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L'illusione
Alla corsa delle cinque e trenta i passeggeri del 246, unica linea di autobus della zona, che sostano alla fermata, quando il cielo è ancora scuro e il freddo del mattino è pungente per quasi tutto l'anno, sono sempre poche persone, sempre le stesse.
Io li vedo dall'alto della mia lamiera leggera, che dondola dolcemente spinta dalle folate di vento dell'alba, carico di sonno e odoroso di caffé.
Arrivano con il passo lento, si vede impresso ancora nei loro volti freschi di sapone, il cuscino lasciato da poco e sembra salire fin sulle mie narici ferrigne il loro fiato caldo e sofferente, che odora di latte e caffè riscaldato.
Li aspetto ogni giorno, si fermano intorno al mio magro palo, riparati dal vento da alcuni bandoni di lamiera, che separano un terreno incolto dalla strada.
È una piacevole abitudine, i primi volti e le prime voci umane del giorno, che poi diventeranno caos nell'ora degli studenti, con i loro gridolii e le loro corse intorno a me, che spesso mi fanno vorticare peggio del vento di tramontana.
Il primo ad arrivare è sempre Michele. Simpatico ragazzone di ventisei anni, da poco compiuti, che lavora presso una pasticceria rinomata del centro. L'ho conosciuto circa due anni fa, mi aveva fatto impressione la sua mole enorme, era alto un metro e ottanta per quasi centocinquanta chili di peso, una montagna. Ricordo come fosse ieri l'impressione che ne ricevetti e quel che pensai, spaventatissimo, conoscendo l'esile forza del mio ferro: " Oddio mio se questo si appoggia al palo io cado giù rovinosamente " Per fortuna non si poggiò mai e io sono ancora qui, leggermente arrugginito ma tutto sommato in buono stato.
Da circa un anno Michele ha intrapreso una ferrea dieta, con l'aiuto del medico, lo sento sempre aggiornare i suoi compagni di viaggio, che si complimentano con lui per gli sforzi sostenuti.
A lavorare in una pasticceria si ingrassa sol con l'odore e Michele era golosissimo. Aveva intrapreso quella professione per la sua passione per i dolci. Fece ingrassare pure sua madre, che non sapeva resistere alle sue invenzioni dolciarie. Aveva deciso circa un anno fa di intraprendere la dieta perché quell'obesità le gravava oltre alle arterie e ai muscoli anche al cuore, non inteso come muscolo ma inteso come amore. Nonostante fosse un ragazzo dolcissimo e simpatico non riusciva a trovare una ragazza disposta ad amarlo. Nascondeva dietro il suo faccione bonario la sua frustrante solitudine. Vedeva tutti i suoi amici passare da una ragazza all'altra, provava ad essere come loro ma non ne aveva la stoffa e soprattutto quella mole invadente non aiutava nelle sue imprese.
Ricordo quando raccontava a Giuseppe, un suo collega pasticcere, che lavorava in una pasticceria non molto distante dalla sua, le sue disavventure amorose, il tono aspro della voce mostrava tutto il suo livore verso quelle donne, che a tutta prima sembravano dargli confidenza, da lui scambiata per interessamento, e che invece non era tesa ad altro che a rubargli ricette e perché no pasticcini, che lui generosamente regalava, mettendo a repentaglio i suoi buoni rapporti con il datore di lavoro.
Poi una mattina di circa un anno e mezzo fa, arrivò alla fermata una ragazza. Era un viso nuovo, non l'avevano mai vista alla corsa delle cinque e trenta. A pensarci bene Luisa, che lavorava come commessa in un negozio del centro e che da sempre viveva in quel quartiere e conosceva più o meno tutti, affermò con certezza che non l'aveva mai incontrata neppure in giro per il quartiere. Infatti vi era venuta ad abitare da appena un mese insieme con i suoi genitori.
Carla, questo era il suo nome. Alta poco meno di un metro e sessanta, occhi di un blu scurissimo, come il cielo notturno, Carla arrivò il primo giorno alla fermata del bus, con un viso strizzato nel cappotto, guardinga e taciturna. Michele la notò subito, era longilinea e aveva una camminata svelta e leggermente nervosa; quella donna aveva qualcosa di inquietante che lo attrasse terribilmente.
