto e sarei sprofondato giù nel buco nero, senza possibilità di fare ritorno a terra. Ma non era quello che volevo. No. Più guardavo il cielo e più mi convincevo che volevo essere lì, da qualche parte, non importava dove. Volevo fare parte di qualcosa di speciale, di unico, qualcosa di memorabile per cui sarei stato disposto a mettermi in gioco e rischiare. Ero stanco di aspettare.
Non avevo paura di volare giù e non tornare più su, ma avevo paura di salire su e non tornare più giù. Avevo paura di vivere.