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Loop - Il Destino di Caesar (Parte 1)
- Passato -
Il giorno stava nascendo, i raggi rossastri dell'alba coloravano gli alberi e i prati di quella foresta. Gli animali cominciavano a svegliarsi e il cinguettio degli uccelli annunciava il nuovo giorno a quell'uomo prono sull'erba che ora cominciava a destarsi. La testa era pesante e dolorante come se avesse violentemente battuto contro una parete rocciosa. Il sangue rappreso tra i capelli ma fortunatamente senza emorragia. Non riusciva più a ricordare dove fosse o chi fosse e, mentre tentava di alzarsi, in lontananza udì delle voci che sembravano giungere a lui sempre più vicine. Si sforzò di guardare, ma la vista era annebbiata e non riusciva a focalizzare le forme. Le figure indistinte arrivarono da lui e lo aiutarono a sollevarsi mentre lo chiamavano...
<<Sir Caesar... Sir Caesar!>>le voci risuonavano come mille echi nella sua testa. <<Sir Caesar riprendetevi! Alzatevi, su!>>. Sentì delle mani afferrargli le braccia e lo issarono fino a metterlo in piedi. Vano fu il tentativo di parlare, borbottò qualcosa di impercettibile e incomprensibile.
<<Sir Caesar che vi è capitato?>>le voci erano due, ora riusciva più chiaramente a sentire. <<Dobbiamo tornare al villaggio, presto! Così potranno medicarvi!>> trasmettevano molta apprensione verso di lui che ancora non riusciva a capire nulla. Distinse solo che le due persone da cui era sorretto erano semplicemente uomini, in qualche modo lo conoscevano.
<<Chi... chi... sono?>>uscì questa frase, così sommessamente che i due uomini fecero fatica a sentire.
<<Come dite?>>domandò uno dei due pronto ad ascoltare anche il più flebile sussurro.
<<Chi... sono?>>sempre con voce sottile, ma l'uomo comprese il messaggio.
<<Voi siete il famoso cavaliere, il grande stregone, voi siete conosciuto in tutto il villaggio e non solo, siete il nostro eroe... Non ricordate?>>preoccupato e volgendosi al compagno in segno di aiuto nel comprendere cosa poteva essere accaduto a quell'uomo che loro chiamavano Sir Caesar.
<<No... Non ricordo... Nulla...>>.
I due uomini capirono che la situazione era piuttosto grave e che avrebbero dovuto affrettare il passo affinché raggiungessero il villaggio al più presto. Ma Sir Caesar non riusciva a reggersi in piedi e si lasciava trascinare rendendo più faticoso il trasporto. I pensieri e i dubbi gli scorrevano nella testa come fiumi in piena, domandandosi chi fosse, come era venuto lì, perché lo stavano aiutando, chi erano i suoi soccorritori, come mai tanta attenzione verso di lui e soprattutto cosa gli fosse accaduto. Più cercava di sforzarsi e più non riusciva a dare risposte a tutte le sue domande.
D'un tratto la testa diventò molto pesante e un dolore lancinante lo colse dietro la nuca. Inevitabile fu il grido stentoreo che fece sussultare i due compagni, subito pronti a prendersi cura di lui. Il dolore era molto acuto sicché Sir Caesar fu costretto a mettersi in ginocchio, con le mani sulla testa e successivamente si accasciò sull'erba, girandosi e rigirandosi emettendo urla strazianti. I due uomini si ritrovarono in preda al panico, fermi, immobili, terrorizzati senza saper che fare né poter aiutare il ferito. Uno dei due riuscì a scuotersi e a ordinare all'altro di andare subito al villaggio e chiamare il guaritore mentre lui tentava di calmare e aiutare il malcapitato. Partì subito di corsa e l'uomo rimasto cercò di riordinare i pensieri e di capire la situazione. Il dolore andò via via placandosi fino a divenire sopportabile per poi scomparire del tutto. Sir Caesar, ansimando e ancora scosso, si ruotò mettendosi in posizione supina con braccia e gambe allargate come se avesse combattuto un'infinita battaglia. Aprì gli occhi e vide solamente un uomo che mormorava qualcosa. Non riusciva a sentire, le sue orecchie non udivano alcun rumore se non un acuto e costante sibilo che le disturbava. Il fischio scomparve dopo un po' e finalmente poté ascoltare i suoni che lo circondavano, tra cui le parole di quell'uomo che lo aveva soccorso.
