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Hai Fatto Splash
La madre superiora aveva dato l'ordine di aprire le ante del portone, per agevolare l'ingresso degli invitati, le suore erano felici del giorno solenne, atteso ed invocato da lungo tempo.
Uno scroscio di applausi salutò l'arrivo del cardinale, benedicente e sorridente. Tutto era pronto, per l'inaugurazione del Convento. Le suore in prima fila, poi, in ordine, le dame del santo sepolcro, le benefattrici di via Kagoshima, un giornalista pelato sui cinquant'anni con in mano un taccuino, di nome Remo Skiantovsky, le valchirie della moralità, il famoso dietologo malinconico e depresso Bartolomeo Cao Mangiacalovo, il cavalier Orazio Mancuso, sordo come una campana, il sindaco del paese, Callisto Biscionza e sua moglie Atelia.
Giunse che la cerimonia era quasi iniziata, annunziata dall'effluvio di profumo al muschio di Birmania, vaporosa ed elegante, scintillante e sicura, in ritardo, perché la si notasse. Era proprio lei, la marchesa degli Ubaldi, della casata del pero secco, principessa del pisum sativum, la Duchessa Cocca Allocca, pronipote della leggendaria madre Pia Proper Nuntenchefà, che, un secolo prima, aveva conferito lustro ed onore al convento, attraverso adeguata riforma della regola e della disciplina e che tutti veneravano come santa.
Un trucco leggero e delicato le si scorgeva sotto la permanente, sormontata da un ciuffo sporgente, posto esattamente sulla sommità della fronte. Soffiando all'insù, di tanto in tanto, il ciuffo si alzava e si abbassava, dando l'impressione di lambirle il naso aquilino e conferendole un non so ché di evanescente.
Amava definirsi un'esteta, donna dalla fede ferrea, benefattrice numero uno del convento, madre adottiva a distanza di un numero spropositato di bambini poveretti del terzo mondo, iscritta a tutte le associazioni mondiali di difesa degli animali, contro ogni vivisezione. A conferma di ciò, infatti, portava con sé, in braccio, un cuscino ricamato, sul quale era adagiato il suo immenso tesoro, un gattone grigio, di nome Adeodato.
Appena giunta, diede improvvisamente in un urlo:<<Aiuto, ho un buchino sotto, qui, proprio qui! Se esce un topino, mi va tra le gambe! Adeodato, il mio gattino, è sensibile, potrebbe subire uno schock!>>. Sotto di lei, infatti, nel pavimento di cotto antico del chiostro, c'era un piccolo foro.
Tutti corsero a vedere il famoso buchino. Il primo ad arrivare, però, fu il giornalista pelato, che, emozionato ed eccitato, alla vista di un essere così irregolarmente etereo, esclamò :<<Cherì, Remo Schiantovsky, di padre russo, è ai suoi ordini, per servirla!>>. La Cocca dava spiegazioni, arricciando la bocca, mostrando chiaramente in volto tutto l'orrore di cui era capace e godendosi il finalmente raggiunto "centro dell'attenzione". La madre superiora, visibilmente mortificata, si mise a chiamare tutte le suore a rapporto:<<Suor Genoveffa, suor Aquilina, suor Magda, suor Patrizia, suor Favilla, prendete un tappo di sughero oppure uno straccio! Siamo mortificate, ci scusi, duchessa!>>. Nel frattempo, la duchessa era rapita in estasi dal suo nuovo cavaliere.
Aveva una strana attrazione, infatti, per gli uomini pelati, che le ricordavano la ormai lontana figura di Cavalier Balù, l'angelo segreto, mandato da Dio, ogni mattina, a confortare la povera e depressa Mammà. Erano trascorsi molti anni allorquando, all'età di circa cinque anni, attendeva ogni giorno, nel lungo corridoio della villa, al primo piano, allo stesso orario, l'arrivo di quell'angelo dalle sembianze umane. Lui arrivava puntuale, le sorrideva col suo faccione buono, tirava fuori qualche caramella, poi le chiedeva di non disturbare e di mantenere il segreto. Papà non doveva sapere, nessuno doveva sapere, perché solo i bambini potevano vedere gli angeli segreti, quelli mandati da Dio alle persone sofferenti. Cavalier Balù, poi, entrava piano nella camera della povera Mammà e vi usciva dopo qualche ora. Il resto della giornata trascorreva in armonia, Mammà sembrava rinata, allegra, scherzosa, serena.
