racconti » Racconti brevi » Profumo di vittoria
Profumo di vittoria
Libera uscita ad Arbroath questa mattina. Da giorni mi sento stuzzicare sul fatto che dovrei riprendere la mia professione storica. Le serate da William mi hanno reso una pseudo celebrità tra gli sfigati in questo bel borgo marittimo delle terre di Scozia dove però, piuttosto che apprezzare le rivisitazioni dei piatti locali in chiave Italian o fusion, i clienti mi chiedono a gran voce paste paste e ancora paste.
Come ogni buona prostituta di alto bordo ho accettato facendo cadere la cosa dall'alto, ma ho naturalmente inserito il risotto carnaroli e Vialone nano mantecati come bagaglio indiscutibile e irrinunciabile della nostra smisurata cultura eno-gastronomica.
Mantecatura del risotto neutro 1 in sala in forma di Parmigiano invecchiato 18 mesi, opportunamente scavato con un livello di maestria che credevo sopita da anni; grande successo di pubblico e critica. La cosa più eccitante di quel momento è stata quella datami da una scena quasi alla Truffaut a un tavolo di sole ragazze che sono progressivamente passate dal ridacchiare, al rispetto del ruolo e dell'impegno, a un timido cenno di ammiccamento di una del gruppo, visino davvero incantevole, solo un po' troppo alta e rossa per i miei parametri. Voleremo in cielo in carne e ossa, capelli di fuoco, e non torneremo più se lo vorrai, così dimenticherò gli umori delle altre poche ma tremendamente generose donzelle incontrate sino ad ora.
Scrivo per l'ultima volta prima che alcune migliaia o forse milioni di idioti attendano mestamente la fine del mondo che coincide con il compleanno del guardiano del faro di Bell Rock. Visto che il mio secondo lavoro di scimmietta da ristorante assumerà una portata quasi professionale durante le festività Natalizie, è probabile che scriverò per l'ultima volta per questo malandato 2012.
Adesso sono realmente solo, ma se mi guardo indietro questa è la mia vita degli ultimi vent'anni. Piccoli gesti di tenerezza quasi implorata sul divano di casa mia in quel di Firenze erano solo un elegante modo di confondere l'amore con la dipendenza affettiva. Ero solo. Serate gastronomiche di buon livello dove ti ritagliano contro la tua volontà, quindici minuti di apparente gloria svaniti pochi istanti dopo, esattamente quando ti accorgi di essere una macchina da cucina e che di venire preso in considerazione solo ed esclusivamente per il fatto che produci cose discrete mantenendo tempistiche e food cost nei parametri che l'azienda ti ha fornito. Le persone ti chiedono come hai ottenuto una consistenza spumosa da del prezzemolo emulsionato mentre il loro tasso etilico sfiora l'arcobaleno e comunque, pur incontrandoli per dieci anni di fila al bar mai scenderebbero da lassù per chiederti "Ciao, come stai stronzo?". Ero solo. Quando un giorno di circa venticinque anni fa un camionista falciò la vita dei miei genitori adottivi in una statale della provincia di Cuneo dopo essere partito dalla Slovenia senza praticamente mai fermarsi, affidando ad alcune birre il compito di tenerlo in guardia, ero solo. Solo in obitorio, solo al funerale, solo a casa, solo mentre mi tatuavano, solo in gradinata per tifare la Samp, solo in compagnia, solo al saggio di violino, solo al diploma, solo. Avete presente quando sei solo? La solitudine come mia unica compagna.
Riesco a gioire di tutto, anche di questo. La solitudine è diventata parte integrante della mia corazza di testuggine schizofrenica alla ricerca di mari nei quali diventare essa stessa un'isola aggirando, una volta per tutte, Zarathustra e le sue cazzo di isole beate. Mi eccito nel parlare con l'edicolante o con il panettiere come se questo potesse portare a uno sviluppo della mia rete sociale, e dopo aver fatto mille domande ed essendo entrato a conoscenza di incredibili verità nascoste, volto le spalle felice di non aver rivelato nulla di me se non inutili aspetti della mia non collocabile esistenza che rappresentano il mio ruolo sociale e non la mia persona. Rientrando nel negozio con un sorriso indefinibile, riguardi il negoziante e lo saluti educatamente lasciando trapelare una smorfia di condivisione di oscuri segreti dei quali solo lui e te potreste parlare nel retro bottega a bassa voce in due lingue differenti simultaneamente.
Nessuno sa come sono, nemmeno la mia Valchiria salterina che tanto mi ha dato e mi ha costruito. Nemmeno quello strano individuo che condivide con me lo specchio delle cinque e zero tre ogni mattina. Questa è la mia grande ineluttabile vittoria. Tre a zero contro il Barcellona del miglior Messi possibile. Ma che dico? Mi è apparso Rasputin in sogno dicendomi "Sei inquietante a volte". Non ci siamo ancora!
Per la prima volta non trovo le parole adatte a descrivere il grado di eccitazione nel sentirsi libero di dire qualsiasi cosa a chiunque mantenendo un'unica espressione facciale e lasciando agli occhi il compito di conciliare l'animo delle persone facendo leva sui miei sentimenti (oggettivamente buoni).
Ho creato un mondo intorno a me nel quale inserire le briciole di pane che mi conducono a un grado di soddisfazione permanente, affittando al buon Dio un piccolo Bosco dei cento acri all'inizio del quale un malandato cartello ligneo reca una strana incisione: "Adnrew May". (Nota 1)
Oggi tuttavia una verità sul guardiano persona la voglio rivelare, nella speranza che pochi o nessuno la vogliano leggere. La compagnia in realtà non mi manca mai e la mia è un'apparente solitudine. Parlo di mondi lontani o tempi passati raccontati dai miei vecchi francobolli, o delle emozioni che i miei autori preferiti hanno voluto cristallizzare su libri divenuti oggetti sacri. Parlo di foto sbiadite che ancora parlano di odori estivi che non torneranno più, e tremende giornate adolescenziali. Parlo della colonna sonora del mio percorso in questo angolo di universo, la musica che scalda il cuore. Parlo di giocattoli miracolosamente sopravvissuti all'orfanotrofio e gelosamente custoditi da quella parte incomprensibilmente apprensiva chiamata coscienza. E anche di film che nel cielo della mia memoria hanno lasciato una cicatrice di gioia, come velocissime stelle cadenti.
Vittoria in solitario.
Nota1: Si fa riferimento al bosco incantato dove vivono i personaggi di fantasia di Winnie the Pooh (Disney). In riferiemnto alla storpiatura. L'orsetto protagonista (Winnie the Pooh) vive in una casa all'entrata della quale c'è un cartello con una storpiatura del nome "Mr. Sanderz" anziché "Sanders".
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0