<<Riuscite a sentirmi Sir? Come state? Il mio amico è andato a chiamare il guaritore, sarà qui tra un'ora circa...>>
Ancora terribilmente scosso e confuso, non comprendeva la situazione, ma non essere solo, fu l'unica consolazione. Decise di mettersi in piedi e proseguire fino a quel villaggio tanto menzionato dagli uomini, magari potevano dargli delle spiegazioni.
<<Andiamo al villaggio.>> ordinò all'uomo che lo prese sottobraccio, aiutandolo a sostenersi.
Proseguirono per diversi metri, l'andatura instabile cominciò a stabilizzarsi, la pesantezza alla testa si alleviò, i pensieri confusi si placarono, l'udito e la vista ricominciarono ad acuirsi. Si sentiva decisamente meglio, ora riusciva a organizzare ogni sua domanda e perplessità. Cominciando dalla prima.
<<Come ti chiami?>> chiese all'uomo. <<Tu mi conosci...>>
<<Oh per gli Dei! Allora davvero non ricordate più nulla... Avrete preso una bella botta in testa...>> l'uomo apparve seriamente preoccupato, ma calmandosi aggiunse <<Io sono il vostro scudiero, il mio nome è Sal, o almeno è così che mi chiamate, il nome completo è Salagar. Ricordate?>> osservò gli occhi di Sir Caesar, sperando di comprendere la sua sincerità oppure se stesse scherzando, ma era un'ipotesi a cui non diede troppo peso.
<<Purtroppo no... Anche se il nome non mi è nuovo... Magari avrò bisogno di riposare, e forse ripristinerò parte della memoria.>> amareggiato ma con un barlume di speranza che gli illuminò il volto, fece intendere che non era del tutto perso, e Sal capì. Continuarono il loro percorso finché Sir Caesar non ebbe più bisogno del supporto, riusciva a stare e a camminare da solo. In lontananza videro avvicinarsi due figure, due uomini, uno un po' più imponente dell'altro, di corsa.
<<Ecco, è arrivato il guaritore. Lui ti saprà dire qualcosa su quello che ti è successo e riuscirà a guarirti e a ricordare, ti aiuterà lui adesso!>> concluse felice e sorridente Sal, facendo un gesto con la mano come a indicare la loro posizione. Sir Caesar notò l'ammirazione di Sal verso il guaritore, forse la stessa che provava per lui. Gli andarono incontro, risparmiando decine di metri al guaritore e all'altro uomo.
<<Sir Caesar cosa vi è accaduto?>> chiese il guaritore. Barba lunga e capelli canuti incorniciavano il volto pieno di rughe. Gli occhi azzurri nascondevano una grande saggezza acquisita negli anni, oltre a ispirare un'innata fiducia nell'uomo avvolto in una candida tunica.
<<Non saprei, mi sono svegliato qui nei paraggi e non ricordo nulla, neanche il mio nome.>>
<<Capisco.>> pensieroso ammise il guaritore.
<<Ricordate l'ultima immagine che avete visto prima di risvegliarvi? Nel frattempo avviamoci verso il villaggio.>>. I quattro ripresero a camminare mentre Sir Caesar conversava con il saggio uomo.
<<Non ricordo... Io temo di aver in qualche modo battuto la testa>> disse Sir Caesar toccandosi i capelli e notando il sangue raggrumato dietro la nuca.
<<Cos'ho qui..?>> chiese mentre cercava di togliere quel grumo. Il guaritore si arrestò e scrutò i capelli.
