Petit Coeur, la lacrima appena nata, non fece in tempo a rendersi conto da quali occhi fosse stata stillata che si sentì precipitare giù, verso quell'oceano nero d'asfalto.
Sentì il peso del suo corpo che si schiacciava su quella superficie impregnata d'ogni scoria dell'umanità e, nell'attimo successivo, vide le molecole di sé separarsi in un fiore di minuscoli spruzzi tutt'intorno.
Lacerato e disperso perse coscienza di sé e, come in un incubo, attraversò le mille e mille fasi dell'acqua.
Fu nebulizzato, filtrato, distillato poi condensato e di nuovo filtrato e così ancora, in un interminabile ripetersi di cicli successivi.
Quando ormai la sua identità di lacrima sembrava perduta, improvvisamente si ritrovò ricomposto in un luogo che non aveva mai immaginato potesse esistere.
Grosse nuvole bianche come neve fluttuavano in un cielo color cremisi tra stralci d'arcobaleni nitidissimi.
Attorno a lui, appesi come frutti alle nuvole, dondolavano alla brezza leggera milioni di gocce d'acqua cristallina che parevano piccoli diamanti stesi ad asciugare.
- Dove sono?- domandò guardandosi attorno
- All'anagrafe: dove se no? - rispose una voce brusca alle sue spalle
Petit Coeur, ruotando su se stesso, incontrò lo sguardo di una grossa lacrima accigliata che come lui stava viaggiando in un fiume di migliaia e migliaia di gocce d'acqua che si muoveva compatto, con un movimento lento e quasi impercettibile, verso un punto imprecisato tra le nuvole.
- All'anagrafe?! - ripeté meccanicamente Petit Coeur.
- All'anagrafe delle lacrime. Dove se no? - ripeté la lacrima alle sue spalle - Non vorrai mica dirmi che non ne sai nulla? Non sarai per caso anche tu uno di quelli che credono che le lacrime del mondo vadano sprecate e si confondano con la semplice acqua?-
Poi sempre più stizzito aggiunse:
- Ma guarda se mi doveva capitare come compagno di viaggio, uno zuccone di tale calibro.
Prima mi precipita addosso senza rispettare la precedenza che quasi mi nebulizzava e mi rispediva ad un altro giro di cicli, e poi se n'esce a fare lo sprovveduto, facendomi domande e chiedendo spiegazioni su cose così ovvie.-
- Scusami tanto se ti ho creato disturbo.- disse un po' spaventato Petit Coeur.- ma non l'ho fatto apposta, e ti assicuro di non saper nulla di nulla. Credo d'essere appena nato.-
- Ecco, non ci mancava che un lattante nel gruppo. Chi altri se no?
C'erano già quei boriosi delle lacrime del dolore, quegli insipidi della commozione, i rimbambiti della risata, gli stupidi della nostalgia. Ci mancava solo un neonato. La compagnia è al completo! Ah e mi dimenticavo di te.- disse, rivolgendosi ad una piccola triste lacrima che gli stava appiccicata addosso come un francobollo ad una lettera - la seccatrice timorosa. Il meglio sulla piazza. La lacrima dell'impotenza. Ci siamo proprio tutti, mancavi solo tu. chi altri se no? -
Facendosi forza per ignorare la sgarbatezza del suo interlocutore, Petit Coeur si rivolse di nuovo alla lacrima che sempre più accigliata lo squadrava astiosamente, mentre meccanicamente cercava di allontanare a colpi d'anca la piccola lacrima d'impotenza che gli stava d'appresso come un cagnolino fastidioso.
- Saresti così gentile da spiegarmi meglio cos'è questo posto e cosa vi sta accadendo- chiese indicando con un cenno lo spazio circostante e aggiungendo in fretta in fretta un - per favore - un po' lacrimoso (sorry)
- Ma guarda un po'! Mi tocca fare anche il cicerone al servizio di un poppante. Io che mi sono già passato un paio di miliardi di cicli. D'altronde a chi poteva succedere? Solo a me. A chi altri se no?
Pussa via tu! - disse la lacrima iraconda mentre mollava uno spintone alla piccola lacrima appiccicosa, mandandola a ruzzolare lunga e distesa poco più in là e che, rimessasi in piedi in fretta, le si riavvicinò avvinghiandosi ancor più di prima.- Vabbè, se mi tocca 'sta disgrazia facciamola almeno bene. Prima le presentazioni: Io mi chiamo Grugno e questa piattola qua accanto è Mesta, la mia allegra compagna.
Io sono una lacrima della rabbia e lei una dell'impotenza. Quanto a te non ho ancora capito che razza di lacrima sei, ma ti trovi all'anagrafe delle lacrime. Nel posto insomma, dove le lacrime di tutto il mondo si ritrovano per essere divise e riciclate. -
- Riciclate?! - domandò sbigottito Petit Coeur
- Si! si! Riciclate! Ri-ci-cla-te! Che altro se no?
Non si sprecano le lacrime. Le lacrime non sono solo acqua salata, che credi? Così una volta versate e dopo i cicli di depurazione, siamo pronte per essere ridistribuite ai nostri incarichi. -
Petit Coeur ascoltava attento il ruvido pistolotto di Grugno che, senza smettere di parlare, continuava con gomitate e spintoni a cercare di svincolarsi dall'abbraccio fastidioso di Mesta che non lo lasciava un secondo.
- Ora - continuò Grugno - stiamo navigando nella corrente del pianto, verso la stazione di smistamento che si trova più in là.
- E quelle lacrime appese alle nuvole chi sono allora?- Chiese Petit Coeur
- Benedetta ignoranza!- esclamò Grugno - sono le lacrime pronte per il rientro. Sono state censite e separate secondo la specie e il gruppo. Sono le lacrime di ritorno. Chi altri se no?
- Non capisco ancora bene... Perché vengono separate? Chi le separa e in che modo poi? -
- Ma sei uno sciocco al quadrato! Devi essere una lacrima del riso o ancora peggio una lacrima da congiuntivite per essere così stupido. Non penserai davvero che le lacrime siano tutte uguali. Non crederai mica che una lacrima del dolore abbia dentro di sé tutte le emozioni di una della malinconia o che abbia il carattere di una lacrima della rabbia come me? - Grugno mentre parlava stava diventando plumbeo come solo le lacrime della rabbia più feroce possono diventare - ora stammi bene ad ascoltare perché non te lo spiegherò una seconda volta, quindi apri bene le orecchie e fai attenzione:
- 1° le lacrime sono diverse tra loro - - Le lacrime sono diverse tra loro - ripeté a voce bassa Petit Coeur per rammentarselo-
- 2° le lacrime non possono andare disperse.- -le lacrime non possono andare disperse -
- 3° le lacrime si dividono in cinque categorie, che sono:
- (A) lacrime di sofferenza che si suddividono in: lacrime del dolore, lacrime di rabbia, lacrime di disperazione, lacrime d'impotenza, lacrime di paura.
- (B) lacrime di tristezza che si suddividono in: lacrime di nostalgia, lacrime di malinconia, lacrime di commozione. (che non sempre sono vere lacrime, al massimo una su dieci)
- (C) lacrime di gioia.
- (D) Lacrime del riso. ( che non sono vere lacrime )
- (E) lacrime d'infiammazione ( con tutte le specie derivate e che non meritano neppure di essere citate, ma a me piace essere preciso)
- 4° solo le vere lacrime non vanno perdute. Le finte lacrime di commozione, le lacrime del riso e le lacrime d'infiammazione, una volta identificate, vengono scartate e rimandate al mare. -
- Al mare - Esclamò terrorizzato Petit Coeur, che pur non conoscendo quel liquido elemento, tremava al solo suono di quell'orribile parola.
- Al mare! Si! Si! Al mare: dove se no? - Ripeté grugno sempre più rannuvolato (di nuovo sorry)
- Perché dici che alcune non sono delle vere lacrime? - disse Petit Coeur
- Dovresti arrivarci da solo - sbottò Grugno - le lacrime del riso e quelle d'infiammazione sono solo secrezioni fisiologiche del corpo umano e non contengono sentimenti preziosi. Sono solo gocce d'acqua salata che cercano in tutti i modi di camuffarsi da vere lacrime e ci riescono talmente bene che, talvolta, bisogna essere molto esperti per riuscire a riconoscerle, specialmente le lacrime di commozione, perché ad un esame superficiale sembrano provenire tutte dall'anima, ma in realtà solo una piccola parte di esse deriva dal cuore e dai sentimenti, le altre non sono nulla di più che un semplice esercizio di recitazione in cui si cimenta il cervello umano. -
- Perché lo fa? - domandò Petit Coeur
- Che vuoi che ne sappia! Credo sia perché, quando è a corto di sentimenti veri, l'animo umano ne sente il bisogno, e perciò se l'inventa. Perché altro se no? -
- Ho paura - disse Petit Coeur
- Per quale motivo?- Domandò brusco Grugno mentre rifilava un altro spintone alla sua vischiosa compagna.
- Non so chi io sia né a che gruppo di lacrime appartenga. Ho come un'amnesia e temo di poter essere una di quelle che finiranno nel mara.-
- Mare! Si chiama mare, non mara- esclamò stizzito Grugno.
- Stupido come sei non me ne meraviglierei affatto, anche se qualche piccola speranza ti resta, visto che non sai ancora tutto e che a volte capita che, specie nei primi cicli, le lacrime inesperte perdano la coscienza della propria provenienza.-
- Cos'altro non mi hai detto che sarebbe meglio io sapessi. - chiese ansioso Petit Coeur.
Per tutta risposta Grugno si mise improvvisamente a zigzagare tra le lacrime facendone ruzzolare una decina, nel vano tentativo di scrollarsi di dosso Mesta che, come fosse legata a lui con un elastico, riusciva sempre a riguadagnarne la distanza.
Quando si rese conto dell'inutilità del suo tentativo Grugno ritornò da Petit Coeur e gli disse:
- Vedi zuccone, oltre alle categorie di lacrime che ti ho citato n'esiste un'altra. Certo mi è difficile credere che uno stupidone come te né possa far parte, ma nei miei milioni di cicli ne ho viste di cotte e di crude e quindi non posso scartarlo a priori. Esistono le lacrime d'amore che sono le uniche lacrime che l'uomo riesce a far nascere da se e le sole che vengono create veramente. Esse contengono tutte le emozioni e i sentimenti di tutte le altre lacrime e sono considerate degli eletti chiamati Saturi. -
- SATURI? Che vuol dire Saturi?-
- Uffa! Ma mi tocca proprio dirti tutto. Saturi vuol dire completi che altro se no? Vuol dire che quelle lacrime sono un condensato completo di tutte le emozioni e i sentimenti che può generare l'animo umano e, a differenza delle altre, queste lacrime appartengono solo a chi le ha versate e quindi tornano sempre a lui per arricchirgli il cuore. È un grande privilegio appartenere ad un'unica persona. È una cosa meravigliosa che solo pochi fortunati hanno. Vuol dire divenire una parte importante della persona stessa. Che altro se no?-
- Come si fa a sapere se si è un saturo?- Chiese Petit Coeur.