Entrare in confidenza con l'altro sesso non era il suo forte, la sua imbranataggine nel provare ad approcciare con lei, mi faceva sorridere e sfruttavo la signorina sorridente della pubblicità per sganasciarmi senza esser né visto, né sentito. Per fortuna che c'erano anche gli altri, che andarono involontariamente colmando i vuoti dialogici di Michele.
Dopo poco più di un mese Carla era entrata a tutto campo in amicizia, se così si vuole chiamare quel rapporto umano che si intesse ad una fermata di autobus, con gli altri.
In attesa dell'autobus, intorno al mio palo li sentivo che si raccontavano avventure ed aneddoti, a volte decisamente comici, accadutigli sui luoghi di lavoro. Carla faceva l'infermiera e da poco era stata trasferita presso la diabetologia Era molto interessata all'argomento legato all'alimentazione e sfruttava questa opportunità per approfondire le sue conoscenze. Ogni giorno li ammorbava con sempre nuove raccomandazioni e quando parlava cercava di guardare Michele nella speranza capisse che molte di quelle esortazioni e consigli erano riferiti a lui. Michele invece non badava al significato delle parole e si perdeva nel sentirla con un'estasi, che spacciava per sonno.
Una mattina delle tante in cui si era assorto ad ascoltare il suono della voce di Carla, armonioso e dolcissimo, per cercare di memorizzarlo affinché l'accompagnasse durante tutta la giornata di lavoro, il cui ricordo era per lui come una radio invisibile, che gli teneva compagnia; a volte attraverso il ricordo di quel suono percepiva la fisicità di lei, che si mescolava al calore del forno e all'odore prepotente dei dolciumi e diventava accattivante, erotica e la desiderava ardentemente ma finiva per consolare questo suo desiderio affogando la bocca, che in ben altre morbidezze avrebbe voluto perdersi, dentro alla soffice pasta molla di una ciambella, erotica anch'ella con le sue rotondità.
Perso nel suo meccanismo di registrazione non si accorse che Carla si stava rivolgendo a lui. Ci pensò Giuseppe, a riportarlo su questa terra, conosceva il suo amico e i suoi pensieri, più di quanto Michele gliene raccontasse.
" Michele ci senti? " poi rivolto a Carla: " Lo sai che ancora dorme no? " lei giratasi verso di lui, piantandogli quegli occhi di un blu quasi indistinguibile alla luce pallida del lampione: " Michele dicevo che dovresti dimagrire, sai ti pensavo l'altro giorno quando in reparto è venuto il nuovo dietista, un bravo dottore. Perché non vieni a farti visitare? Ci penso a tutto io se vuoi! " per poco non svenne e dico sarebbe stata una catastrofe, vista la mole. Io che li guardavo dall'alto avevo notato tutte le micro trasformazioni del volto di Michele, che invano camuffava uno stupore infantile. Non poteva credere alle sue orecchie: Carla si era interessata di lui. Tanto era lo sgomento che non riusciva ad argomentare uno straccio di risposta, sembrava impietrito e si guardava smarrito intorno a se, ricordo che provai una pena indicibile ma non potevo fare nulla Per fortuna non erano soli e gli altri ripresero a parlare senza prestare attenzione a Michele e distogliendole quella di Carla, che tanto impaccio gli suscitava. Prima dell'arrivo del bus, riuscì finalmente ad emettere suoni e il viso gli si aprì, come le imposte di una finestra sul mondo: " Senti Carla è sempre valido il tuo aiuto per potermi dimagrire? " Carla un po' sorpresa nel salire sul bus: " Certo te l'ho proposto io! Sono una persona seria sai "
Da quel momento Michele aveva cominciato a separarsi dal suo amato cibo, gli occhi di lei, il fatto che lo pensasse, che lo volesse aiutare... non poteva deluderla.
Dopo nemmeno una settimana Carla, appoggiata al mio palo distrattamente, la testa leggermente reclinata gli disse, con un tono distratto: " Senti Michele domani te la senti di venire al mio reparto? "
Un fuoco emotivo lo avvampò, l'avrebbe vista in un altro luogo e in un altro momento del giorno, forse quell'amicizia si sarebbe consolidata, uscendo fuori da una semplice conoscenza da autobus.