<<È sangue rappreso, e qui hai una ferita ma fortunatamente non così profonda. Fosse stata impressa con più forza, non sareste sopravvissuto Sir.>> continuò a esaminare la testa <<Qui vi è anche una piega, dovuta sicuramente alla botta... Mi viene da pensare Sir che non avete sbattuto ma bensì siete stati colpito e azzarderei pure si trattasse di un'arma contundente. Siete stato davvero fortunato se è così che sono andate le cose, ma dovremmo stare all'erta qualora qualcuno abbia qualcosa contro di voi.>> concluse il guaritore.
<<E se fosse la dichiarazione aperta di guerra da parte delle terre dell'Ovest? Hanno sempre voluto espandersi e mirare alla conquista di tutte le terre!>> esclamò Sal come colto da un'improvvisa crisi di panico.
<<Non è sicuro che la mia teoria sia valida. Se dovesse risultare corretta, siamo tutti in pericolo.>> rispose il saggio.
<<Siamo ormai vicini al villaggio!>> disse l'altro uomo indicando nella direzione ove si cominciavano a vedere le mura.
<<Come si chiamano il guaritore e quell'altro uomo?>> sussurrò Sir Caesar a Sal.
<<Già... Non ricordate... Il nome del guaritore è famoso in tutte le terre, lui è Garras. L'uomo che intendete voi è un mio carissimo amico d'infanzia, si chiama Kerin.>> bisbigliò a Sir Caesar.
<<Facciamo presto, così potrò medicarvi quella ferita prima che possa portarvi infezioni!>>. Garras cominciò a correre incitando gli altri a seguirlo.
Il giorno svaniva insieme al sole che moriva oltre la montagna a ovest e con sé portava le ultime luci del tramonto prima di dare spazio alla notte con il debole bagliore della luna. La foresta andava a dormire con i suoi animali seguendo il ritmo del sole. Sapevano che l'indomani li aspettava un nuovo giorno in cui dovevano procurarsi del cibo e sopravvivere fino a nuovo dì. Il vento era inesistente. Le lunghe falcate degli uomini erano gli unici rumori provenienti dalla foresta. Ancora pochi metri e presto sarebbero giunti al villaggio. Sir Caesar poteva già ammirare il muro di cinta issato con tronchi di pini alti più di quattro metri, il grande cancello costruito con lo stesso materiale, e tutto modellato a formare una punta, per impedire qualsiasi possibile attraversamento anche dall'alto.
<<Aprite il cancello! Aprite il cancello!>> delle voci risuonavano dalle alte torrette del muro, e il cancello, con un forte rumore, cominciò ad aprirsi. Il brusìo di voci caotiche del paese si udivano fin da fuori, finalmente erano arrivati al villaggio.
- Presente -
Un altro giorno nella caotica e frenetica città di New York ove scorrono incessantemente macchine creando ingorghi e traffico. Immensi grattacieli fanno da cornice in questa città, opere tangibili della grande capacità umana a creare maestose strutture. Su e giù per i marciapiedi si affollano le persone, ognuno con una storia da raccontare, ognuno con i propri pensieri per la testa, ognuno diverso dall'altro ma tutti schiavi di un mondo dove la tecnologia è predominante. Telefoni cellulari sempre attaccati alle orecchie della gente, consentono di comunicare con qualsiasi persona in qualsiasi parte della terra, mentre la folla si affretta a raggiungere ognuno il proprio posto di lavoro. NextPhone è la compagnia telefonica più grande al mondo, produttrice di avanzati cellulari e proprietaria delle reti nazionali e mondiali, che permette al singolo individuo di sentirsi più vicino con tutti gli affetti. Daniel Potence, il proprietario della NextPhone, oggi si incontrerà con un grande uomo d'affari e imprenditore, fondatore della McManan Corporation, un'azienda che vanta milioni di clienti a livello mondiale, il suo nome è Caesar McManan. La McManan Corp., nasce come una semplice agenzia multilevel cercando di soddisfare qualsiasi esigenza dei clienti, stringendo accordi con altre società, per ottenere dei mandati. Adesso, anziché ottenere mandati, la McManan Corporation è capace di acquistare, quindi divenire proprietaria, di aziende che una volta erano in semplici accordi. Caesar McManan, un uomo carismatico, colto, intelligente, estroverso e affabile, possessore di grandi terreni, case