- Ha questo pensa la luce della verità - rispose Grugno - essa è una luce che proviene dal cuore del mondo e a cui si deve essere esposti per forza ogni volta che si ultima un ciclo. Essa è in grado di rivelare la vera natura d'ogni lacrima. Sotto di lei le finte lacrime si squagliano come neve al sole e ritornano ad essere acqua salata che rifluisce al mare da cui provengono.-
- Ma perché le finte lacrime non scappano per evitare una fine così orribile - disse Petit Coeur.
- Questo è uno dei misteri insoluti delle lacrime- rispose Grugno - le lacrime credono sempre d'essere vere, e di appartenere a vere emozioni, quindi affrontano con fiducia la prova. Non si sa bene da dove prendano questa convinzione, ma io sospetto che dipenda dalla parte falsa dell'uomo che si illude di provare sentimenti, al punto da convincere anche le proprie lacrime di avere un identità fatta d'emozioni reali. -
- Non voglio finire nel mare.- singhiozzò Petit Coeur.
- Non ti servirà a nulla piagnucolare. (ops!) - ribatté Grugno che poi aggiunse ridacchiando ironicamente: - Non esiste un'alternativa, a meno che non ti riesca di risalire a ritroso la corrente del pianto sino ai punti di raccolta, ed esplorarli uno ad uno sino a trovare i tuoi occhi madre. Hì! Hì! Hì! Hì! - ( se le lacrime ridono così, che ci posso fare io?) -
- È proprio ciò che farò. - disse d'istinto Petit Coeur un po' seccato dai modi bruschi di Grugno.
- Non dirai sul serio?- domandò Grugno con aria sbigottita.
- Certo che si.- rispose Petit Coeur, anche se dentro di lui non ne era poi così convinto come voleva dar da intendere.
- Devi essere impazzito, - sentenziò Grugno con fare un po' preoccupato - non si è mai sentita una stupidaggine simile da miliardi e miliardi di cicli. È una cosa che non si può fare. È già stato tentato qualche volta ma non c'è mai riuscito nessuno. Devi essere impazzito. Qualcosa in superficie ti deve aver inquinato. Deve essere per forza così. Che altro se no?-
- E tu devi proprio essere un fifone. Altro che lacrima della rabbia. Credo che tu sia una lacrima della paura. Si, proprio una lacrima della paura. Che altro se no?- ribatté Petit Coeur, facendo il verso al modo strambo di parlare che aveva Grugno.
- Non sono mica matto come te io. - rispose Grugno - Io non ho bisogno di risalire la corrente per sapere da che occhi io provenga. Io so esattamente di essere una lacrima della rabbia che presto tornerà al suo incarico per ricominciare da capo, come compete a tutti quelli come me - E mentre parlava si era rimpettito, cancellando così l'espressione sbigottita che aveva assunto poc'anzi.
- Ne sei certo?- domandò maliziosamente Petit Coeur - Sei veramente certo di non star illudendoti anche tu come fanno le false lacrime?... Ne sei proprio certo? -
Petit Coeur aveva formulato questa domanda dando volutamente alla sua voce un'intonazione ironica per insinuare sadicamente un dubbio nelle convinzioni di Grugno.
Per un attimo la faccia sprezzante della lacrima della rabbia assunse un'espressione tra l'ebete e lo stupefatto ma dopo poco, riprendendo il controllo di se e delle sue certezze, ritornò al solito normale aspetto, ingrugnito e collerico che si confaceva perfettamente alla sua identità.
- Piccolo gocciolino da naso impertinente! Come ti permetti! Ti darei un pugno ( se li avessi ), così forte che ti trasformerebbe all'istante in nebbia, così forse impareresti il rispetto e la paura per chi è molto ma molto più vecchio di te. Vai pure se vuoi. Vattene pure. Fa come i salmoni. Risali la corrente e ricordati di me quando il terrore che ti assalirà di sicuro, ti gelerà trasformandoti in brina.-
Petit Coeur non conosceva il significato della maggior parte delle parole pronunciate da Grugno, ma intuì ugualmente che non lo aspettasse un viaggio facile. Nel medesimo tempo però, orgoglioso come scoprì d'essere, non voleva darla vinta a Grugno e per tutta risposta, girandosi su se stesso in direzione contraria alla corrente disse:
- Permaloso come sei devi per forza essere una lacrima della rabbia, ma sei un fifone ugualmente. Io me ne vado a cercare i miei occhi madre. Ciao Grugno. Ciao Mesta. Grazie di tutto e auguri. -
Petit Coeur sottolineò con una tonalità gelida e sprezzante queste ultime parole che quindi provocarono un certo effetto su Grugno. Infatti, dopo un attimo di stupore questi cercò di trattenerlo dicendo:
- Fermati zuccone! Sei più stupido di una goccia di sudore e più petulante di uno sgocciolio del rubinetto che perde, ma mi spiacerebbe vederti finir male. Non ho proprio intenzione di seguirti in questo viaggio assurdo che ti sei messo in testa di compiere, ma voglio almeno darti qualche consiglio utile - poi aggiunse:
- Vieni con me. -
Così dicendo Grugno cominciò a spostarsi, attraversando il fiume di lacrime verso il lato opposto del corso. Petit Coeur e Mesta lo seguirono d'appresso e in poco tempo si ritrovarono in una zona dove alcune nuvole particolarmente basse coprivano il paesaggio, quasi fossero una specie di siepe che viaggiava parallela al flusso della corrente. Senza indugiare Grugno vi si immerse subito imitato da Mesta e, poco dopo, da un Petit Coeur un po' più timoroso. Aldilà della siepe il paesaggio non cambiava di molto. Altre nuvole in un cielo cremisi e ancora stralci d'arcobaleno. Alla base di uno di questi però, spuntava una pozza di liquido biancastro dalla consistenza untuosa, verso il quale si diresse l'incedere di Grugno. Giuntovi nei pressi questi si chinò e indicando la pozza a Petit Coeur disse:
- Prima di metterti in viaggio farai meglio a farti una nuotata la dentro.-
- Che roba è?- chiese Petit Coeur.
- Mucosa. Che altro se no?- rispose Grugno.
- A che serve, e da dove arriva?- domandò Petit Coeur, mentre con attenzione un po' schifata ne saggiava la consistenza.
- Ci risiamo con le domande stupide - affermò Grugno - Ti servirà per risalire più in fretta la corrente e per evitare di venirne trascinato giù, quando incontrerai le sorgenti dove la sua velocità è più elevata. Queste pozze sono sparse un po' ovunque lungo il fiume. Si tratta della mucosa degli occhi umani che dovrebbe essere eliminata nei cicli di depurazione, in realtà un poco ne resta sempre appiccicata alle lacrime che la perdono strada facendo, e si raccoglie lungo le sponde del fiume del pianto. Mentre risali, ogni tanto, ricordati di bagnarti in queste pozze per facilitarti il cammino.-
Con un po' di riluttanza, Petit Coeur iniziò ad immergersi nella viscida pozza, badando a cospargersi abbondantemente con l'untuosa sostanza. Mentre egli compiva questa scrupolosa operazione Grugno ricominciò a parlare dicendo:
- Durante il viaggio, ricordati di stare sempre ai margini del fiume dove la corrente è meno forte e dove ti sarà più facile trovare pozze di mucosa. Arrivando alle cascate fa in modo di non passare sotto a quelle che possono sembrare inaridite perché il flusso delle lacrime è discontinuo, e potresti ritrovarti investito da qualche ondata improvvisa. Per risalirla dovrai affidarti alla buona sorte. Appena una cascata smette di scaricare lacrime, ti ci dovrai arrampicare in fretta, sperando di raggiungerne la cima, prima di una successiva ondata. Sopra la cascata troverai un lago alimentato ad intermittenza da numerosi canali. Fai attenzione che il livello del lago tende ad alzarsi, e una volta giunto al limite del troppopieno scarica con forza nella cascata, e la corrente potrebbe riportarti giù. In questo lago incontrerai un altro paio di pericoli a cui dovrai fare particolare attenzione.
- Quali sono?- chiese con apprensione Petit Coeur.
- I gaiser distillanti e, soprattutto, i mangiamocio -
- E questi cosa sono?- chiese con aria spaventatissima Petit Coeur.
- I gaiser distillanti sono degli sbuffi di vapore improvvisi e imprevedibili che fuoriescono qua e là dal fondo del lago, e con il loro calore servono ad una prima scrematura delle lacrime, infatti, se uno dei gaiser investe una finta lacrima, questa si vaporizza all'istante, e si disperde in nebbia che viene soffiata via dai venti sino al mare. I mangiamocio, invece, sono ancora più pericolosi, perché divorano indistintamente sia le lacrime false che quelle vere, e Hanno lo scopo di eliminare le lacrime non ben depurate o troppo sature di mucosa-
- Come sono fatti i mangiamocio?- domandò Petit Coeur, sempre più terrorizzato.
- Sono simili alle balene, ma molto più pericolosi - rispose Grugno.
- Grazie della spiegazione, - disse ironicamente Petit Coeur - sapessi cos'è una balena sarei più tranquillo, ma grazie lo stesso -
- Oh! San collirio protettore delle lacrime, aiutaci tu!- esclamò sconsolato Grugno - una balena è un'enorme goccia, grande come mille lacrime, nera come la notte, con una coda simile ad un pettine, una bocca grossa grossa che ingoia lacrime come fossero caramelle. Se mangia lacrime false, dopo un po', le spara in aria con uno spruzzo che gli esce dalla testa così forte che le nebulizza, disperdendole insieme alla nebbia. Di quelle vere non si sa che ne faccia, ma si è certi che ritorneranno indietro all'inizio del ciclo, quindi, quando ti toccherà attraversare il lago, ricordati di ripulirti ben bene dalla mucosa che ti sei sparso addosso o altrimenti finirai nelle fauci dei mangiamocio.-
- Con cosa potrò ripulirmi?- chiese con apprensione Petit Coeur.
- Che vuoi che ne sappia io - rispose Grugno dando segnali evidenti che la sua indole litigiosa stava di nuovo avendo il sopravvento.
- Non posso mica sapere tutto. Non sono mai risalito oltre il lago anzi, a dire il vero al lago non ci sono mai neppure arrivato, e quello che so e solo ciò che ho sentito raccontare da altre lacrime stupide come te, che avevano tentato l'impossibile e che sono andate a finir male, perdendosi per secoli nei cicli di depurazione. Poi, se proprio la vuoi sapere tutta, ti dico un'altra cosa: tra le lacrime si mormora che alcuni ardimentosi che fecero, secoli fa, il viaggio a ritroso, sono spariti senza più tornare. Ecco, adesso sei avvisato.-
- Dove sono finiti?- chiese Petit Coeur.
