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Il ratto delle sabine
(La storia di Roma in un gesto)
Da Bologna a Roma in meno di due ore. Una vera rivoluzione. L'attesa è poca cosa. Ancora non sei sul binario che già annunciano l'arrivo del treno. Non devi neanche camminare, lo spazio della carrozza viene segnalato in anticipo. Sali, ti siedi, non hai appoggiato il culo sulla poltrona che suona il cellulare, rispondi piano per non disturbare ma ti accorgi che lo stanno facendo tutti. Parlano tutti, anzi è il caso di dire: vorrebbero parlare. Per fortuna ci sono le gallerie. Silenzio immediato. Quasi, perché c'è sempre qualcuno che non si arrende e alza la voce fino a urlare prima di accorgersi che non c'è campo.
"Dolce o salato?" L'hostess accenna un sorriso tirandolo fuori dal kit d'ordinanza. L'altoparlante intanto esalta il servizio e l'ospitalità di Trenitalia. Ti sei appena liberato del carrello che arriva il controllore.
"Biglietto prego?"
Biglietto? Figuriamoci... e il progresso? Mica puoi fare la figura di chi vive ancora nel secolo scorso. Lo guardi con sufficienza e gli allunghi il cellulare da dove hai prenotato. Ci hai messo un week end ma adesso... osservi la corsia e vedi tutti, ma proprio tutti che stanno facendo lo stesso gesto e quel povero diavolo che rassegnato si assesta gli occhiali e maledice la tecnologia ripensando con nostalgia a quando i biglietti si bucavano.
Quando pensi di poterti rilassare qualcuno comincia ad armeggiare con i bagagli. L'altoparlante torna a gracchiare "Tra qualche minuto arriveremo a Roma, stazione Termini. Vi ringraziamo per aver scelto Trenitalia".
Persone che vanno, altre che vengono. Uomini e donne che inconsapevoli di trovarsi dentro una storia lunga millenni sono disposti a litigare per avanzare di qualche metro nella fila dei taxi. Forme di schizofrenia che nemmeno la città eterna può evitare.
O forse lo schizzato sono io che resto a terra a guardare quel razzo in grado di eludere il tempo, mentre si allontana alla velocità della luce.
Un barbone seduto per terra con una bottiglia di vino in mezzo alle gambe, immerso nella lettura di un libro, cedetti alla tentazione di avvicinarmi fino a leggere il titolo: Tempo di uccidere. A pochi metri una prostituta con tanto di minigonna che più che valorizzare la merce pareva voler mettere in guardia gli eventuali clienti e un giovane prete con un gelato in mano che sembrava indeciso sul da farsi. Roma l'ho conosciuta così, sono trascorsi tanti anni ma quell'immagine mi è rimasta dentro. Ricordo di aver chiesto al barbone se gli piaceva il libro, ricordo perfettamente la sua risposta "Se non hai letto Flaiano non può dire di aver conosciuto la vita". Il sorriso si smorzò immediatamente insieme all'ironia che accompagnava la domanda.
"Chissà se è ancora vivo?" L'applauso della platea troncò quel pensiero. Il relatore aveva finito la sua comunicazione. Molti dei partecipanti uscirono dalla sala, altri restarono a commentare. I soliti riti, parti recitate a memoria. "Andiamo a cena al Testaccio. Ti aggreghi?" Una scusa per declinare l'invito in modo garbato e la fuga, quella sì alla velocità della luce.
Roma è affascinante, incute timore ma ti accoglie a gambe aperte, senza chiederti niente. Puoi camminare ore nel suo ventre, senza fermarti, senza mai sentirti solo, e senza nemmeno accorgerti della folla che ti cammina accanto. Roma ti offre la sua intimità senza pretendere la tua. Ama le metamorfosi, ti mostra le sue parti migliori senza preavviso, quando decide che ne vale la pena. La sua essenza ti arriva all'improvviso, come un regalo, ti spiazza, si concede, si offre quasi a giocare con le tue reazioni. Roma si diverte a fare la puttana ma non può sfuggire alla sua grandezza.
In una delle mie tante passeggiate notturne ho incontrato Romolo, mi sono fatto raccontare del ratto delle sabine, ho capito perché in quel gesto si può leggere la storia di questa città. Astuzia, cinismo, audacia. L'arroganza di chi sa di non avere limiti, di non poterseli permettere. La necessità del pretendere, la volontà di farlo, la consapevolezza di esserne degni. Alla Roma di Cesare, dei Re, dei Papi ho sempre preferito quella di Pasolini, di Trilussa, dei coatti. Romolo con uno sguardo mi ha spiegato che non c'è differenza. Roma é generosa ti ammalia con lo sfarzo ma devi annusarla anche quando puzza di sudore. Avrei voluto chiedergli molte altre cose ma ho capito che il mio tempo era scaduto.
È notte fonda. L'urbe però non dorme. Beve birra, passeggia sui viali, mi sorride, si propone. Mi dispiace ma stasera per compagna accetto solo la solitudine. Ho deciso di pretenderla, di farla mia, di sottometterla alla mia volontà. I lampioni mi indicano il cammino, l'umidità avvolge. Sento un respiro che non é il mio, un urlo silenzioso. Guardo ma vedo solo fantasmi. Incrocio una donna, mi sorride.
Non sei tu, la ignoro.
Sento la mancanza della nebbia, il suo tocco morbido. Le sue carezze sulla pelle. Chi non si é mai fatto accarezzare dalla nebbia non sa cosa significa abbandonarsi ai sensi. Ecco vorrei possedere Roma nella nebbia, allora sarei felice, vorrei strapparle un orgasmo, sentirla urlare con la speranza che qualcuno ci osservi dal buco della serratura.
Roma non dorme e io neppure.
Un barbone osserva geloso, a quest'ora la città é sua. Ha ragione, per me é solo un gioco, per lui é la vita... mi piacerebbe scambiarmi di ruolo, rubargli i pensieri. Fare mia la sua intimità con questa superba signora. È solo un attimo. Sono troppo vigliacco anche solamente per coltivare il pensiero.
Le prime luci dell'alba. Si ricomincia.
Il treno sta lasciando Termini ma lei non si arrende. Guardi le sagome sempre più piccole muoversi nervosamente. Un attimo e sei lontano... riesci a coglierne il sorriso, sa di aver vinto. Non la scorderai. Ti aspetta con pazienza, sa che ci sarà un prossima volta e un'altra ancora.
Alzi gli occhi e vedi il barbone seduto di fronte a te. Ti guarda con sufficienza, si alza, fa per andarsene e con la sua voce impastata di pessimo vino, borbotta "Roma ha questo di buono, che non giudica, assolve". Ricordi? Flaiano...
Roma si diverte a fare la puttana e qualche volta ci riesce.
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