Non aveva mai osato interrogarlo, tuttavia ricordava di avergli chiesto una sola volta come mai non avesse i capelli, visto che gli angeli sono sempre disegnati con riccioli e capelli biondi. Cavalier Balù, dal canto suo, aveva risposto:<<Piccola mia, ma in paradiso tutti siamo senza capelli!>> e da quel momento le era rimasta la convinzione che gli angeli fossero panciuti e calvi, proprio come Skiantovsky.
<<Sono una donna sola e traumatizzata, sa, in una casa tanto grande. Ogni rumore è per me motivo di spavento, ogni piccolo buco è per me un'insidia. Ah, se non ci fosse stato lei!>>, diceva, affaticata, mentre accarezzava con la mano destra la stola di pelliccia adagiata sulla spalla sinistra, ossia una piccola volpe scuoiata, con tanto di occhi, denti e zampe, spettacolo a dir poco impressionante e strano.
Finalmente, si passò alla benedizione dei locali. Il Cardinale tenne un lungo e solenne discorso, che prese a leggere da un foglio:<<La siccità dello scorso anno ha reso aridi i nostri campi. L'economia della regione è in ginocchio...>>. Un pretino, anche lui con la tonaca, in piedi accanto al cardinale, emetteva colpi di tosse, cercando di attirare l'attenzione dell'alto prelato, il quale, seccato del disturbo, si fermava ogni tanto, fissandolo con sguardo inferocito. Il pretino cercava di fargli capire che il foglio su cui stava leggendo riportava il discorso che avrebbe dovuto tenere qualche ora più tardi, all'associazione locale dei coldiretti e degli allevatori, ma il Cardinale continuò imperterrito:<<Possa il Signore benedire le nostre care sorelle vacche, vanto ed orgoglio della nostra terra, alle cui mammelle succhiamo con orgoglio abbondante latte di sapienza e virtù... e su ognuno la Vergine Maria posi il suo sguardo sereno e benigno!>>. Tutti rimasero senza parole; povere suore! Consumate dai digiuni, dalle preghiere e sentirsi paragonate a vacche giulive. Intanto, l'imbarazzo fu interrotto dallo scroscio di un applauso e dalla voce della madre superiora, che invitava tutti presso l'auditorium della scuola, per un concerto di musica classica. Tutti si diressero verso l'auditorium, dall'altro lato del Convento. Il Cavalier Orazio Mancuso, avvicinatosi al Cardinale, si mise a sottolineare con una certa enfasi:<<Eminenza, le sue parole mi hanno veramente commosso, le ho davvero gustate! Lei sa trovare sempre le parole giuste, per ogni occasione. Ha detto bene, il Signore deve rinvigorire le nostre povere sorelle ormai fiacche, suscitando per la causa dell'ordine nuove vocazioni!>>.
Presso l'auditorium il ragazzo paffuto doveva suonare con il violoncello una serie di pezzi di musica classica. Era figlio del tenente Modesti, che, in alta uniforme, si mise ad applaudire per primo, non appena vide il figlio armeggiare con lo strumento. Era convinto del fatto che nel ragazzo risiedesse un talento musicale fuori dal normale, in realtà il redivivo Mozart era negato per la musica, perché vinto dall'unica passione: mangiare a sbafo. Il maestro, pur di non perdere questa gallina dalle uova d'oro, si era lasciato ricattare e fu così che, per prepararlo al grande evento, s'era dovuto mettere a cucinare lauti pranzetti ed il ragazzo era diventato una damigiana bella tonda, tanto che il povero Cao Mangiacalovo, dietologo di famiglia, i cui metodi di dimagrimento erano stati pubblicati su riviste di fama mondiale, era caduto in depressione, per il clamoroso fallimento. Non era possibile che carote, sedano, finocchi, in quantità rigorosamente pesate, continuassero ad aumentare peso e volume della damigiana. Era riuscito a fare dimagrire persino Atelia Biscionza, la moglie del sindaco, un quintale e sessanta per un metro e cinquanta, soprannominata in paese " la freccia", perché costretta a girarsi in blocco, per dare una sbirciata alle vetrine del corso, ma con la damigiana il tempo passava ed il peso aumentava.