- Si sospetta che siano finiti congelati, nelle caverne di cuorghiacciaio-
- Oh! Mammaghiandola!- esclamò Petit Coeur chiedendo - e ora queste che sono?-
- Le caverne di cuorghiacciaio sono le grotte di scarico delle persone che, non avendo sentimenti, non piangono mai, e il cui cuore non riscalda l'anima; così il freddo in quelle caverne è tremendo e la temperatura così bassa da ghiacciare tutte le malcapitate lacrime che per errore ci finiscono dentro.- rispose Grugno sempre più alterato. - Sono il posto in cui finirai tu, brutto testone che non sei altro. Una goccia di condensa dei vetri avrebbe più buon senso di te e lascerebbe perdere. Ma lui no! Lui deve essere per forza diverso dagli altri. I vecchi non capiscono nulla. I vecchi sono dei fifoni. Non ha niente da imparare dagli anziani, lui! Vuol fare di testa sua, lui! Allora sai che ti dico? Arrangiati! Salutami i mangiamocio e le caverne di cuorghiacciaio... se le incontrerai. Io ti saluto. -
Pronunciate queste parole e senza attendere risposta, Grugno si volse in direzione opposta, e con passo spedito lasciò indietro Petit Coeur che era rimasto spiazzato dal repentino e brusco saluto, senza riuscire a replicare con anche un solo monosillabo. Vide la sagoma di Grugno che si allontanava tra le altre lacrime e gli parve di notare che passo dopo passo il colore della lacrima della rabbia divenisse sempre più grigio furente. Dopo un poco non lo si vedeva più e quando Petit Coeur fu sul punto di incamminarsi per il suo viaggio, egli notò tra la folla delle lacrime in marcia verso la luce della verità, uno strano movimento, come se qualcuno o qualcosa si stesse aprendo a fatica un varco tra di esse. Petit Coeur si arrestò e attese, dopo pochi istanti, dalla barriera di lacrime in cammino, spuntò la piccola e triste sagoma di Mesta che con un piccolo saltello gli si pose dinanzi.
- Aspetta Petit Coeur.- disse la lacrima d'impotenza con una vocina tanto esile da sovrastare appena appena il brusio della corrente.- non avertene a male per quello che ti ha detto Grugno. Sai, lui non è cattivo come vuol sembrare d'essere, e non pensa di te tutto quello che ha detto. Sai, fosse stato più giovane, forse ti avrebbe seguito ma anche se è una delle lacrime della rabbia più forte, anche lui ha i suoi limiti, e il suo limite sono io.-
- Che cosa centri tu- chiese Petit Coeur.
- Non ti sei mai chiesto perché io e lui siamo sempre insieme?- chiese di rimando Mesta e aggiungendo senza attendere risposta.- Non può esistere rabbia senza impotenza. La rabbia che fa piangere è la rabbia che non ha sfogo e che perciò è ancora più dolorosa. Per questo non c'è lacrima di rabbia che non sia accompagnata da una lacrima d'impotenza come me. Se il mondo potesse reagire in modo positivo a tutto il dolore che c'è, non ci sarebbe né rabbia né odio. Ricordalo sempre.-
- Lo ricorderò - disse Petit Coeur.
- Ancora una cosa - disse Mesta - Grugno mi manda a dirti che per ritrovare i tuoi occhi madre dovrai affidarti al tuo cuore. Quando le lacrime cadono compongono una melodia che si può ascoltare solo col cuore. Se ti capiterà di incontrare il tuo pianto madre e se sarai capace di ascoltarne il canto, allora saprai di essere arrivato ai tuoi occhi.-
Poi, guardando Petit Coeur con i suoi piccoli occhietti tristi, aggiunse:
- Sai, Grugno voleva augurarti buona fortuna ma lui è fatto così, anche se ci soffre molto. -
- Ringrazialo per me e buona fortuna a tutti e due - disse Petit Coeur con evidente commozione (p. s. non potevo scrivere "con le lacrime agli occhi." ).
- Ciao Petit Coeur - disse Mesta e con un guizzo insospettabilmente rapido si rinfilò tra la folla per raggiungere in fretta il suo compagno di sempre.
CRISTY
Una volta rimasto solo, Petit Coeur iniziò a risalire la corrente, tenendosi, così come aveva detto Grugno, al limitare del fiume. Nonostante questo il suo incedere procedeva lento e incerto. Il muro di lacrime che scendeva a valle andava facendosi sempre più spesso e rapido nel movimento. Petit Coeur impiegò un po' di tempo per capire quale fosse il modo più pratico per compiere l'operazione di risalita. Affinò pian piano la sua tecnica che consisteva nell'appoggiarsi alle lacrime che transitavano presso la sponda e sfruttando le doti di scivolosità garantite dalla mucosa, utilizzarle come punto d'appoggio per balzare in avanti sino a raggiungerne un'altra e ripetere l'operazione.
In questo modo migliorò molto i tempi di risalita e risparmiò anche parecchie energie.
Erano ormai molte ore che stava camminando quando, dopo un ansa del fiume, notò che il paesaggio stava cambiando. Il letto del fiume iniziava rapidamente a stringersi e al suo limitare, al posto delle solite nuvole, cominciavano a spuntare qua e là, rocce brunastre che andavano facendosi sempre più grandi e sempre più ravvicinate.
Appollaiata sopra una di queste, forse la più grossa finora incontrata, Petit Coeur scorse una lacrima che osservava da quell'altezza il corso del fiume che scendeva a valle. Sospendendo il suo cammino, e incuriosito da quella strana visione, Petit Coeur abbandonò il letto del fiume avvicinandosi alla roccia e al suo ospite.
La lacrima sconosciuta se ne stava seduta su di uno spuntone di roccia, e guardava con sguardo fisso e ammonitore quella fiumana di lacrime scorrere sotto di lui.
Petit Coeur si inerpicò faticosamente sulla roccia e, giunto a poca distanza dalla lacrima ignota che al momento le dava le spalle, disse:
- Ciao lacrima, come ti chiami? Perché te ne stai quassù?-
- Mi chiamo Cristy e sono una lacrima del dolore. Sto qua perché mi ero stufata di stare in mezzo a quella massa di lacrime insignificanti. Mi hanno seccato con le loro sciocchezze. Spero che non sia qui anche tu per dire sciocchezze e darmi fastidio - rispose la lacrima del dolore, guardandolo dall'alto in basso con un sospettoso sdegno e aggiungendo:
- Che razza di lacrima sei? Qual è il tuo nome?-
- Il mio nome è Petit Coeur e non so a che razza appartenga, sono in viaggio proprio per scoprirlo.-
- Che sciocchezza - disse la lacrima del dolore - se non sai a che razza appartieni non sei certo una lacrima del dolore, e se non sei una lacrima del dolore, allora non ha importanza di che razza tu sia.-
- Scusa ma non ho afferrato il concetto.- affermò Petit Coeur - potresti essere più chiaro?-
Con un sospiro di rassegnazione Cristy rispose così:
- Se tu fossi una lacrima del dolore lo sapresti certamente, perché non scorderesti mai le sensazioni che ti hanno fatto nascere. Esse sono così forti che ti accompagnano lungo tutti i cicli, perché sono così intense e così marchianti da renderti diverso da tutte le altre lacrime. Allo stesso tempo, il non rammentarsi delle proprie origini, è sintomo del fatto che tu non sia uno di noi; quindi, ben che ti vada, farai parte di una di quelle categorie di lacrime di bassa forza che intasano inutilmente la corrente del pianto. -
- Perché le chiami di "bassa forza"? - domandò Petit Coeur.
- Che sciocchezza! - rispose Cristy - Non capisci che tutti gli altri sentimenti che provocano lacrime non sono paragonabili al dolore. Che vuoi che siano la malinconia, la rabbia, la gioia, la commozione di fronte al dolore. Il dolore è l'unica emozione degna di produrre il pianto e le lacrime. Tutte le altre sono solo il frutto d'inutili e sciocche debolezze. -
- A me sembrano tutte emozioni forti che hanno la loro ragione di esistere, e perciò di dare lacrime. Mi sembra che tu sia ingiusto con loro.- disse Petit Coeur.
- Che sciocchezze - esclamò Cristy - Sarà ben più lecito piangere per il dolore provocato da una malattia o da un lutto, che piagnucolare di malinconia per la lontananza da casa o per la rabbia di non essere riuscito ad ottenere ciò che si vuole.-
- Se ti sentisse Grugno, ti rifarebbe i connotati - pensò tra se e se Petit Coeur limitandosi però a dire:
- Io credo che si possa soffrire al punto da piangere anche per queste cose, senza perderne in dignità.-
- Che sciocchezze - disse Cristy - non vale neppure la pena di starti ad ascoltare. Sei come le altre lacrime, piagnucolose ed esagerate, che si lamentano e si lamentano, senza capire che rispetto a noialtri sono solo una sorta d'umidità insignificante.-
- Spero che tutte le lacrime del dolore non siano come te.- replicò Petit Coeur - Tronfio come sei, ti rendi insensibile alle sofferenze degli altri, e ti crogioli nel tuo dolore, guardando quello degli altri dall'alto in basso. Non esiste un solo dolore; non esiste una sola sofferenza, e solo cercando di comprenderli e di condividerli se ne può alleviare il male.-
- Sciocchezze, - replicò Cristy - stai solo dicendo sciocchezze senza senso. Se tu avessi provato nella tua acqua, tutto il dolore che mi ha generato, non parleresti così. Capiresti che il mio dolore è più dolore di quello di tutte le altre lacrime e, come me, proveresti disprezzo di chi si lamenta per così poco.-
- È questo che non capisci. - ribatté Petit Coeur - che ne sai del dolore degli altri? Tu conosci solo il tuo, e credi che esso sia il più grande del mondo, ma forse tra questi milioni di lacrime o tra i milioni a venire, c'è né qualcuno, figlio di un male più forte del tuo. Se un giorno ne incontrassi uno che faresti? Come ti sentiresti? Vorresti essere disprezzata come stai facendo tu con gli altri, o desidereresti u po' di comprensione e di conforto? Non pensare che il tuo dolore sia insuperabile. Non pensare d'essere l'unico a soffrire. Il male e la sofferenza sono ovunque nel mondo, non sono un'esclusiva di nessuno. Scendi da questa roccia e mescola il tuo dolore con il dolore del mondo. Le lacrime, cadendo insieme, compongono una musica che addolcisce il cuore dell'umanità.-
Petit Coeur non sapeva né come, né dove avesse trovato queste convinzioni ma era certo che dovesse essere così ora e sempre, quasi queste cose le avesse stampate nell'anima, come se facessero parte integrante dello spirito delle lacrime stesse.
Cristy, intanto, era rimasto ammutolito e la sua espressione dava segno che qualche dubbio si fosse insinuato nelle sue ferree convinzioni. Purtroppo la sua incertezza durò solo un attimo, poi disse:
- Sciocchezze, sono solo sciocchezze senza senso. Mi hai stancato - e dicendo questo si voltò di nuovo a contemplare la fiumana di lacrime che scendeva a valle, con la superbia di sempre.
Accortosi dell'inutilità delle sue parole e della sua presenza, Petit Coeur si rimise in cammino, scendendo a balzelloni dalla rupe. Diede un'ultima occhiata a Cristy che, ritto sulla roccia, continuava ad osservare l'orizzonte. Mentre si allontanava gli parve di sentire la voce altezzosa della lacrima del dolore che ripeteva monotonamente - Sciocchezze, sono solo sciocchezze. Solo sciocchezze senza senso... senza senso... senza senso...- poi non lo udì più ma quando, dopo altre ore di cammino, gli capitò di lanciare un'occhiata dietro di se, in lontananza spuntava ancora la sagoma della roccia, sulla quale ancora stava ritta la lacrima del dolore di nome Cristy, sola, inutilmente sola, in un oceano di lacrime uguali a lei.