e villette, divenne imprenditore partendo da una semplice carriera come agente di vendita bussando a ogni porta degli isolati a lui assegnati, vendendo elettrodomestici di largo consumo e, grazie alle sue eccellenti doti comunicative, riuscì a guadagnarsi il posto da manager per poi crearsi la sua piccola agenzia multilevel cominciando a fruttare parecchio denaro, senza mai abbindolare le persone. Nel lavoro bisogna essere onesti, ed è con l'onestà che si fanno affari concreti e duraturi, diceva sempre. Sposato, conobbe la donna della sua vita dopo un incidente in auto, prima che fondasse la McManan Corporation e divenisse un uomo di successo. Lo trovarono miracolosamente vivo, un giorno, bloccato tra i rottami della sua macchina precipitata in un burrone in una notte piovosa dopo aver sbattuto contro un albero. In quell'incidente riportò ferite abbastanza gravi da renderlo per un paio di mesi paralitico su di una sedia a rotelle e perdendo parzialmente la memoria. L'amnesia e tutto ciò che concerne il sistema nervoso, fu oggetto di studio della dottoressa Alice Leylan, che prese in cura il caso di Caesar finendo per innamorarsi del proprio paziente. Fu merito anche della moglie Alice che Caesar divenne un imprenditore di successo, e ora voleva a tutti i costi comprare la compagnia telefonica per avere il monopolio. Già la sua azienda aveva acquistato tutte le televisioni locali, quella nazionale e anche via cavo, eretto grandi centri commerciali sparsi per tutto lo stato e all'estero, inoltre possedeva catene di ristoranti a livello internazionale. Importava ed esportava qualsiasi prodotto commerciale, dal piccolo elettrodomestico, fino al cibo o ai libri. Come se non bastasse, la McManan Corporation, era leader mondiale per le proprietà immobiliari, oltre ad avere lussuosi alberghi e hotel. Ma Caesar voleva sempre di più, un tipo parecchio ambizioso, non si accontentava mai, quando si parlava di affari, così decise di acquistare l'unica società non ancora sotto la sua influenza. Caesar si preparava ad affrontare il colosso della telefonia, la NextPhone, dopodiché la sua società sarebbe diventata totalmente incontrastata.
Era già in ufficio quando gli venne annunciato l'arrivo di Daniel Potence che si accomodò sulla sedia della stanza di McManan. I due cominciarono a dialogare, a scambiarsi opinioni e dibattere sul mercato, inizialmente con pareri vaghi come degli amici che parlano del più e del meno, ma in realtà questo serviva a studiare la persona, ed entrambi lo sapevano bene. L'esperienza, lo charm, l'intelligenza di Caesar lo aiutavano molto. Aveva già avuto a che fare con gente di un certo livello e con grossi imprenditori, così adottò la stessa tecnica, conquistarsi la fiducia e giocare con il mistero, suscitando la curiosità. Come in un duello in cui i fendenti sono ben contemplati, si cerca di individuare il punto debole dell'avversario scrutandone ogni singolo movimento, le parole di Caesar miravano dritte per estrapolare il più nascosto desiderio che si celava oltre le barriere inconsce del suo rivale. Senza rendersene conto, Potence aveva detto tutto ciò che McManan voleva sapere così da avvantaggiarlo notevolmente. Infine il grande venditore gli ultimò un'offerta alla quale la NextPhone non poté rifiutare. Firmarono l'accordo e la società telefonica venne assorbita dalla McManan Corporation. Tuttavia l'amministratore restava comunque Daniel Potence. Concluso l'affare, Caesar era sfinito e decise di ritornare a casa per festeggiare il contratto uscendo con la moglie. Il suo volto era illuminato da una strana luce, come di colui che avesse conquistato tutto, nei suoi occhi verdi si leggeva la fierezza e l'orgoglio di esser riuscito nella sua impresa. Il blocco che l'opprimeva, quella sensazione di ansia prima e durante il colloquio, svanì in un lampo non appena la penna ebbe finito di scrivere. Caesar era contento di aver portato un altro successo e un'altra svolta alla sua vita imprenditoriale. Sapeva ormai che nessuno poteva né osava contrastarlo, il mercato era nelle sue mani. Divenne un magnate degli affari.