Il brusio dei presenti accompagnava ancora gli ultimi arrivati, che prendevano posto nelle comode poltrone foderate di raso blu.
Dopo l'applauso di incoraggiamento, il ragazzo posò la bacchetta sullo strumento con una tal violenza, che ne uscì un suono sinistro. Le suore anziane si guardavano a vicenda, pensando si trattasse del treno, che passava più o meno a quell'orario.
L'accozzaglia di suoni stonati si protraeva imperterrita, tanto che Mozart, Bach, Vivaldi si torcevano nelle rispettive bare, con tanto di bestemmie e parolacce. Il violoncello si lamentava, si contorceva, sotto l'inaudita violenza del proprio aguzzino. Al tenente brillavano gli occhi, immaginandosi già in prima fila, accanto ai maggiori capi di stato, per assistere al concerto della filarmonica di Vienna o alla Scala di Milano. Suo figlio, primo violoncello, lo avrebbe ricompensato di tanti sacrifici, di tutte le volte che, agli esordi della carriera, al corso allievi, i suoi colleghi lo avevano preso in giro, apostrofandolo come "Modesti raccomandato, gran bacchettone!".
Il violoncello continuava a lamentarsi, invocando pietà, finché cedette allo strazio, lasciandosi andare. Una delle corde si spezzò, stendendosi in avanti, finché poté. In una frazione di secondo raggiunse il posteriore di Adeodato, che se ne stava sornione sul cuscino, tra le braccia della Cocca Allocca, adagiata a sua volta su di una poltrona in prima fila a godersi il ritorno di Cavalier Balù.
La frustata ebbe un impatto sordo e veloce. Il gatto emise un grido prolungato e scappò via, verso il tavolo del bouffet, dall'altro lato della sala.
Tra gli invitati c'era anche un certo Mustafà, ricco petroliere, proveniente dagli Emirati arabi, perdutamente innamorato della Cocca Allocca, chiaramente intenzionato a portarsela con le buone o le cattive nel suo harem. In nome di un amore non corrisposto aveva sganciato fior di quattrini per il restauro del Convento e le suore, in segno di profonda riconoscenza, gli avevano dedicato una lapide marmorea, evidenziandone bontà e spirito ecumenico. Era sopraggiunto circondato dalle guardie del corpo, con tanto di turbanti in testa, che avevano l'ordine di marcare a vista la Duchessa. La presenza di Skiantovsky, inoltre, lo aveva accecato di gelosia e con un segno indicante un taglio al collo aveva dato l'ordine alle sue guardie di gettarlo in qualche pozzo di petrolio.
Una delle guardie del corpo portava al guinzaglio due cani dalmata, due enormi cuccioli, maschio e femmina.
I cani, pensando che il gatto avesse dato vita a qualche gioco di loro gradimento, strattonarono violentemente la povera guardia, che fu trascinata in mezzo ai sedili, tra le gambe delle valchirie della moralità, delle dame di via Kagoshima, le quali, al passaggio del malcapitato, sferravano calci e pugni, urlando:<<Maleducato, sporcaccione! Noi siamo donne pudiche, votate alla causa della verginità consacrata!>> L'auditorium fu invaso da urla di ogni specie. Qualcuno, impressionato dal frastuono e dai personaggi di sapore mediorientale, si mise a gridare:<<Un attentato, presto, ci sono dei kamikaze stranieri!>>. La Cocca, resasi conto dell'accaduto, temendo il peggio per il suo Adeodato, svenne in braccio a Skiantovsky.
Quando il gatto vide i due cani correre nella sua direzione, saltò sul tavolo, in atteggiamento di difesa, rovesciando a terra succhi di frutta, limonate ed ogni altro tipo di liquido. Le due bestie si catapultarono sui tavoli, a loro volta, rovesciando persino il banco con i prodotti tipici degli appezzamenti di terreno delle suore. Caddero a terra circa dieci litri di olio, che cominciarono a spandersi intorno. Il violoncellista paffuto lasciò il violoncello con una corda mancante e cercò di dirigersi verso il tavolo del bouffet, per acchiappare almeno un pezzo di polpettone con le patate, il cui profumo era giunto fino alle sue narici, tormentandogli lo stomaco. Quando mise piede sulla enorme chiazza d'olio, scivolò alla grande, moltiplicando, nella caduta, il suo peso fino all'ennesima potenza, in direzione del sindaco e sua moglie, "la freccia", che, nel frattempo, cercavano di raggiungere una delle uscite di sicurezza. I due furono travolti e schiacciati dalla damigiana volante. Il dietologo aveva seguito il suo assistito con lo sguardo, fino al lungo tavolo e si era precipitato, nel tentativo di fermare quella mano paffuta, in procinto di commettere il delitto. Scivolò anche lui sulla chiazza d'olio, per circa due metri, facendo strike con tre carabinieri in alta uniforme. Le suore si nascosero sotto i sedili, nella speranza che qualcuno si ricordasse di loro, ma ognuno pensava a mettersi in salvo. Il tenente Modesti, ancora rapito dai suoi sogni di gloria, udito l'urlo che smascherava i kamikaze, sfoderò la pistola e prese a sparare in aria.