LA SUPERFICIALITA'
Petit Coeur camminò e camminò per ore, intanto la corrente si era fatta molto forte, e risalire il fiume diveniva sempre più difficile. Egli dovette rassegnarsi ad intervallare la risalita con pause di riposo, che divenivano sempre più frequenti e sempre più lunghe. Per fortuna le pozze di mucosa, che trovava ora più spesso, oltre ad aiutarlo nel cammino, avevano anche il potere di lenirgli gli indolenzimenti che la moltitudine degli urti subiti gli provocava. Se ne stava a bagnomaria in una di queste, piuttosto grossa, che aveva trovato dietro ad una conformazione rocciosa dalla forma che ricordava vagamente quella di un piede umano, quando, preceduta da una risata argentina, gli giunse una voce che rivolgendosi a lui diceva:
- Che bello! Che bello! Che bella pozza! Che bel bagnetto ti stai facendo. Aspettami! Vengo anch'io.-
Petit Coeur, sorpreso, si volse in ritardo, e non riuscì ad inquadrare chi aveva pronunciato quelle parole, ma vide solamente gli spruzzi causati dal tuffo di questi, che si sollevavano dalla superficie piatta della pozza, e ad udire il rumore provocato dall'impatto con quel liquido.
SPLASCH!
Così suonava quel rumore che subito venne accompagnato da un altro che si potrebbe tradurre con STUMP! Segno evidente che il tuffo era stato effettuato in una parte di pozza dove il livello era troppo basso, e che la lacrima misteriosa ne aveva raggiunto il fondo.
Petit Coeur tentò istintivamente di muoversi verso il punto dell'impatto per prestare eventuale soccorso allo sconosciuto quando, riemergendo dalla mucosa, spuntò una lacrima grassa e tarchiatella che scoppiando in una fragorosa risata disse:
- Che bella capocciata! Ah! Ah! Ah! Che bel tuffo ma che bella capocciata Ah! Ah! Ah! -
- Potevi farti male - disse Petit Coeur mentre valutava l'aspetto della lacrima per intuirne la razza.
- E si! Si. Potevo farmi un bel male si si proprio un bel male - confermò la lacrima, mentre sguazzava festosamente nella pozza sollevando enormi spruzzi tutt'intorno.
- Chi sei?- chiese Petit Coeur senza ottenere risposta perché intanto la lacrima si era immersa come un ippopotamo sotto la superficie.
- Potrei sapere come ti chiami? - fu costretto a ripetere, quando questa riemerse dalla mucosa.
- Proprio una bella pozza si si proprio bella - disse la lacrima prima di rispondere. - Mi chiamo Garulo e sono una lacrima della gioia - poi aggiunse - sai mi sto divertendo un sacco è così bello fare il bagno è così bello questo posto.-
- Bhe, non mi pare sia un posto speciale. Lungo il corso del fiume ne ho viste altre decine di pozze così-
- Si si tutte belle come questa proprio belle belle - disse Garulo nel suo strano modo di parlare, senza pause e interruzioni - ci si diverte un sacco qua sotto non pare anche a te?-
- Sarà che sono un po' stanco e che non sono una lacrima della gioia, ma mi pare che non ci sia poi tanto da divertirsi. Siamo lacrime o che altro?- Chiese Petit Coeur aggiungendo poi :
- In quel fiume ci sono milioni di lacrime di sofferenza e altrettante di tristezza, che così, a ragion veduta, non mi sembrano molto allegre -
- Si si - disse Garulo - ma dopo il dolore viene la gioia e si sa che non tutto il male viene per nuocere passata la bufera tornerà il sereno basta essere positivi e tutto ti apparirà più bello ma bello bello anzi bellissimo. -
Un po' infastidito dalla sciocca spensieratezza di Garulo, Petit Coeur tentò di replicare dicendo:
- Credo che la storia dell'umanità abbia alcuni milioni di anni, e, nel suo corso, il dolore l'abbia sempre accompagnata. Penso che tu veda un po' troppo tutto rose e fiori. La realtà di oggi, e del tempo a venire, non mi sembra così incanalata verso la gioia, come tu ti aspetti, c'è poco da essere contenti. Meglio sarebbe prendere le contromisure contro la sofferenza, pensandoci prima, e stare sempre in guardia contro il male, se fosse possibile, senza essere né troppo ottimisti né troppo pessimisti -
- Ma la vita è bella ma bella bella- rispose Garulo- E quando tutte quelle lacrime laggiù la smetteranno di essere così tristi e vedranno la vita così come la vedo io sarà ancora più bella anzi bellissima non credi?-
Petit Coeur che, infastidito dalle banalità e dalla superficialità di Garulo, cominciava a rimpiangere la compagnia di Grugno e addirittura di Cristy, rispose:
- È troppo facile pensarla così. Troppo semplice voler vedere a tutti i costi solo i lati positivi; nel mondo c'è anche il dolore e non volerlo vedere è scorretto. Va bene apprezzare la bellezza della vita, ma piuttosto che non vederne il brutto, è meglio cercar di migliorarla dove è possibile, poco alla volta e giorno per giorno, non trovi?-
- Che ci posso fare io - disse Garulo senza perdere il suo sorriso a tuttodenti - non ci pensare il mondo è bello ma bello bello io mi ci diverto tanto se hai dei problemi vieni a giocare con me qui nella pozza e dimenticatene vedrai che il domani ti sembrerà migliore e vivrai meglio anzi sai che ti dico perché non ci cantiamo sopra? Sai come si dice " canta che ti passa "-
Così, senza attendere risposta, Garulo si mise a cantare a squarciagola una canzoncina allegra che più o meno faceva così.
Canta canta, senza pensieri
Non ti curar dell'oggi e di ieri
Canta canta che la vita è un sogno
E della gioia abbiamo bisogno
Di giorno c'è il sole
Di notte una stella
Canta canta che la vita è bella
Canta canta, senza pretese...
- Canta canta, e va' a quel paese. - Cantò Petit Coeur, ultimando con un suo testo personale, la strofa di quella stupida canzoncina, mentre si rimetteva in marcia, senza prendersi la briga di salutare quell'insulso personaggio.
LE CASCATE E LA MALINCONIA
In fine, giunsero le cascate. Petit Coeur se le trovò dinanzi all'improvviso, proprio dopo una brusca ansa che il fiume compiva mentre si infilava tra enormi rocce frastagliate, incappucciate alla sommità da banchi di nuvole biancazzurrognole. Un po' impressionato dalla loro altezza e imponenza, egli restò fermo a contemplarla per una buona oretta, nella quale studiò un sistema valido per tentarne la scalata. Il fronte della cascata che si estendeva a perdita d'occhio, si frammentava in mille e mille piccole cascatelle che interrompevano e riprendevano il proprio flusso, in un movimento simile a quello delle fontane musicali.
La cosa che più di tutte stupì Petit Coeur fu la completa mancanza di rumore. Le lacrime cadevano come fossero senza peso dalla cima delle cascate, e si gettavano nel fiume sottostante senza frastuono e senza spruzzi ne ribollir d'acqua.
Mentre Petit Coeur contemplava questa meraviglia, sentì qualcuno arrivargli alle spalle e domandargli:
- Ti ho visto risalire il fiume. Perché stai viaggiando a ritroso? Dove stai andando? -
- Sto pensando di risalire anche le cascate e mettermi in cerca dei miei occhi madre - disse Petit Coeur, senza volgere lo sguardo, e rispondendo alla lacrima dalla figura smilza ed allungata che ore poteva scorgere con la coda dell'occhio.
- Sei forse una lacrima della nostalgia che sente la mancanza del suo passato? - Chiese ancora la lacrima smilza.
- Non credo - rispose Petit Coeur - non so neppure chi io sia, figurati se mi ricordo di chi mi ha generato.-
- Questo è molto strano - affermò la lacrima che ora si era seduta accanto a Petit Coeur e insieme a lui contemplava lo spettacolo offerto dalle cascate.- È strano che tu non ti ricordi le tue origini, ma è possibile che tu soffra ugualmente di nostalgia. La nostalgia, così come la malinconia di cui io sono una lacrima, è un sentimento strano che ti può cogliere all'improvviso, senza una vera ragione e senza preavviso.-
La lacrima seduta accanto a Petit Coeur, parlava adagio, intramezzando le parole con brevi pause che conferivano alle frasi un senso di vaga tristezza e pesantezza.
- Mi chiamo Petit Coeur - disse questi presentandosi.
- Piacere. Io sono Solo.-
- Lo vedo - Replicò Petit Coeur, travisando le parole della lacrima della malinconia. -
- No, non hai capito: Solo è il mio nome.- precisò lo smilzo - È un nome strano, lo so ma è molto usato tra le lacrime della mia razza. -
- Beh però è pratico. - affermò Petit Coeur - Ha " solo" quattro lettere -
- Spiritoso.- Esclamò Solo, scherzosamente risentito. - Neanche tu avessi un nome comune... Petit Coeur. Strano nome. Cos'è, il titolo di una fiaba per bambini?-
- Come sei permaloso - sentenziò Petit Coeur. - Anzi.. "permaSolo"- e così entrambi scoppiarono a ridere.
Finito di ridere i due restarono ancora un po' senza parlare, ad osservare le lacrime scendere nel fiume, poi Petit Coeur ruppe il silenzio dicendo:
- Così tu saresti una lacrima della malinconia? -
- Si - rispose Solo - ci trovi qualcosa di strano? -
- No, no! Per carità, ma malinconia di che? -
- Che importa? - rispose Solo - Che strana domanda è questa? La malinconia non è un sentimento come gli altri. È più un modo d'essere. Si nasce malinconici e ci si rassegna presto ad essere così, quasi con una sorta di compiacimento -
- Compiacimento? - ripete, perplesso Petit Coeur.
- Si. È il fascino strano della malinconia. La figura dell'eroe solitario e malinconico è piuttosto tipica nell'uomo, più nel maschio che nella femmina, verso la quale ha invece una certa attrazione. Avvolge con un alone di mistero che porta ad un desiderio di "scoperta" e di consolazione. -
- Piuttosto interessante e conveniente. - disse Petit Coeur.
- Si, purtroppo però, - replicò Solo - i possessori di questo sentimento fascinoso ne restano invischiati, e non riescono a farne a meno. Diventano incapaci di appropriarsi delle cose, a volte rinunciandovi di proposito solo per tornare a crogiolarsi nella malinconia della "mancanza". -
- Strano - disse Petit Coeur. - Si compiacciono di soffrire. Che cos'è la "mancanza"? -
- La mancanza è una cosa strana. - disse Solo, utilizzando ancora quell'aggettivo che sembrava essergli molto caro. - È quel qualcosa che gli permette di essere malinconici. È la rinuncia a prendere le cose che gli piacciono solo per il gusto di potersi immalinconire nel rimpianto di non aver "preso". Credo che sia un modo per non provare le cose sulla propria pelle; una scappatoia al dolore e alla fatica, insomma; una specie di comoda giustificazione alla mancanza di coraggio. -
- Bell'affare! - Sentenziò Petit Coeur.