Con fare sicuro, si diresse verso casa, guidando la sua lussuosa auto a cinque porte, colore blu metallizzato, una coupè d'inverno e una cabriolet d'estate. L'interno rigorosamente in radica di noce e i sedili in pelle. L'aveva comprata l'anno precedente, dopo che le sue azioni raggiunsero una quotazione ai massimi livelli del mercato. Mai nessuna società o azienda aveva ottenuto tali benefici dalle proprie azioni. La McManan Corporation non aveva mai contratto debiti e non risentì nemmeno della crisi economica che in certi anni causò il fallimento di alcune aziende.
Casa sua dall'ufficio distava parecchi chilometri, circa un'ora di strada nell'ora di punta, ma Caesar finì presto e in mezz'ora fu già a casa. Con l'auricolare collegato al cellulare, il magnate fece per chiamare Alice ma ci ripensò prima di premere il tasto verde che indicava l'avvio della chiamata, preferendo farle una sorpresa non appena fosse giunto a casa. Accese la radio per tenersi compagnia e rilassarsi nei vari tratti di strada ove bisognava aspettare lunghe code di fila, tuttavia rare nel corso del primo pomeriggio. Arrivato a pochi isolati dalla sua abitazione, Caesar si preparò con il telecomando per aprire il cancello automatico. Una leggera pressione e la barriera di ferro si aprì lentamente verso l'interno, mostrando dapprima una lunga strada che s'inoltrava all'interno di quel che poteva essere un garage. Dei ciliegi costeggiavano il viale, creando un'atmosfera rilassante e di pace armoniosa, con le loro foglie rosee allontanavano ogni malumore. Al di là di questi alberi, un giardino con prato all'inglese, era macchiato in maniera uniforme e regolare da piastrelle che permettevano il passaggio senza calpestare il terreno erboso. Il garage era in grado di contenere circa cinque macchine e una decina di motocicli. Sceso dall'auto, dopo averla parcheggiata, Caesar si avviò verso casa. Un'abitazione con vetrate oscurate, un tetto spiovente e una possente porta in ferro con maniglie in ottone. Giunto al limitare, non fece in tempo ad aprire la porta che Alice lo anticipò. I due si guardarono come fosse la prima volta salutandosi con un caloroso abbraccio seguito da un tenero bacio.
<<Come è andata a lavoro? E come mai così presto?>> la voce di Alice era dolce e sensuale, calda e rasserenante.
<<Beh, che dire, è andata come doveva andare, e poi volevo farti una sorpresa... Stasera andiamo fuori a mangiare in quel ristorante che ti piace tanto.>>. Gli occhi di Alice tradivano la gioia e l'ammirazione che provava per Caesar e la felicità di aver sposato un uomo così umile d'animo nella sua immensa ricchezza materiale. Inoltre Alice aveva intenzione di rivelare a Caesar la sua ultima scoperta... Portava in grembo il frutto del loro amore.
- Futuro -
"Dannazione, sempre errori di calcolo, perché non risulta! Eppure ci sono vicino, lo sento, ci sono tanto vicino... Ma non risulta!" Nella stanza di un appartamento sito al penultimo piano di un grande palazzo nella periferia della città di Old London, uno scienziato è in procinto di fare una grande scoperta.
"Mmh... Ricomincio da capo, ormai sono anni che sto dietro a questo progetto e non ne sono venuto a capo... Forse ho bisogno di un po' di riposo... Si... Andrò a distrarmi e riprenderò tra mezz'oretta." Lo scienziato alternava pensieri e parole, un misto come se nel laboratorio ci fosse qualcun altro oltre lui. La stanza era completamente al buio e l'uomo decise di far penetrare una leggera luce, timoroso che potesse compromettere l'esperimento. Con un telecomando schiarì il vetro delle finestre, diventando da un nero ottenebrante a un grigio scuro. Tuttavia si accorse che era notte inoltrata e con grande amarezza decise di dormire. Il ricercatore non dormiva da due giorni, sempre dietro a quel folle esperimento che solo lui sapeva. La ragione di una vita, di tutta la vita, anzi.
