È arrivato alla spicciolata, confondendosi tra i pazienti. Appena ha potuto si è avvicinato presentandosi come il nuovo tirocinante. I neo dottori in medicina devono adempiere ad un mese di tirocinio, presso lo studio di un medico di base. L'ho subito accompagnato dal dottore titolare ma prima, d'amblèe, gli ho detto:< Si chiama Roberto? > ed egli a me... <No, Giuseppe >.
Me ne sono tornata nell'angolo che accoglie il mio lavoro di segretaria, dandomi della scema. Cosa mi è volata per la testa?! Che caspita di domanda vado a fare?! Si, questo giovane è identico a Roberto, il mio Roberto, il mio primo amore nato fra i banchi del liceo, che ora è un ortopedico di sessantanni e che non vedo da quaranta.
Il dott. Giuseppe ha la stessa altezza, stesso naso "importante", stesso modo di camminare, stesso sorriso a trentadue denti candidi, stessa montatura di occhiali... solo ha un ciuffo di capelli elettrizzati, mentre negli anni settanta i ragazzi li portavano un po' lunghi ma per il resto... somiglianza perfetta.
Rivedo Roberto avvicinarsi quel giorno, per chiedermi con tenerezza, se avesse potuto accompagnarmi alla fermata dell'autobus che doveva riportarmi in paese. Sorpresa alquanto acconsentii e da quel giorno, finite le lezioni, soleva lasciare accanto alla scuola la sua moto-Guzzi rossa fiammante, faceva quel lungo tratto a piedi con me fino al piazzale degli autobus, poi a ritroso la stessa strada e cavalcando la sua moto in due minuti arrivava a casa. Era figlio di un capostazione e viveva accanto alla stazione ferroviaria. Lo trovavo puntualmente alla finestra a salutarmi ancora con la mano, perché io puntualmente, salita sull'autobus, sedevo dal lato giusto e dalla parte del finestrino per fargli ciao. Mi diceva che ero diversa dalle altre... sfido io... ero sicuramente la più sprovveduta. Sei mesi a tenersi per mano durante il tempo della ricreazione, un solo bacio sulla mia fronte, imbranatissimi entrambi come solo si può essere a diciassette anni. Non ricordo perché finì, ma che si piangeva entrambi si che lo ricordo. Ho ancora il suo disco a quarantacinque giri con la voce di Giorgio Albertazzi che declama fra l'altro < io non so perché tu sei tanto bella ed io innamorato di te...>. Solo a lui potevo sembrare bella. Mi regalò anche un tomo di Freud dal titolo "Introduzione alla psicanalisi": ormai ha pagine ingiallite dal tempo ma è ancora con me.
A fine lavoro ho cercato di spiegare la mia iniziale e insulsa domanda con la storia della somiglianza che avevo ravvisata, aggiungendo: < Ma aveva gli occhi verdi>.
Il dott. Giuseppe togliendosi gli occhiali: < E i miei come sono?!>. Verdi!
Per una sorta di pudore non li avevo ben osservati. Domani guarderò le sue mani: se hanno qualche pellicina tirata intorno alle unghie è proprio il mio Roberto, tornato per un po' solo per i miei occhi.