- Strano vero? - disse Solo. - Ma piuttosto comune. È difficile trovare il coraggio di affrontare la vita. È molto più comodo dare la colpa alla vita stessa per i propri dolori, che combattere per ciò che si desidera, accettandone i rischi inevitabili.-
- Ma così non si sarà mai felici.- disse Petit Coeur.
- No di certo, - confermò Solo - ma è tanto, tanto comodo, scaricarsi delle responsabilità. Forse strano ma comodo. -
- Non li capisco. - disse Petit Coeur.
- Neanch'io. - disse Solo
Di nuovo i due restarono in silenzio ad osservare le cascate scaricare lacrime, poi, dopo un po', Petit Coeur domandò:
- Che farai ora?-
- Me ne starò qua ad osservare la cascata e tu che cerchi di scalarla, rimpiangendo di non averti seguito e cercando qualcosa o qualcuno cui darne la colpa al posto mio.- rispose Solo.
- Mi dispiace. - disse Petit Coeur.
- E di che? È la mia natura, strana ma così dev'essere.-
- Allora ti saluto. - disse sconsolato Petit Coeur.
- Ciao Petit Coeur e buon viaggio.-
- Ciao Solo.-
E cosi dicendo Petit Coeur si allontanò senza voltarsi, verso un futuro che, anche se incerto e periglioso, ora gli sembrava comunque molto, ma molto più bello, di quello che avrebbe dovuto affrontare quella povera lacrima di malinconia.
COMPAGNI DIVERSI
Come spesso accade, la parte del viaggio che Petit Coeur pensava potesse essere la più difficoltosa, si rivelò la più facile.
Scalare le cascate fu uno scherzo da ragazzi. Petit Coeur scelse con cura, così come aveva detto Grugno, una cascata, appena questa smise di scaricare lacrime, e portatosi alla sua base iniziò ad arrampicarsi agevolmente sulle rocce sporgenti che ne costituivano il fondale. La parete dietro alla cascata si presentò subito facilmente attaccabile. La pietra che la formava era porosa e solo leggermente umidiccia, in aggiunta era strutturata a gradoni più o meno larghi che creavano una specie di passaggio naturale facilmente percorribile. In breve tempo egli arrivò alla cima, oltrepassando senza problemi anche il banco di nuvole che guardandola dal basso ne impediva la vista.
Al di là del banco di nubi che si estendeva per qualche decina di passi, Petit Coeur incontrò il lago, la cui visione lo lasciò senza parole. Il bacino d'acqua che si trovò davanti era qualcosa di indescrivibilmente bello. La sua estensione era enorme e giungeva sin dove l'occhio della lacrima riusciva ad arrivare e anche oltre. Si poteva infatti solo intuire che aldilà del basso fronte di nebbia purpurea che lo cingeva completamente, si potesse trovare la terraferma, ma non si riusciva a scorgerla. Il cielo sopra il lago era quanto di più incantevole si potesse immaginare. La volta era un gigantesco arcobaleno dai colori tenui e cangianti, trapuntato qua e là da piccole stelle dorate, che tracciavano sulla superficie del lago strisce di caleidoscopi coloratissimi. La luce si rifletteva su miliardi di lacrime stipate l'una sull'altra e la diffrazione trasformava il fascio luminoso in un incantesimo multicolore.
Osservando estasiato il lago, Petit Coeur poté valutare la gravità di uno dei pericoli indicatigli da Grugno.
La calma superficie della massa d'acqua era infatti, spezzata in continuazione dai forti sbuffi dei gaiser distillanti, che proiettavano in cielo grandi quantità di vapore bianchissimo che il vento spazzava oltre l'orizzonte di nebbia. Non c'era modo d'intuirne la posizione né la sequenza. Erano veramente imprevedibili, e perciò pericolosissimi. Quando ci si aspettava che sbuffassero a nord, eccoli invece spuntare ad est, per poi ripetersi a nord e quindi in qualche altro punto a caso sulla superficie del lago, senza uno schema né una logica di ripartizione, insomma, completamente e assolutamente casuali. Era però inutile porsi il problema di riuscire ad evitare i gaiser distillanti perché per il momento Petit Coeur non aveva la più pallida idea su come attraversare il lago. Mentre, scrutando l'orizzonte cercava una soluzione, Petit Coeur assistette ad una scena che gli fece gelare il cloruro di sodio nella vene ( abbiate pietà di me ).
Improvvisamente lo specchio di lago davanti a lui prese a gonfiarsi, come se fosse sottoposto ad una pressione violentissima dal basso in alto.
Le lacrime nei dintorni furono proiettate in aria come fuscelli. Un rombo assordante riempì l'aria, e il cielo fu oscurato da una nuvola di nebbia fittissima che in un attimo circondò tutta la zona in cui si trovava Petit Coeur. Un istante dopo, come partorito dal peggiore degli incubi dell'inferno, apparve l'immane sagoma del mangiamocio.
La coda a pettine del mangiamocio sferzò l'aria a poca distanza da Petit Coeur, sollevando in aria le lacrime del lago, poi, con un balzo prodigioso, il mangiamocio si sollevò dall'acqua e, spalancando le fauci spropositate, ne azzannò una quantità mostruosa, facendole sparire nel suo poderoso stomaco. Dopo pochi istanti con un boato apocalittico egli ripiombò nel lago, mentre come una vaporiera proiettava, emettendo un sibilo acutissimo, uno spruzzo d'acqua nebulizzata dalla sommità del capo. Petit Coeur era rimasto immobile a bocca aperta, senza riuscire a muovere neppure un atomo del suo liquido, ad osservare quella scena terrificante. Attorno a lui, senza che se ne accorgesse, si era formato un piccolo capannello di quattro lacrime che come lui assisteva ammutolito a quell'evento apocalittico. Quando la nebbia provocata dal mostro si fu dissipata, una di queste, dall'aspetto minuto e fragile, trovò la forza di dire:
- Povere lacrimucce sfortunate, come mi dispiace per loro. Poverette che fine orribile. Come mi dispiace per loro.-
Poi un'altra lacrima disse, con una vocetta stridula e incerta:
- Che spavento! Che spavento! Quanta paura. Hai visto quanto era grande e che bocca enorme aveva? Che spavento! Che spavento.-
- Quante storie - disse una terza lacrima - che volete che sia. È solo un pesce. Un po' più grosso del normale ma è solo un pesce, uno stupido pesce.-
L'ultima lacrima non disse nulla, limitandosi a guardare il lago, ora tornato calmo, con uno sguardo fisso e vacuo.
La lacrima dalla vocetta stridula si rivolse a Petit Coeur e guardandola con uno sguardo terrorizzato gli disse:
- Hai visto anche tu quant'era grosso. Dimmi, hai mai visto un pesce così grande e terribile? -
- Non avevo mai visto un pesce sin ora. - rispose Petit Coeur. - ma spero di non incontrarne più. -
- Appunto,- disse la lacrima che aveva parlato per terza - se non vogliamo incontrarne più, basta buttarsi dalla cascata e addio al mangiamocio-
- Ma io ho tanta paura del salto - disse "vocetta stridula" - non me la sento di buttarmi da così in alto; ho tanta paura. -
- Stupida!... Sei stupida come tutte le lacrime della paura. Io invece, con tutta la rabbia che ho in corpo, me lo mangerei con la maionese quel pescione e poi mi butterei dalla cascata senza pensarci due volte. - disse la lacrima numero tre che evidentemente doveva essere una rappresentante della razza della rabbia, con appresso l'immancabile compagna dell'impotenza, nella figura della quarta lacrima del gruppo che sinora non aveva aperto bocca.
- Come sei crudele - disse la lacrima numero uno - non vedi che quella poverina è mezzo morta di paura. È così piccola e fragile, che fa tanta, tantissima tenerezza, poverina. Sei proprio senza cuore. A me che sono una lacrima di commozione, fa tanto tantissimo dispiacere, vedere quella poverina, piccina piccina, aver tanta paura. Povero esserino indifeso. -
- Ha parlato il piagnucolone, - replicò la lacrima della rabbia che dichiarò di chiamarsi Aspro - quello senza spina dorsale, pronto solo a commiserar tutto e tutti. Sei peggio di Morfa. - aggiunse, indicando la piccola lacrima d'impotenza che come tutte quelle della sua razza non si distanziava mai dal suo compagno.
- Almeno lei non ci sfinisce, come fai tu, con piagnucolii continui e sdolcinatezze varie.-
- Sei proprio insensibile e senza cuore - sentenziò la lacrima di commozione che di nome faceva Dulcineo.
- E tu sei senza carattere - Replicò Aspro e rivoltosi alla lacrima di paura, aggiunse in tono minaccioso:
- Quanto a te Brivida, mi hai proprio scocciato. Adesso t'agguanto e ti scaravento giù dalla cascata. -
- La cascata No! Che paura! Che paura! - Gridò urlando Brivida, mentre presa dal panico si lanciava in una folle corsa, verso una spiaggetta di sabbia bianca creatasi in un'insenatura del lago, e allontanandosi così dalla temutissima cascata.
- Poverina!- esclamò Dulcineo - l'hai spaventata a morte quella poverina. Sei proprio un'insensibile senza cuore. Poveretta, guardate come fugge terrorizzata. Presto! Fermatela! Fate qualcosa! Fermatela! Fermatela! -
Dopo un attimo d'incertezza e dopo aver bruscamente bofonchiato qualcosa, Aspro si gettò in corsa rapida all'inseguimento di Brivida, gridando:
- Fermati fifona, stavo scherzando. Fermati! Rischi di finire in bocca al mangiamocio. -
Petit Coeur e Dulcineo lo seguirono d'appresso preceduti da Morfa,, che, non appena Aspro si era messo in movimento, era scattata velocissima a tallonarlo.
Presto il gruppetto si ricompose sulla spiaggia in riva al lago, in un insenatura chiusa da alte pareti di roccia compatta.
Nel frattempo Brivida si era nascosta in una piccola nicchia tra la spiaggia e la roccia, ed ora guardava fuori da quel buco come fosse un topo nella tana che, terrorizzato, scruti i movimenti di un gatto famelico nei pressi, pronto a ghermirlo.
- Esci da lì, stupida codarda! - ordinò brusco Aspro. (Lo so, sembra la pubblicità di un'aranciata.) - Vieni fuori che non ti ci butto giù dalla cascata. Stavo scherzando.-
- Giuramelo! - disse Brivida - Giurami che non mi butterai.-
- Si, si, te lo giuro ma adesso esci. - rispose Aspro.
- Sei stato cattivo. - aggiunse Brivida. - Sai quanta paura ho della cascata? Tanta, tanta paura.-
- Poverina. Guarda come trema. - disse Dulcineo, intervenendo nel dialogo tra i due. - Quanta pena mi fa. Quanta tenerezza e compassione. Poverina, povera piccola lacrimuccia. -
- No! Ti prego no! Non ricominciare con le tue sdolcinatezze.- sbottò Aspro.- non le sopporto. Guarda, mi ci butto io dalla cascata, basta che tu la smetta.-
Così dicendo e per dare enfasi e credito alle sue parole, egli mosse alcuni passi in direzione della cascata, facendo però un'amara scoperta.