"Prima o poi ci riuscirò!" Borbottava sempre. Per questa sua impresa aveva lasciato amici, parenti, vicini e ogni altra forma di socialità chiudendosi totalmente in sé stesso con l'unica speranza di modificare la sua vita se solo quel progetto fosse riuscito. Aveva perso il lavoro, aveva perso la famiglia e non aveva nessuno in grado di aiutarlo. Anche la cura personale era trascurata. Barba e capelli folti e lunghi, l'igiene curata al limite della sopportazione e nell'appartamento albergava un insolito tanfo di aria stagnante mista ai vapori prodotti dai vari reagenti chimici e il puzzo di alcuni componenti elettrici bruciati. Accanto al tavolo da lavoro, una lavagna, ovvero un fascio luminoso proiettato su di un muro, usata per tenere appunti e calcoli, mentre sopra al tavolo vi erano due computer, il tutto comandato dal semplice tocco di un dito e senza nessun passaggio di connettori. La notte passava inesorabile, seguita dal mattino successivo, tuttavia lo scienziato fece fatica ad alzarsi. Prese un sonno profondo che lo trascinò fino a pomeriggio inoltrato quando il sole faceva da ultima cornice al paesaggio urbano morendo oltre gli immensi grattacieli della città. L'uomo si destò e resosi conto del lungo riposo, si rimproverò di non essersi svegliato prima e di aver perso, così, una giornata di lavoro. Non c'era tempo per i bisogni fisiologici, non c'era tempo per mangiare, non c'era tempo per lavarsi e sistemarsi. Sussultò mentre l'orologio annunciava la data diurna, si ricordò che il giorno in cui avrebbe dovuto finire l'esperimento era giunto... Era oggi! Preso dall'ansia e dalla preoccupazione per il possibile fallimento, smosse ogni singolo foglio virtuale sospeso a mezz'aria, con movimenti come impazziti, muoveva le sue mani freneticamente alla ricerca dell'errore, aprendo, espandendo e richiudendo le finestre nell'ologramma. Aveva tempo fino a mezzanotte.
"Non è possibile! - pensò - Non è possibile che sia giunto così presto il giorno, e come ho fatto a non accorgermene prima? Come ho fatto! Non dovevo dormire!" Il sonno e il lungo riposo li considerò una colpa e che avrebbe dovuto resistere ancora un altro giorno.
Eppure era così vicino a risolvere il problema, ma lungi dal completamento dell'esperimento. Scrutò ogni singolo foglio, ogni singola formula, ogni singolo calcolo, ogni singola operazione, ogni singolo numero. Tutto corretto, forse dimenticava un fattore, chissà, forse doveva valutare più attentamente il risultato, chissà, o forse, semplicemente, non vi era nulla di sbagliato. L'ultimo foglio era davanti ai suoi occhi, quel foglio che dava il risultato finale. Consultò anche i calcoli scritti sulla lavagna e notò di aver riportato un numero in maniera incorretta. Si! Doveva essere quello il problema! Ricominciò i calcoli mentre la città dormiva. Terminata l'operazione, il risultato coincideva con quello sperato, finalmente era giunto alla conclusione... Finalmente aveva trovato il modo per... Viaggiare nel tempo! In un angolo della stanza vi era una creazione a forma ovale alta circa due metri collegata, senza fili, a dei potenti computer, spenti, e coperta da un velo bianco. Lo scienziato tolse la copertura mostrando il portale che consentiva il viaggio e accese i computer. Mancava solo un'ora, adesso, al completamento dell'esperimento e temeva di non riuscirci. Riconsiderò i calcoli e allontanò tutto ciò che potesse essere d'ostacolo all'esperimento o che avrebbe potuto alterarne la natura.
