Le guardava dall'alto del suo maschio orgoglio. Si accapigliavano le due donne sul pavimento lucido di quella cucina ampia e luminosa della sua casa. Litigavano il suo amore.
Seduto su un pensile, con le gambe penzoloni, si guardava divertito la scena.
Gambe scomposte e quei culi ancora sodi e quelle tette che scivolavano dai push up ma che, nonostante l'inesorabile avanzare degli anni, tenevano ancora, gli ballavano davanti agli occhi. Perché non possederle così mentre si dibattevano, un'idea divertente che lo faceva sorridere.
Quelle si battevano, si battevano per lui, perché lo amavano, con quella faccia dai bei lineamenti che ricordavano le statue greche.
Si battevano sconfitte dal tempo.
Le guardava sgranocchiando delle tristi patatine senza colore.
Un tacco volò alto, ultima effige di una femminilità in pezzi. Si prostravano come belve alla conquista di un fallo, solo per suggere quell'amore, che ormai sembrava relegato ai ricordi di un'adolescenza lontana. Passione e follia nascoste dietro a penne senza inchiostro, tastiere come palpeggiamenti eccitanti.
Non aveva nessuna compassione per quell'ammasso di carni stantie, solo la voglia di giocare, giocare con sentimenti finiti ma lui era un ragazzo, amava sbocconcellare patatine e hot dog, non già tristi minestre, forse un tempo saporite ma ora decisamente fredde e insipide.
E solo uno sguardo dall'alto dominava la scena dell'impietosa e sciagurata fine di personalità, frantumate dietro insane passioni.