Nella testa gli vorticavano numerosi discorsi ma non emetteva alcun suono, si sentiva impacciato, la lingua impastata e appiccicosa, le tempie gli pulsavano e sembravano dover scoppiare da un momento all'altro.
Ci mise una manciata di minuti a configurare un discorso, nel frattempo lei che andava a tremila anche con la parola: " Michè se domani non puoi non ci sono problemi... dim.." lì la interruppe:
" Mi va bene... certo ma a che ora? "raggiante Clara: " Verso mezzogiorno ti può andare bene? " andava benissimo tanto il suo lavoro era la mattina presto e il primo pomeriggio: " Si va benissimo... grazie " nel pronunciare quel ringraziamento, Michele le prese la mano e Clara nel vedere arrivare il bus, si girò di scatto e in quello stesso momento Michele la ritrasse vergognoso.
Così era cominciata la loro amicizia, fatta di sorrisi rubati e di fiori recisi nei giardini lungo il cammino, null'altro perchè sarebbe spettato a Michele il primo passo e lui... non aveva la tempra per accusare il colpo di un rifiuto.
Clara la vedevo finanche io dalla mia postazione ventosa, era cambiata in questi mesi, il suo rivolgersi a Michele lasciava trapelare una confidenza diversa, come di un amore non compreso e istintivo che la legava a quell'uomo.
Michele perso dietro ai suoi consigli si lasciava guidare e si compiaceva del suo rinnovato aspetto estetico, che incredibilmente lo rendeva più affascinante, almeno a suo dire: " Sai Giuseppe, te lo dico prima che vengono le ragazze" Giuseppe che notava i grandi cambiamenti dell'amico, se ne compiaceva come di un'opera sua propria, che lo ripagava dei tanti discorsi che gli aveva fatto per aiutarlo ad uscire da quella melmosa angoscia, era eccitato di sapere che cosa brulicava nel cervello di Michele: " Dai Michelì che te vedo bene " e quegli sorridendo: " Mi sento benissimo così dimagrito e poi ho approfondito l'amicizia con Clara e... beh.. come te lo posso dire..." sembrava proprio un buffo bambino cresciuto troppo in fretta, non sapeva ammettere di essere innamorato cotto di quella ragazza: " Che te sei preso 'na cotta? " annuì, felice di non dover dire altro.
Nel frattempo arrivarono anche Carla e Luisa che in quella mattina di primavera sembrava saltellassero.
Michele le guardava mentre si avvicinavano illuminate dai lampioni che di lì a poco si sarebbero spenti, disegnava con lo sguardo le linee principali del corpo di Carla, che sognava di poter abbracciare, baciare ma ogni volta che le si avvicinava, un timore gentile l'afferrava e rimaneva privo di parole. Non sapeva donarle altro che sguardi caldi e delicati e un abbozzato sorriso:
" Ciao ragazze come va? " si era fatto coraggio e aveva attaccato discorso per primo. Quella mattina sembrava che Carla fosse eccitata per un evento nuovo, eppure era sempre la solita ora, sempre la solita fermata e la stessa corsa. Michele nel vederla particolarmente sorridente credette che in quella gioia lui avesse una parte ed esordì: " Sei particolarmente allegra stamane " Carla lo guardò con uno sguardo morbido e particolarmente dolce, Michele si sentiva sciogliere e rispose: " Oh Michele ma ti avevo detto che ti sei fatto più carino da quando sei dimagrito? Hai visto che a darmi retta ci hai guadagnato? Sei pure diventato loquace " tutti questi complimenti così in una volta, le gambe sembrava cedessero e per la confusione gli cadde il cellulare dalle mani, che nella rovinosa caduta si aprì, mostrandosi nudo e scomposto agli occhi ilari di Carla, che non nascose la sua risata un po' rumorosa, che mise Michele ancor più in imbarazzo. Proprio non ci riusciva a fare l'uomo sicuro, era sempre l'imbranato, quello a cui capitava di tutto quando si trovava davanti ad una donna, quello ridicolo per eccellenza e quella risata vagamente sguaiata di Carla gli suonò come un'offesa ma finse di stare al gioco, abbozzando un sorriso timido.
