Il treno correva, fuori dai finestrini tutto era diventato invisibile, il mondo sembrava fatto di mille colori, erano le stesse righe di quando fotografavo qualcosa di veloce e coloravano le mie foto.
Ero diretta al lavoro con una musica assordante negli auricolari del mio lettore cd che si confondeva col rumore del treno. Stavo ascoltando “Me and my monkey” di Robbie Williams; ascoltavo sempre quella, mi aiutava a pervadere la mia mente di fantasia e di milioni di pensieri senza alcun senso. Ero in ritardo al lavoro, come al solito, ma non me ne fregava nulla. Ero triste. Ero stata lasciata dal mio ragazzo, buttata fuori di casa e non avevo più amici perché avevo cambiato città, una città dove non conoscevo nessuno.
Non capivo neanche perché stavo andando al lavoro se non mi fregava più di nulla. Il treno si fermò. Scesi, non era la mia destinazione; era pieno di gente, ma non salivano sul treno, non capivo allora perché erano lì. Una voce dal megafono diceva che le corse erano ferme: perfetto. Non potevo andare al lavoro, chiedevo cos’era successo, perché erano tutti lì, perché tutto era fermo, nessuno mi rispondeva, nessuno mi dava retta. Oltre ad essere diventata invisibile per le persone che amavo, lo ero diventata anche per il resto del mondo. Ero diventata così insulsa, così niente. Ero sola nel mondo intero. E pensare che fino alla notte prima ero disperata, triste, depressa, il mondo mi crollava addosso. Perché ora non mi fregava più di nulla?
Intanto la folla aumentava, non si capiva più nulla. Ed erano solo le sei del mattino. Quella era la prima corsa, la stessa di ogni mattina; il treno si era fermato alla stessa fermata dov’ero ieri sera per svagare la mia mente, di solito è un posto pieno di niente, ed è ottimo per quando si ha voglia di stare da soli a pensare, ma poi avevo preso il treno e sono tornata a casa per andare incontro alla solita routine del giorno dopo. Però non ricordo niente, ma dev’essere andata così.
Però, ero così sconvolta da non ricordare niente, come al solito mi ero rinchiusa nel mio mondo.
Andai verso la folla per veder l’oggetto di tanta attenzione: un corpo fatto a pezzi sui binari. Un suicidio dicevano.
Guardai e capii perché non mi fregava più di nulla.