Il lago, nel suo moto d'abbassamento e innalzamento periodico del livello, aveva iniziato il ciclo di risalita e, così facendo, aveva tagliato la strada di ritorno verso la cascata.
Ormai la piccola spiaggetta si trovava circondata dalle acque che continuavano a salire rapidamente.
La situazione, già di per sé grave, andava peggiorando d'istante in istante. Il livello del lago, continuando a crescere, riduceva velocemente l'estensione della spiaggia, intanto, i gaiser distillanti avevano ricominciato a sbuffare sempre più vicini a loro e, dulcis in fundo, era improvvisamente apparso il mangiamocio, che pattugliava le acque nei pressi della spiaggia. Le lacrime, colte di sorpresa dall'incalzare degli eventi, non sapevano più che fare, e furono colte dal panico.
Brivida gridava, pazza di paura, Dulcineo piagnucolava in un angolo, Aspro minacciava inutilmente a pugni serrati il mangiamocio, promettendogli un improponibile duello rusticano. Il solo Petit Coeur cercava, disperatamente, ma con un certo raziocinio, una via di fuga.
Il lago copriva ormai tutta la spiaggia e le lacrime c'erano immerse sino alle caviglie. Ad un tratto un violentissimo sbuffo di vapore fuoriuscì dalla sabbia sotto l'acqua investendo in pieno Dulcineo che come per incanto vaporizzò all'istante, trasformandosi in nebbia.
- Lo sapevo! Lo sapevo! - Gridò Aspro.- Guardate, è svanito. Era una finta lacrima di commozione, ve lo dicevo io che non mi convinceva quello lì. Faceva troppo il sentimentale ma non dava mai una mano in prima persona, mandava sempre avanti gli altri, e lui restava a guardare. -
Intanto Petit Coeur era sempre alla ricerca di una via di fuga e dopo un po', disse:
- Guardate, vicino alla scogliera, verso la cascata. L'acqua sembra bassa e forse, restando vicini alla roccia, avremmo la possibilità di passare.-
- Proviamo.- disse Aspro e, senza attendere, si lanciò in una corsa a perdifiato verso la cascata, trascinandosi dietro Morfa ed una spaventatissima Brivida.
Mentre correvano nell'acqua che ormai si era alzata ed arrivava alla metà del loro corpo, Petit Coeur, che era rimasto un po' distanziato dagli altri, notò che l'onda di riflusso del lago aveva trascinato con sé una grossa quantità di mucosa che galleggiava sul pelo dell'acqua e che loro ci stavano proprio in mezzo, e se ne stavano impregnando.
- Aspettate! Aspettate!- Gridò disperatamente, ma fu inutile.
Mentre cercava di raggiungere gli altri il livello del lago aveva avuto un ulteriore impennata verso l'alto, e tutti per avanzare erano ormai costretti a nuotare, allo stesso tempo, l'acqua alta permetteva al mangiamocio di raggiungere l'insenatura.
Intuendo il pericolo Petit Coeur tornò indietro e, aggrappandosi ad alcuni spuntoni, trovati miracolosamente sulla roccia, s'inerpicò appolaiandosi ad un palmo dal pelo dell'acqua.
Nel frattempo Aspro, Morfa e Brivida, stavano annaspando nell'acqua fonda per vincerne la corrente, ma non fecero in tempo a raggiungere la salvezza. Attirato dall'odore della mucosa e dalle grida di Brivida, il mangiamocio si avventò sui tre e con un sol boccone li divorò.
Ultimato lo spuntino, il mangiamocio parve calmarsi, e riprese a pattugliare chetamente le acque circostanti, che ora non sembravano più crescere di livello.
Un moto d'ira, forse appiccicatogli da Aspro insieme alla mucosa, colse d'improvviso Petit Coeur che, brandendo i pugni all'indirizzo del mangiamocio, gli inveì contro dicendo:
- Maledetta bestiaccia immonda, me la pagherai! Me la pagherai! -
Subito dopo accadde l'incredibile.
Il mamgiamocio, attirato dalla voce di Petit Coeur, si rivoltò su se stesso e, spingendo di coda, puntò il muso enorme verso la roccia dove Petit Coeur, che nel frattempo si malediceva per la stupidità che gli aveva fatto commettere quella sciocchezza, se ne stava abbarbicato.
L'immane bocca del mangiamocio gli era ora ad un palmo, e il suo fiato, caldo e puzzolente, gli arrivava addosso.
Al mangiamocio sarebbe bastato un gesto insignificante per ingoiarselo, invece, come per incanto, la bestia parlò.
DIALOGO DI PETIT COEUR CON IL MANGIAMOCIO
- Che hai da insultarmi piccolino? - disse con una voce cavernosa, ma allo stesso tempo calma e pacata - Datti una calmata che mi sembri nervosetto. Io sto facendo il mio lavoro e, credimi, mi costa fatica, anzi, sai che ti dico: le lacrime non mi piacciono neppure. Le trovo troppo salate. È molto meglio la mucosa, ma è il mio lavoro ed io lo so fare bene, credimi. Tu piuttosto; è tutto il giorno che ti osservo, perché mi è giunta notizia che tu ti stia comportando in modo strano. Mi pare tu voglia andar controcorrente. Mi par curioso; per giunta non so come comportarmi con te. Il mio lavoro consiste nel purificare le acque del lago, divorando le lacrime inquinate per impedir loro di oltrepassare la cascata, ma con te mi trovo spaesato, perché tu la cascata non la vuoi passare e quindi non so se devo mangiarti oppure no. Sai che è un bel problema.-
- Tu parli?- Chiese Petit Coeur che ancora non si era ripreso completamente dallo stupore di sentir parlare quell'essere.
- E te ne meravigli? - Chiese a sua volta il mangiamocio - che dovrei dire io allora a sentir tutto il giorno, chiacchiere di gocce d'acqua? Mi par ben più strano del fatto che un pesce abbia il dono della favella-
Petit Coeur, che nel frattempo si era un po' tranquillizzato, rispose:
- In effetti, hai ragione. Non l'avevo mai considerata da questo punto di vista, comunque continua a sembrarmi strano che un pesce sappia parlare; non si dice "muti come pesci"? -
- Vero, ma si dice anche che "il pianto fa gli occhi belli" ma mi si dovrebbe spiegare cosa c'è di bello in un paio d'occhi gonfi ed arrossati. Si tratta di scempiaggini, coniate dalla mente dell'uomo, non è il caso di farci molto affidamento, dammi retta.-
- Che conti di fare di me? - chiese allora Petit Coeur al mangiamocio.- Hai deciso se mi devi mangiare oppure no?-
- Ci sto pensando.- rispose il mangiamocio, e aggiungendo poi:
- Non mi sembri né troppo sporco di mucosa né tantomeno inquinato, inoltre non vuoi gettarti dalla cascata e, se proprio la devo dire tutta, non ho neppure appetito. No, credo che non ti mangerò. -
- Ne sono lieto, - disse Petit Coeur - non mi andava giù il fatto di aver percorso tanta strada per finire nel tuo stomaco. -
- A proposito di questo, mi devi ancora spiegare per quale motivo stai risalendo il fiume del pianto. Sono proprio curioso. -
- Sto cercando me stesso. - rispose Petit Coeur facendosi serio serio.
- Che vuoi dire? - chiese il mangiamocio.
Petit Coeur dopo aver tirato un sospirone rispose:
- Vedi, mio buon pescione, - - Chiamami Strainer.- lo interruppe il mangiamocio, presentandosi col proprio nome. - Piacere, io sono Petit Coeur - disse la lacrima, proseguendo poi il discorso interrotto.
- Ho paura di ciò che potrei essere veramente: non so quali sentimenti mi accompagnino ne conosco la mia natura. Potrei essere falso, arrogante, iroso oppure apatico e sottomesso. Ho timore che ciò che io sia possa non piacermi.-
- Niente di nuovo sotto il sole.- disse Strainer con aria ironica. - Non penserai mica d'essere l'unico ad avere questo problema. Prendi me per esempio, non penserai che mi piaccia fare il mangiamocio. Io avrei preferito essere un salmone o addirittura un delfino, ma sono solo ciò che sono e non ci posso fare nulla, se non dare quel che posso e fare al meglio ciò che so fare. La vita è così, ognuno di noi ha un compito da portare a termine nel miglior modo possibile. Solo gli uomini sono artefici del loro destino, ma anche loro non sempre riescono a divenire ciò che desiderano, perdendosi per le strade della vita a causa delle loro paure. Noi altri, abitanti di questo "NON MONDO", abbiamo invece compiti precisi e dovremmo essere tutti orgogliosi della nostra funzione. Tutti, indistintamente, anche le lacrime d'infiammazione hanno la loro ragione di esistere, e questo dovrebbe essere per loro una gran consolazione. Tutto accade con una ragione e uno scopo, anche il tuo viaggio a ritroso ha una sua ragione di essere compiuto, mi sfugge ancora quale sia ma sicuramente c'è. Quindi non ti preoccupare di ciò che dovrà accadere, e neppure di quale sia la tua natura, ma segui il tuo istinto e lasciati trasportare dal tuo cuore in qualsiasi direzione ti spinga, questo è ciò che tutti, ma soprattutto gli uomini, dovrebbero fare, per vivere un'esistenza che valga la pena di essere vissuta. -
- Ne sei sicuro? - disse Petit Coeur -
- Ne sono certo. - rispose Strainer.- Come sono sicuro del fatto che mi stia tornando l'appetito e che quindi per te sia meglio andare. -
- Parlavi sul serio, quando mi consigliavi di seguire il mio cuore? - Domandò Petit Coeur.
- Si, dicevo sul serio. - rispose Strainer
- Il mio istinto m'induce ad attraversare il lago e continuare il mio viaggio. Potresti darmi una mano? Per favore.- chiese Petit Coeur, guardando fisso negli occhi il mangiamocio.
Strainer sospirò profondamente, facendo fischiare l'aria tra i denti dell'enorme bocca e, dopo una pausa che a Petit Coeur parve interminabile, emise un fortissimo sbuffo dal foro sulla testa ed iniziò a parlare dicendo:
- Saltami in groppa e tieniti stretto. Ti trasporto io aldilà del lago così non rischi di finire in bocca ad uno dei miei fratelli che si aggirano da queste parti. -
- Grazie amico. - disse Petit Coeur.
- Di nulla. - rispose Strainer, mentre la piccola lacrima gli si arrampicava sul dorso.
Il mangiamocio navigava a pelo d'acqua, portando il suo passeggero sulla groppa.
Petit Coeur, placidamente sdraiato, si godeva la sua tanto confortevole quanto inaspettata crociera e, intanto, chiacchierava amabilmente con il suo nuovo amico.
Strainer si rivelò un essere mite e delicato, che portava a spasso, col suo immenso corpo, un'anima ricca di serenità e saggezza. Un solo cruccio intaccava il suo enorme cuore. Questo cruccio era l'amore.
Il mondo dei mangiamocio era popolato solo di maschi, o da presunti tali, e quindi gli era impossibile trovare una compagna di cui innamorarsi.
- Mi manca molto. - disse Strainer all'improvviso.
- Cosa? - chiese Petit Coeur
- La compagna che non ho. - rispose il mangiamocio aggiungendo: - La sogno tutte le notti, quando mi riposo appoggiato alla battigia. L'ho così presente che mi sembra di poterle parlare e a volte lo faccio anche.