"Devo togliere gli oggetti metallici. Il Trasportatore genererà un campo elettromagnetico tale da risucchiare qualsiasi cosa nel raggio di pochi di metri e se in quel raggio vi saranno degli oggetti, anche minuscoli, di metallo, potranno compromettere il viaggio." Il pensiero lo tormentava, ricordandosi poi che in quel mondo il ferro e parecchi degli oggetti metallici erano ormai superati e sostituiti da fibra di carbonio, titanio, e altri metalli non ferromagnetici. L'orologio annunciava che mancavano solo trenta minuti allo scoccare della mezzanotte e l'uomo allontanò tutto velocemente credendo sempre più di non riuscire a ultimare l'esperimento. Il pensiero del fallimento si faceva strada nel suo animo e per poco non decise di abbandonare tutto. La volontà e il lavoro svolto in questi anni erano le leve che gli consentivano di andare avanti. Inserì i calcoli e le formule ai computer e avviò il Trasportatore. Tutto procedeva correttamente e mancava una decina di minuti alla fine della giornata. L'invenzione si caricò di una luce azzurra mentre il rumore del motore, sempre crescente, risuonava in tutta la stanza. Nel frattempo l'uomo non volle perdere il lavoro di una vita, così conservò i dati all'interno di un chip microscopico che si impiantò tramite un laser, nella nuca, e con sé portò uno scanner in grado di leggere tale dispositivo. Con un grosso fragore e un lampo accecante, il centro del Trasportatore si riempì di luci e colori iridescenti, vorticanti che si mescolavano tra di loro. Come aveva previsto, il campo elettromagnetico generato aspirava qualsiasi cosa, anche lo scienziato si sentiva travolgere da esso. Per un attimo la vista si annebbiò e i sensi vennero a mancare, ma fu solo un istante. Mancava meno di un minuto e l'uomo decise di oltrepassare quel vortice d'energia. Prese un grosso respiro e si addentrò. Sembrava di attraversare un muro d'acqua e si sentì a poco a poco venir meno. Giunto all'interno non vi era nulla, fluttuava su nessuna superficie, solo colori e luci attorno a lui. Provò a muoversi ma il corpo era immobile, le orecchie riuscivano a malapena a sostenere gli acuti fischi che giungevano a volte con picchi altissimi. Poi divenne pesante e ora leggero, alternando uno stato tra materia e vuoto. D'un tratto il corpo si irrigidì, i muscoli si contraevano e rilassavano a ritmo costante fino a quando non venne colto da un'improvvisa convulsione e fu investito da una forte scossa elettrica, facendolo svenire. Nel laboratorio vi fu una tremenda esplosione che ruppe vetri e finestre, rovesciò tavoli e sedie e sovraccaricò i computer fondendone i circuiti interni, dopo che lo scienziato aveva attraversato il portale. In un attimo tutto svanì e il Trasportatore si spense, ma dell'uomo non v'era traccia. Ripreso i sensi, lo scienziato si svegliò confuso, attorno a lui alberi, un'intensa vastità di vegetazione e versi di animali. Capì di trovarsi in una foresta. Fece per alzarsi ma le mani gli cedettero, era sfinito e si lasciò abbandonare alla dolce brezza e il rilassante suono della natura per un paio di minuti disturbato, però, da una insolita caloria proveniente dalla sua maglietta. Si alzò e si scrollò di dosso il terriccio e le foglie ustionandosi leggermente non appena passò la mano vicino alla tasca. Osservò il motivo della sua scottatura e tra le mani si ritrovò lo scanner, ormai rotto, che mostrava l'anima ferrosa al suo interno.
"Non vorrei che questo scanner abbia causato qualche interferenza nel mio esperimento..." Il dubbio l'attanagliò.
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A breve metterò anche la seconda e ultima parte, che sarà più corta rispetto alla prima. ![](images/rosa/smiles/occhio.gif)
Spero che anche ad altri sia piaciuto questo racconto che scrissi per un concorso di fantascienza classificandomi 3°.
- il dubbio attanaglia anche me...
Spero presto uscirà la seconda parte perché già mi ha incuriosito molto la storia...
Non vedo l'ora di sapere come finirà.![](images/rosa/smiles/felice.gif)
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