Il Cavaliere Mancuso, al grido dei kamikaze stranieri aveva compreso:<<Presto, alzatevi chiamate i pompieri!>> e si era messo a chiamare col telefonino il centralino dei vigili del fuoco.
Mustafà, vista la scena dello svenimento della Duchessa, si era diretto verso Skiantovsky e cercava di strappargli la sua amata dalle braccia. Diedero vita ad un vero e proprio tira e molla, nel quale la Cocca Allocca, ripresasi dallo svenimento, era tirata a destra e a sinistra, in preda ad una crisi di nervi. Il petroliere digrignava i denti e gridava in arabo a Skiantovsky :<<Ti getterò in un pozzo di petrolio, farò della tua testa pelata un tamburo per i miei figli, ti farò castrare, farò di te un eunuco!>>. Skiantovsky ribatteva :<<Qualunque cosa tu stia dicendo, a te e a tua sorella!>>.
Nessuno dei due ebbe la meglio, perché a Mustafà rimase tra le mani la maglietta di cashemeer della Cocca, mentre Skiantovsky dovette accontentarsi della volpe scuoiata.
La duchessa rimase mezza nuda e sulla schiena le si scorgeva, in bella mostra, un tiro a bersaglio tatuato, con tanto di punteggi, dall'esterno fino al centro. Gli spazi esterni contenevano la seguente frase " Ritenta, sarai più fortunato!", mentre al centro vi era scritto "Hai fatto... splash!"
Chi mai potevano essere i giocatori di questo strano tiro al bersaglio? Quale mai poteva essere il contesto ed il modo con cui aveva luogo il gioco? Perché la duchessa, integerrima donna, si prestava a simili pratiche? Tutti zittirono, qualcuno esclamò :<<Ooooh!>>, perché quello strano tatuaggio era il segno che contraddistingueva la dea delle dee di tutti gli iniziati alla setta del Dio Bibò, una setta di origine tribale che stava andando molto di moda tra personaggi di un certo rango e ceto sociale. Un documentario dato alla televisione, la sera prima, aveva svelato dettagli e particolari circa i riti di iniziazione per i quali, gli iniziati, in occasione del debutto, dovevano fare centro, in gergo "splash" sulla schiena dell'ape regina, il capo indiscusso della setta, di cui nessuno conosceva nome, cognome e volto e che appariva durante i riti, coperta da una tunica e da un cappuccio. Al momento del famoso giochino, l'ape regina toglieva soltanto la tunica e si girava di spalle.
Ognuno trasse la propria personale conclusione e la tenne per sé, sottolineandola con sguardi di disappunto o risatine feroci ed ironiche.
Intanto, ci pensarono i pompieri a fare splash, quando giunsero annunciati dalle sirene spiegate e sommersero tutti con un gettito d'acqua lanciato in direzione del bersaglio, sulla schiena della Cocca. L'acqua cadde dappertutto, bagnando i presunti kamikaze, i due cani che ancora seguivano il gatto, Skiantovsky e Mustafà, le suore, le valchirie e le dame, il quadro di Madre Pia, in bella mostra su una delle pareti.
Uno solo tra i presenti aveva dormito per tutto il tempo, non accorgendosi per un solo attimo di ciò che fosse accaduto. Costui era il Cardinale.
Destatosi ed accortosi dell'acqua che cadeva su di lui sotto forma di goccioline, esclamò:<<Benedette previsioni! Lo fanno apposta a farmi bagnare. L'avevo detto al mio segretario che bisognava portare l'ombrello!>>
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