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La paga della servitù

C'era una volta una regina che, imprigionata da un malvagio incantesimo, passava il tempo nel suo castello a scrivere libri e poesie. Un giorno pensò: "Ho studiato più di venti anni quando ero solo una principessa sconosciuta, ora vorrei ottenere un bel risultato". Infatti i sudditi, che leggevano tutto quello che la regina scriveva, la incoraggiavano, perché amavano leggere i suoi libri.

La regina allora chiese di pubblicare il suo libro ai Grandi Ambasciatori della Scienza e dell'Arte in cambio di un sacchetto di monete d'oro ma quelli risposero di no dicendo: "Noi siamo grandi, troppo grandi per te, che sei solo una sconosciuta piccola principessa..."
"Ma ben presto diventerò una regina!" dichiarò la scrittrice, quasi offesa da quel rifiuto.

Allora si rivolse ai Piccoli Messaggeri del Sapere, i quali la accolsero numerosi a braccia aperte ma non potevano darle subito tante monete d'oro, anzi le chiesero una certa quantità di monete d'argento, chi più chi meno.

La regina ascoltò tutte le promesse dei piccoli Messaggeri del Sapere, ma proprio tutte, finché scelse quelli che le avevano chiesto poche monete e promesso che sarebbe diventata una regina importante come loro, che presto sarebbero entrati nel mondo dei Grandi Ambasciatori.

La regina perciò si mise immediatamente al lavoro e scriveva tantissimo e soprattutto si impegnava per essere sempre più conosciuta facendo pubblicità in tutti i modi con le sue poesie e il suo talento.

E pensava: "Se la mia servitù (che non ha mai studiato) guadagna sette monete d'argento per una sola ora di lavoro, quanto guadagnerà il mio regno con tutte le ore dedicate giorno e notte alle mie opere?"

Nel frattempo i piccioni viaggiatori portavano alla regina tanti messaggi con i complimenti dei sudditi che avevano letto il suo primo libro spendendo una moneta d'argento o poco più.

Anche i piccoli Messaggeri del sapere si congratulavano con la regina e moltiplicavano le promesse di un futuro pieno di successi.

Insomma, per arrivare al finale, vi devo avvisare che non è il consueto "e vissero per sempre felici e contenti" bensì ...

La regina osservò che i Piccoli messaggeri non avevano le capacità per diventare Grandi ambasciatori e cercò di rimediare ma non fu ascoltata. Così delusa se ne andò via in cerca di altre strade e, con educazione, invece di inveire con le tipiche espressioni del suo dialetto (che avrebbero fatto proprio al caso suo) lasciò ai piccoli Messaggeri Stupidi le ventiquattro monete d'argento del guadagno di un anno perché non sopportò l'idea di aver avuto la centesima parte della paga della servitù e soprattutto di aver creduto alle stupidaggini di quelli che chiamava Grandi e Piccoli Messaggeri dell'inganno e del profitto.

 

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2 recensioni:

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  • senzamaninbicicletta il 13/10/2012 10:44
    editoria a pagamento... cosi cominciò anche leopardi. ma oggi non c'è più amore per la poesia e più di qualcuno mi ha detto che i poeti muoiono di fame e che la poesia non vende. Proprio come nella parigi degli anni venti solo pochi pittori riuscivano a vendere le proprie opere. ma c'è da ricordare monet, e che ti sia d'augurio, che ha rischiato davvero di morir di fame (e la moglie in effetti morì di stenti) prima di diventare famoso. E comunque l'importante è scrivere per piacere. Io personalmente a chi mi chiede soldi per pubblicare le mie poesie rispondo molto male. brava continua
  • Antonio Garganese il 12/10/2012 07:16
    Sembra una storiella semplice, invece nasconde un disagio profondo. Consolati, la poesia comincia dalla penna e finisce, quando ne vale la pena, nelle menti e nei cuori di chi la sa capire e personalizzare. Ciao.

1 commenti:

  • mauri huis il 18/10/2012 20:20
    Favola non proprio triste e non proprio semplice, ma ben scritta. Complimenti e ben arrivata!

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