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Davanti al cancello
Questa è una storia semplice che non parla di chissà quali conquiste e quali prodezze, che non esalta eroi né condottieri. È una storia, questa, nata cinque anni fa in un freddo Natale. Quando lo vidi mi innamorai subito di lui, i sui occhi erano dolci e sinceri, come quelli di un bimbo, ma anche attenti, sembrava come se volessero parlare, e in effetti, lo facevano.
Ma come tutte le cose belle, questa storia durò poco. Nacque in un mattino d'inverno e finì sull'asfalto un pomeriggio d'estate. Forse è anche per questo che odio l'estate. La sua schiena fu spezzata, in una frattura scomposta, non ci fu nulla da fare, mi osservava vigile guardandomi negli occhi, con uno sguardo non di compassione, ma, al contrario, di chi chiede scusa, sentendosi in colpa per quello che ha fatto. Del resto lui non si era mai lamentato e non si lamentò nemmeno allora.
Quella dannata macchina correva veloce quando lo travolse davanti al cancello di casa, in pieno centro abitato. E io mi sentii impotente. La donna che era alla guida, scese, con le lacrime agli occhi, stava tornando dal mare, ma intanto, anche se aveva le lacrime agli occhi, aveva ucciso il mio unico compagno di vita, si, respirava ancora, ma era già morto. Respirava immobile sull'asfalto, incapace di muoversi e guardava dritto davanti a se. Una folla di persone intanto si era radunata intorno, e le macchine che passavano, rallentavano o si fermavano.
I suoi occhi erano azzurri come il cielo, era sempre allegro, vivace e disinibito e capiva quando stavo male, come nel periodo in cui mi ero lasciato con Isabel, lui mi stava vicino e col suo fare da gran giocherellone non mi dava mai tempo per piangere, forse, semplicemente, non voleva che piangessi. Mi guardava negli occhi e sembrava volermi dire, "Cosa c'è? Perché sei triste? Ci sono io a fianco a te, non devi essere triste, e poi vedrai che ne troverai un'altra, anche migliore di lei. È la vita, che ci vuoi fare?! Su, giochiamo adesso e non pensarci più. Vai a prendere il pallone."
Le passeggiate insieme a lui erano meravigliose e tutti ci guardavano quando eravamo insieme, ma pensò guardassero più lui, che me, e io ne andavo fiero.
In riva al mare, in inverno, correva agile e veloce come il vento, arrivava fino a perdersi all'orizzonte e poi tornava indietro, era forte e resistente, un vero cane da slitta. Anche se la slitta non ce l'aveva mai avuta e non aveva mai visto la neve. Mi ero ripromesso che un giorno o l'altro l'avrei portato sui monti, dove in inverno c'è sempre la neve, essendo un husky l'avrebbe amata molto. Ma non c'è stato il tempo, è morto senza avere mai visto la neve.
Nessuna ferita esterna, non una goccia di sangue usciva dal suo corpo, le gambe posteriori erano prive di vite, quando lo presi per metterlo in macchina emise un leggero lamento, poi non emise più neanche un sibilo.
"Hanno investito il mio cane" dissi con le lacrime agli occhi, al veterinario, appena entrai nell'ambulatorio. Allora lui smise di colpo quello che stava facendo e con l'espressione preoccupata di chi già immagina la scena, esclamò "prendilo" andai in macchina e lo portai subito.
Appena lo appoggiai sopra il lettino dell'ambulatorio, il veterinario assunse un espressione funesta "ti spiego" mi disse "ha la schiena spezzata, se fosse un essere umano potrebbe vivere ancora, su una sedie a rotelle, ma potrebbe vivere, lui purtroppo no, può durare un altro paio d'ore, forse anche un giorno, ma morirà, decidi tu cosa vuoi fare. Basta una puntura. È inutile secondo me, farlo soffrire ancora." Le assistenti del medico che pochi mesi prima l'avevano vaccinato, e lo conoscevano fin da piccolo, si misero a piangere.
Il veterinario preparò la puntura, il mio Lucky, il mio compagno di vita, mi stava guardando per l'ultima volta, quegli occhi splendidi, che mille volte mi aveva dato gioia e coraggio, non li avrei mai più rivisti, stavano per chiudersi per sempre. Gli appoggia una mano sopra la testa come piaceva a lui, il veterinario preparò la puntura e gliela fece, un piccola puntura che stava per addormentarlo per l'eternità, in quel momento la mia mano scivolo sopra i suoi occhi, sopra gli occhi del mio adorato cucciollotto "non avere paura, ci sono io qui con te, non avere paura piccolo mio" gli dissi mentalmente, e forse capì.
Un attimo dopo, stavo uscendo con lui, semiavvolto in un sacco nero di plastica, quello che si usa per la spazzatura, il veterinario mi consiglio di tenerlo in quel modo finché non l'avrei tolto dalla macchina e sepolto "sai a volte rilasciano l'urina, quando muoiono" disse. Ma non ne rilascio, non mi diede nessun dispiacere di questo tipo. "Per la puntura, fanno settanta euro. Ti serve la ricevuta?".
"No" dissi io "la ricevuta non mi serve".
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1 recensioni:
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- ... Travolgente... ottimo racconto... complimenti!!! L amore per un animale è credo uguale a quello verso le persone, con la differenza che loro ci amano senza mai chiederci nulla
- Ottimo, coinvolgente e commovente brano, complimenti.
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