" Certo Michè che sei un bel tipo buffo, ahah scusa sai ma stamane sono euforica non ci fare caso " saltellava quasi Carla e si guardava intorno, sembrava aspettasse qualcuno, io la vedevo bene dalla mia postazione. Michele a sentirsi etichettare come buffo rimase di gelo e non riuscì a nasconderlo:
" Perché sono buffo? Non ti cade mai il cellulare a terra? " Il sorriso pallido stampato sul viso non riusciva a camuffare la voce disperata. Carla tacque e girandosi verso l'amica: " Ehi Lucia ma ti ho raccontato di quel ragazzo che ho conosciuto ieri l'altro? " Lucia incuriosita e bonaria: " Dai ma chi è non me lo avevi detto sai? " erano diventate amiche vere e si raccontavano tutti i loro amori. Volevano bene a quei due ragazzi che ormai da più di un anno incontravano alla fermata. Erano due bravi ragazzi, gentili ed educati ma nessuna scintilla aveva acceso il cuore di quelle ragazze. Giuseppe, che era più scaltro, lo aveva capito subito e aveva spostato altrove il suo terreno di caccia, come amava dire con gli amici quando parlava di donne. Michele no, lui era un sognatore, un inguaribile sfigato, aveva sopportato fatiche e privazioni per vedere la soddisfazione di Carla, dipinta sul suo viso. Aveva letto quei suoi gesti di amicizia come dimostrazioni di un amore, che era grande solo nella sua testa.
Quando sentì Clara parlare con Luisa a tutta prima non volle credere a ciò che sentiva. Non riusciva a formulare un pensiero compiuto, si sentiva finito d'un tratto in mezzo ad un bombardamento e l'unico modo per salvare la pelle era fuggire, fuggire in mezzo a palazzi di sogni che si schiantavano al suolo. Come avrebbe voluto piangere ma doveva resistere, forse era un passione passeggera, forse era un orco, dal quale lui l'avrebbe salvata. Ma Clara continuava a cinguettare con Lucia e lo smarrimento si tramutò minuto dopo minuto in un odio sordo, che prese pian piano il posto di quel sentimento bello e pulito, che aveva nutrito per quella donna.
Ma avveniva tutto nella sua testa, di fuori io potevo solo vedere un profilo quasi marmoreo di uomo, mentre un digrignar di denti si spandeva intorno a noi.
Giuseppe vide la sagoma e le luci dell'autobus che si avvicinava: " Ehi ragazzi arriva l'autobus, forza Michele.. dai " strattonò l'amic, o intuendo quale tempesta emotiva lo aveva paralizzato, visto quello che gli aveva confidato poco prima.
In quel mentre si fermò un'auto scura e abbassatosi il finestrino apparve un viso di ragazzo allegro e sufficientemente belloccio, che chiamò: " Ehi Clara... sorpresa " Saltellando gioiosa Clara salutò tutti e scivolò leggera dentro alla macchina, che ripartì silenziosa e veloce, era una macchina di lusso e Luisa rimase a bocca aperta ma non era la sola.
L'autobus con i suoi freni rumorosi finalmente aprì le sue porte, con un cigolio sinistro, davanti agli occhi annebbiati di Michele, che videro in quel movimento una oscena ostentazione di quella femminilità dalla quale si sentiva schiacciato sempre, amato mai.
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1 recensioni:
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- SEMPRE PIACENTE E ORIGINALE OGNI TUA FIRMA...
LA MIA LODE SILVIA
- Grazie Massimo che mi hai fatto notare questa stonatura... rileggerò la storia e vedo se noto i troppi " che ". Mi fa piacere quando mi si danno indicazioni più tecniche al di là dell'aspetto emotivo. Grazie ancora e un saluto
- Beh, una buona storia, direi, e una convincente descrizione dei personaggi. La mia lettura alle volte è un po' disturbata dall'eccessivo uso del "che" in cui sovente cadi, ma è una mia personale idiosincrasia... ben scritto in realtà, nel complesso. Piaciuto.
- Grazie di cuore
- MOLTO APPREZZATO

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