Lei se ne sta accanto a me e, distrattamente, strofina le sue pinne sulla mia schiena, in uno di quei gesti tanto inconsci quanto affettuosi che ti pettinano il cuore. Mi racconta d'angoli di lago che non conosco, di lacrime da mangiare con sapori che non ho mai provato, e il suo fiato sa di zucchero e caramello (Strainer aveva confessato a Petit Coeur d'essere molto goloso di dolci.) ; poi mi guarda con quel suo sguardo che parla da solo, e che mi dice: sei mio, bello e forte, sei il mio orgoglio e la mia vita. Io mi perdo nei suoi occhi e mi addormento, sperando di non svegliarmi più.-
- Spiegami cos'è quest'amore che non conosco. - disse Petit Coeur
- Ah! Che ti perdi, amico mio.- disse Strainer - L'amore è.. l'amore è... è.. . Aspetta te lo faccio vedere.- così dicendo il mangiamocio si mosse, remando di coda, verso una vasta insenatura contornata da rocce basse.
Navigarono ancora per qualche minuto poi, rivolgendosi a Petit Coeur, Strainer disse:
- Guardati attorno e dimmi cosa vedi.-
Petit Coeur si guardò attorno con attenzione e poi, un po' perplesso disse.
- Vedo solo acqua, lacrime, gaiser e arcobaleni, nulla di nuovo. Che dovrei vedere?-
- Ora chiudi gli occhi per un istante.- disse Strainer senza rispondere alla domanda della lacrima.
Petit Coeur obbedì, chiudendo gli occhi e, non appena l'ebbe fatto, avvertì che il corpo del pesce s'immergeva rapidamente. In un attimo sentì l'acqua inghiottirlo e, all'improvviso, si sentì catapultato verso l'alto, insieme ad una massa enorme di lacrime ed acqua. Spaventato riaprì gli occhi e, accorgendosi di essere ricaduto di nuovo in groppa al mangiamocio, vide quel che Strainer aveva voluto fargli vedere.
L'acqua e le lacrime, sparate in aria dal colpo di coda del mangiamocio, si erano disperse, ed ora ricadevano lentamente al suolo. La luce delle stelle dorate le attraversava diffraendosi in luci multicolori, che riempivano il cielo di uno spettacolo incantevole.
- Che meraviglia! Cos'è? - chiese Petit Coeur, estasiato dalla visione.
- È l'amore. - rispose semplicemente Strainer.
- Non capisco.- disse Petit Coeur
- Vedi, - spiegò Strainer, indicando con un gesto la porzione di lago che li circondava.- questa è sempre la baia di poco fa, e l'acqua che adesso stai contemplando con tanta ammirazione è la stessa acqua di prima, non è cambiata; è cambiato solo il modo in cui i tuoi occhi la guardano. Questo è l'amore. Questo è ciò che fa l'amore. - L'amore è meraviglia. L'amore è ciò che rende bello quel che, un attimo prima del suo arrivo, ti pareva brutto e noioso. L'amore è quella cosa meravigliosa che ti fa desiderare di vivere il giorno che verrà. È il cibo che non ti stanca, la noia che non arriva, il sogno che continua anche quando ti sei svegliato.-
- È molto bello quel che hai detto, - affermò Petit Coeur. - e ora capisco perché ti manchi tanto. Vorrei fare qualcosa per te.-
- Lascia perdere piccolino, - disse Strainer - non è necessario, infondo infondo mi sento già fortunato. Ho il mio sogno che mi fa compagnia, e per un mangiamocio può essere più che sufficiente. Pensa, - aggiunse Strainer - che nel mondo ci sono persone che non sanno neppure cos'è l'amore, e che quindi non hanno sogni che possano allietargli il cuore. Essi vivono i propri giorni uno uguale all'altro perché hanno finito di stupirsi da tanto, tanto tempo.-
- Cosa gli è successo?- chiese Petit Coeur
- Gli hanno rubato i sogni.- rispose il mangiamocio - la vita con le sue vicissitudini a volte può far male, e la strana natura della mente umana, in uno stupido sistema d'autodifesa, fa in modo, ripiegandosi su se stessa, di isolarsi dal resto del mondo tagliandolo fuori; così facendo tiene lontano da se il dolore, ma allo stesso tempo si preclude tutte le gioie che dal mondo possono giungerle. Questo può succedere per delusioni, mancanza di coraggio, torti subiti ma anche semplicemente perché quel che si cerca, l'altra metà della mela, non esiste o non si è mai incontrata, e quindi, dopo un po', si smette di cercarla richiudendosi in se stessi.-
- Tutto ciò è molto triste. - disse amaramente Petit Coeur.
- Capisci ora perché mi senta fortunato? - Chiese Strainer.
- Si. - rispose Petit Coeur serio serio.
- Siamo quasi arrivati all'altra sponda del lago, - disse Strainer mentre rallentava la navigazione, frenando con le pinne ventrali - Ho ancora un consiglio da darti che spero ti sarà utile quando sarai sbarcato. -
- Quale? - chiese Petit Coeur
- Devo premetterti che ciò che ti dirò non è chiaro neppure a me ma, quando mi riposo in questa parte del lago, alla fine dei miei sogni, sento una voce che mi ripete queste parole:
" Quel che cerchi non va cercato. Gli occhi guardano ma non vedono, le orecchie ascoltano ma non sentono. Il passo avanza ma non fa strada, ciò che cerchi è già con te."
Credo sia qualcosa d'importante ma non ho mai capito che voglia dire. Spero lo possa scoprire tu e che ti sia d'aiuto.-
- Ne farò tesoro.- disse Petit Coeur scendendo dalla groppa di Strainer che nel frattempo si era accostato ala riva per agevolargli la discesa.
- Ciao piccolo amico. Buona fortuna.- disse Strainer mentre, ruotando su se stesso, riprendeva il largo
- Addio. - disse Petit Coeur con un groppo in gola che ne strozzava la voce.
LA VOCE DEL CUORE
Petit Coeur restò sul litorale sino a che la sagoma di Strainer non scomparve in lontananza poi, quando non lo vide più, prese a addentrarsi nella nebbia che avvolgeva la sponda del lago e che gli impediva di veder ad un palmo dal naso.
Egli camminò per ore tra le spirali di nebbia che non cessavano di aumentare di densità, sino a quando incontrò l'imbocco di un canale. Esplorando le vicinanze, trovò un quantitativo innumerevole di altri canali, che scendevano perpendicolarmente, e il cui corso si perdeva, proseguendo verso l'interno, nei meandri invisibili della spessissima nebbia.
Incapace di decidere quale canale dovesse risalire, Petit Coeur iniziò a camminare orizzontalmente lungo l'asse delle foci di questi, sperando di trovare qualche indizio che gli rivelasse quale di loro avesse dovuto percorrere.
Intanto la nebbia, aumentando d'intensità, gli opprimeva lo spirito fiaccandone le forze. Egli era veramente disperato, e cominciava a dubitare fortemente sulla buona riuscita della sua impresa. La stanchezza lo stava assalendo sempre più pesantemente, il suo obiettivo pareva via via sempre più lontano e irraggiungibile ed egli si sentiva perduto e sconfitto.
Dopo ore e ore di cammino alla cieca, la piccola lacrima si accasciò stremata appoggiandosi ad un bordo di un canale, e disperato iniziò a singhiozzare.
Il suo pianto si sperse in quella nebbia che tutto avvolgeva, senza lasciare traccia di se; poi, ad un tratto, scaturita dal nulla, venne una voce che disse:
" Dove stai andando Petit Coeur."-
- Non lo so più.- rispose tra i singhiozzi
" Non cercare Petit Coeur, non cercare."-
- Ma se non cerco, come la troverò?- chiese Petit Coeur
" Non guardare con gli occhi."- disse la voce
- C'è nebbia e non vedo nulla. - disse la lacrima
" Gli occhi guardano e non vedono. Ascolta Petit Coeur, ascolta."-
- Non odo nulla, c'è solo silenzio. - replicò Petit Coeur
"Le orecchie ascoltano ma non sentono." Disse la voce
- Io cammino cammino ma non trovo nulla. Che devo fare?- chiese disperatamente Petit Coeur
"Il tuo passo avanza ma non fa strada. Ciò che cerchi è già con te."
- Non ho nulla con me! Sono solo con me stesso, con il mio stupido sogno nel mio stupido cuore!- urlò la lacrima allo stremo delle energie.
"Ciò che cerchi è già con te." Ripeté la voce nella nebbia.
Che voleva dire quella voce? Cosa gli suggeriva? Petit Coeur non riusciva a capire, poi, come folgorato, ricordò le parole di Mesta ed i consigli di Grugno e comprese.
Scacciò la tristezza dal suo cuore, e con esso si mise in ascolto. Come per incanto una musica gli riempì l'anima, e avvertì un richiamo fortissimo che lo costringeva a voltarsi in direzione del canale a cui stava poggiato. Una luce vivissima si faceva largo tra la nebbia, là in fondo al canale. Come fosse attratto da quella luce e da quella musica, Petit Coeur iniziò a camminare nel letto del canale risalendolo, la nebbia divenne più fitta e la luce lo avvolse completamente poi, all'improvviso, tutto attorno a lui disparve e seppe di non trovarsi più lì.
CUORGHIACCIAIO
La signorina Eloise viveva sola nella casa d'angolo di Roue Saint Claude nella città di Parigi. Era una piccola casetta soffocata da enormi palazzoni di fine secolo. Tutti i giorni ella usciva da casa alle sette e trenta precise senza nessuno da salutare, e si recava al suo lavoro di contabile, presso i grandi magazzini in cui era impiegata. Vestiva sempre di tinte grigie, e non si truccava quasi mai. amava tenere i capelli raccolti in una crocchia che fermava con un grosso spillone d'ebano nero. Il modo di vestire e la tristezza che la contraddistingueva, davano un aspetto di lei scialbo e poco attraente, ma se qualcuno avesse potuto sbirciare l'album di fotografie che teneva nascosto nel cassetto della credenza, avrebbe potuto apprezzarne la reale bellezza. Nelle foto, ormai datate, la si poteva veder sorridere, con i capelli ramati scompigliati dal vento che le accarezzava il corpo snello, fasciato da vestitini leggeri e coloratissimi.
In quelle foto si sarebbe potuta vedere anche un'altra figura sorridere; una figura di uomo dai capelli scuri e dalla faccia scolpita nella mascella volitiva, e dagli occhi nerissimi, che guardavano Eloise in felice adorazione.
Quell'uomo era Philippe, l'uomo di Eloise.
Un giorno d'inverno se n'era andato, strappatole da una sorte che nessuno aveva potuto evitare.
Eloise l'aveva pianto a lungo, soffrendone indicibilmente la mancanza. All'inizio del male, essa aveva lottato strenuamente contro la disperazione, ma, pian piano, si era rassegnata a vederlo morire poco a poco.
Quando se n'andò, il dolore fu insopportabile, ed Eloise quasi ne morì. Poi, ricominciò la sua vita con il fermo, ostinato proposito, di non voler più soffrire e, a tale scopo, iniziò ad evitare sistematicamente tutti i rapporti umani che la potessero coinvolgere sentimentalmente.
Quel giorno, stava attraversando Roue Saint Claude per recarsi alla fermata dell'autobus che l'avrebbe condotta sino ai grandi magazzini quando, mentre passava davanti al portone del numero diciotto, udì una musica dolcissima provenire dallo scantinato.
Abili dita stavano suonando al pianoforte un brano di Chopin e le note si diffondevano nitidissime tra le arcate dei portici, giungendo sin sulla strada.
Come calamitata da quel suono, Eloise varcò il portone e seguendo le note, discese una breve e stretta scaletta, arrivando sino ad una porticina da cui provenivano.
Ella spinse l'uscio e dallo spiraglio osservò l'uomo bruno che indossava una camicia bianca a maniche rivoltate sin sopra i gomiti e che completamente assorto nella musica stava suonando.
In quella musica c'era un'evidentissima vena di malinconia che colpiva il cuore ed Elise. Quando l'eco delle ultime note si spense, non seppe trattenersi dal dire:
- È molto bella ma anche tanto triste.-
- Evidentemente chi l'ha scritta aveva qualche peso sul cuore e lo ha messo in musica.- rispose l'uomo che, girandosi, aveva incrociato il suo sguardo con quello d'Eloise.
I capelli di un colore castano scuro gli ricadevano mossi sulle spalle e dalla camicia semiaperta, s'intravedeva un torace glabro ma giustamente muscoloso.
Due occhi grigioverdi spiccavano su di un volto dai tratti decisi ma privi di durezza.
Osservandolo da seduto, non si poteva giudicarne l'altezza, ma la lunghezza del femore, fasciato in un paio di jeans chiari, indicava con abbastanza precisione che non dovesse essere inferiore al metro e ottanta.
Ciò che più attirò l'attenzione di Eloise furono però le mani, lunghe e affusolate, ma che allo stesso tempo davano però la sensazione d'essere forti e sicure. Accortasi di starlo ad osservare con troppa insistenza, Eloise venne colta da imbarazzo e arrossendo leggermente, cercò di riguadagnare la porta dicendo:
- Mi... scusi per averla infastidita signore, tolgo subito il disturbo.-
- Etienne. Mi chiamo Etienne.- disse l'uomo - La prego... resti... resti pure, non mi disturba per niente, è così raro che qualcuno venga qua che a volte mi sento veramente solo.-
- Mi aspettano al lavoro e lei avrà certamente altro da fare.- obbiettò la donna.
- È ancora abbastanza presto, - disse Etienne guardando l'orologio da polso - e per quanto mi riguarda non ho mai veramente molto da fare anzi, a dire il vero, non ho mai nulla che valga la pena d'esser fatto.-
- A parte suonare il piano.- disse Eloise, aggiungendo poi: - Non credo che chi sappia suonare il pianoforte con tanto sentimento, non abbia qualcuno o qualcosa cui donare tanta bellezza e armonia.-
- La ringrazio per il complimento, purtroppo però la mia musica è ispirata e dedicata ai ricordi, dolci sinché si vuole ma lontani e tristi.-
- Problemi di cuore?- chiese Eloise.
- D'amore che non c'è più.- rispose Etienne.
- La capisco e mi dispiace per lei.- affermò arrossendo ancora una volta e chiedendogli: - Anche lei vedovo?-
- Niente di così tragico, solo divorziato. Mi ha lasciato tre anni fa per un banchiere belga. Ero molto innamorato e forse lo sono ancora, in compenso lei ha trovato ciò che cercava; una montagna di soldi e il modo di spenderli.-
- Però ha perso la sua musica.- disse Elise
- Ci sono orecchie che non sanno o non vogliono ascoltare, ciò che viene dal cuore, preferendogli cose più pratiche e pragmatiche.- disse Etienne che poi con lo sguardo velato di tristezza aggiunse:
- Forse non era la donna adatta a me, ma non m'importava; io l'amavo. Non sta scritto da nessuna parte che l'amore deva essere per forza corrisposto. Per amare non è necessario essere ricambiati, è persino troppo comodo, troppo facile. La storia è piena di amori come il mio. Ci si sono scritte le poesie più belle, i romanzi più struggenti, le melodie immortali.-
Accortosi di essersi lasciato troppo andare con quella che in fin dei conti era una perfetta sconosciuta, Etienne cercò di recuperare dicendo:
- Mi scuso di averla annoiata con i miei dolori ed i miei guai ma alle volte stare troppo solo, toglie il lume della ragione.-
- La capisco, - si affrettò a dire Eloise - anch'io a volte vorrei aver modo di sfogarmi con qualcuno.-
- Bhe! Poiché abbiamo a disposizione due solitudini, perché non ci diamo modo di lenirle insieme, incontrandoci questa sera per un caffè.- propose Etienne, cogliendo lo spunto.
- Non esco mai la sera.- obbiettò Elise
- Domattina a colazione?- chiese Etienne.
- Esco sempre tardi di casa, e non ho tempo.- rispose la donna.
- Allora in pausa pranzo, in qualche ristorante nei pressi del suo ufficio?- incalzò l'uomo insistendo
- Mi porto il pranzo da casa e lo consumo sul posto di lavoro, sa com'è, il tempo non è mai abbastanza.- disse lei declinando per l'ennesima volta l'invito.
Mangiando la foglia, Etienne le sorrise amaramente e le chiese:
- Proprio non vuole uscire, vero?-
- Preferisco di no.- rispose Elise
- Mi piacerebbe insistere, ma non voglio darle una brutta impressione di me. - aggiunse Etienne che poi aggiunse una proposta - Senta... facciamo così: resti ancora un po' ad ascoltarmi suonare, poi, quando n'avrà voglia, se ne potrà andare senza salutarmi e, nel caso avesse voglia di rivedermi, mi troverà stasera alle venti e trenta al caffè di Place de la Bataille. Va bene?-
- Va bene, ma non credo di venire.-
- Allora arrivederci. - disse Etienne salutandola anticipatamente.
- Addio. - rispose freddamente Eloise, mentre l'uomo, ridandole le spalle, ricominciava a suonare.
Restò ancora sin quando il pezzo musicale cominciò a dare i primi segni di volgere al termine, poi, prestando attenzione a non far cigolare la vecchia porta, se ne andò, dapprima alla chetichella e poi quasi correndo, per raggiungere il tram e salirvici.
C'era mancato poco ed Eloise lo sapeva, quell'uomo affascinante per un attimo le aveva fatto abbassare la guardia, rendendola vulnerabile al sentimento.
Eloise era furibonda con se stessa, avrebbe dovuto fare più attenzione.
Mentre nervosamente compilava i registri contabili del reparto di biancheria intima, si riprometteva mentalmente di non ricadere più nell'errore di dar confidenza a qualcuno, soprattutto alle persone come Etienne delle quali è più facile restare colpiti.
Tanto per cominciare ella non avrebbe preso nemmeno in considerazione la possibilità di andare all'appuntamento da lui propostole e, per evitare di rincontrarlo, avrebbe trovato un tragitto alternativo per recarsi alla fermata del tram, senza dover passare dinanzi al numero diciotto di Roue Saint Claude.
Le ore passarono e arrivarono le diciassette e trenta. Eloise ripose i registri sullo scrittoio in perfetto ordine simmetrico, come era abituata a fare.
Spense il computer e svuotò il cestino della carta straccia nel contenitore della raccolta differenziata, poi uscì dall'ufficio salutando con un anonimo cenno della testa la segretaria del direttore che, furtivamente, usciva dall'ufficio del capo con indosso una pelliccia nuova, certo frutto del suo assiduo lavoro di stenodattilografa, e, richiusa la porta dell'ascensore, premette il tasto del pianoterra, quasi completamente dimentica dell'appuntamento con Etienne.
Fuori pioveva, con quel ritmo tipico delle primavere parigine, dove il vento odora di gerani, di buganvillee, e nell'aria si diffonde quel tepore strano, che mette l'argento vivo addosso agli abitanti della Ville Lumiere.
Sciami di scolari chiassosi fuggivano dalle scuole, arrampicandosi ai predellini dei tram stipati all'inverosimile.
Rumori di clacson e di gazzarre giovanili l'accompagnarono lungo il tragitto sul veicolo pubblico traballante, sino a che la porta si aprì in corrispondenza della sua fermata.
Fatti pochi passi sul marciapiede di pietra grigia incontrò, facendo finta di non sentirle, le struggenti note del pianoforte di Etienne che inutilmente la chiamavano e, come se niente potesse toccarla, infilò il portone di vetro satinato della sua abitazione.
Salì le scale di pochi gradini che la portavano al piano notte e, ripiegati i vestiti che nel frattempo si era levata, li ripose con cura sul mobile del bagno.
Entrò nella vasca e, regolata la temperatura dell'acqua, ne otturò lo scarico, lasciando che si riempisse sino a ricoprirle tutto il corpo.
Finito di lavarsi accuratamente, si infilò nell'accappatoio rosa, fresco di bucato e, calzate le ciabatte di pezza, si recò in cucina per il frugale pasto serale cui era abituata.
Prima di mettersi a tavola sedette per qualche istante sullo sgabello dalla seduta di paglia; si accese una sigaretta americana e aspirò alcune brevi boccate.
Bianche volute di fumo si alzarono nell'aria silente.
Parevano più lente del normale nel loro incedere verso l'alto, forse frutto della sterile immobilità dell'aria della casa che pareva morta.
Eloise sentì freddo, un freddo agghiacciante e sinistro che proveniva dal di dentro.
Pensò di non essersi asciugata bene, e allora prese a strofinarsi energicamente con l'accappatoio, per ultimare l'operazione.
Niente da fare, il freddo non accennava a passare.
Si alzò e si avvicinò alla credenza per prendere la tovaglia a fiori che teneva riposta nel cassetto.
La sfilò dal tiretto socchiuso e, inavvertitamente, insieme alla tovaglia fuoriuscì, cadendo sul pavimento, l'album di fotografie che nell'urto con le piastrelle di maiolica si aprì, rompendo la piccola serratura di latta.
Con un certo disappunto Eloise fece per raccoglierlo, con la ferma intenzione di non cedere alla tentazione di sfogliarlo.
All'improvviso però, qualcosa dentro di lei cominciò a risalirle dal profondo, qualcosa di caldo che sgelava via via, il ghiacciaio che si era costruita da sola, nel profondo delle caverne del cuore.
La cosa saliva, saliva, diffondendo calore su per la gola, oltre la bocca, e si piantò nell'angolo dell'occhio destro.
Eloise, senza neppur sapere come, si ritrovò a sfogliare le pagine dell'album e il suo sguardo finì per cadere su quella foto dove Philippe sorrideva guardandola.
La cosa nell'occhio s'impigliò tra le ciglia e restò lì appesa.
Piccola, calda, brillante come un cristallo, ecco spuntare la piccola lacrima d'amore chiamata Petit Coeur.
Scese adagio lungo le guance e voltandosi all'indietro, vide altri suoi fratelli che come lui venivano al mondo dagli occhi d'Eloise, che asciugandosi col dorso della mano, piangeva il suo amore e intanto si alzava, per prepararsi al suo appuntamento.
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