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Io e Wilson (prima parte)
... talvolta, nella vita, l'imponderabile decide di intervenire nelle nostre faccende.
Perché si sono ingarbugliate, sono quelle sbagliate, o non sono le nostre... chi lo sa?
E allora è necessaria un po' di luce, ricordare cose dimenticate, cose amate e poi scordate, cose credute e poi dubitate...
Il più delle volte tale intervento è così lieve, così discreto da non essere neppure rilevato, e la nostra mente indaffarata attribuisce al caso l'inatteso soccorso.
Ma qualche volta, nella vita, a qualcuno, l'imponderabile si manifesta con forza perché, forse, così è necessario... anzi indispensabile...
E allora la realtà, l'immaginazione e il sogno si confondono e si amalgamano, perché solo in un luogo dove non c'è tempo e non c'è spazio possono incontrarsi...
Là dove avvengono i miracoli...
... questa è la storia di me e di Wilson, e del nostro incredibile viaggio durato sette giorni, o sette ore, forse sette secondi... non so. E io la racconterò servendomi delle parole che da sole verranno a riempire queste pagine.
Non cercherò di farne una favola, né di affermarla come realtà.
Lascio il lettore libero di farsene l'idea che vorrà, perché è così che deve essere.
Avrei voluto serbarla per me, e custodirla come si fa coi doni preziosi.
Ma nessun dono è davvero prezioso se nessun altro può goderne.
Devo questo alla saggezza universale, alla sua lungimiranza, a tutti quelli che non smetteranno mai, o hanno voglia di ricominciare a sognare...
ma soprattutto devo questo a Wilson, che mi ha insegnato tutte quelle cose che già sapevo, e credevo e amavo, ma che avevo dimenticate.
... quando fui a un terzo della caduta seppi che tutti i miei problemi potevano essere risolti. E fu l'unica certezza assieme al fatto che non mi importava più niente dei miei problemi perché l'unico problema era che stavo cadendo, e non sentivo più le gambe e le braccia, eppure mi muovevo a una velocità folle... a tratti mi sembrava di galleggiare, e poi di precipitare...
Seppi di aver sperimentato tutte le leggi fisiche, e che queste erano vere... il mutamento spazio - tempo dell'alta velocità, l'assenza di gravità, l'assenza di peso, la rifrazione ottica, l'effetto Doppler...
Queste cose le pensavo una dietro l'altra, non nell'ordine nel quale si verificavano, ma in ritardo... pensai al ritardo del segnale del satellite quando hai due televisori accesi, uno collegato al satellite e uno no... pensai che forse tutto succedeva perché avevo mangiato una cosa piena di colesterolo cattivo, ricordai che era buonissima, ma non ricordavo cosa fosse...
Sotto di me c'era l'acqua, tanta acqua... lo sapevo perché luccicava, ma era lontanissima, era al fondo di questa specie di non so cosa che mi tirava giù, o forse su... perché a tratti mi sembrava che invece di cadere salissi... e quello che prima era sotto era sopra di me... e il cielo diventava d'acqua.
Anche il vento soffiava da direzioni sempre diverse, e sentivo che mi muovevo in circolo e contemporaneamente cadevo... mentre la faccia del mio gatto con gli occhi gialli spalancati, il vestito a fiori che non avevo ancora comprato e le pagine del mio diario ruotavano assieme a me...
Ero finita in un vortice di bassa pressione e cadevo perché ero troppo pesante... più del vapor acqueo...?
Anche la cosa piena di colesterolo cattivo ruotò intorno a me, senza che io sapessi ancora una volta riconoscerla...
Solo, sapevo che il cuore batteva così veloce che non potevo sentirlo e tutti i miei sensi erano stranamente potenti.
Le percezioni erano così forti e così rapide che il pensiero era impossibile... tutto mutava continuamente, tutto si allontanava da me e un altro tutto si avvicinava.
Tutto e il contrario di tutto. Un tutto che non conoscevo, o forse era quello che conoscevo che aveva mutato aspetto, per la velocità o perché era il mio punto di osservazione a mutare continuamente...
Mi sembrava di far parte di un sistema elastico in cui ogni cosa era dapprima piccola, poi si allungava, poi era di nuovo piccola, poi spariva... e un'altra cosa si sostituiva a quella, e poi un'altra... a velocità incredibile che quasi di nessuna di esse avrei potuto affermare che esistesse davvero.
Alberi, pinnacoli di roccia, frammenti di terra e miriadi di particelle di pulviscolo scivolavano alla mia stessa velocità ma in direzione opposta. Intuivo le loro sagome deformate e sfuggenti, desiderai che qualcuna di esse si fermasse e che io mi fermassi e che tornasse tutto come prima... ma durò solo un attimo, perché nuove impressioni e nuove visioni si susseguivano rapidissime, si sovrapponevano, si confondevano, sparivano, poi ritornavano...
Sentii che le stavo perdendo, e che di nuovo mi muovevo in circolo... amai ogni cosa come mai avrei saputo di poter amare, provai molta pena.
Ancora cercai di afferrare qualcuna delle cose che fuggivano a tratti intorno a me, perché potesse trattenermi e spiegarmi... e perché anch'io potessi spiegarle... non so che cosa, ma provai questo desiderio intenso... un granello di pulviscolo mi fu improvvisamente caro, infinitamente caro... ma il tentativo fallì.
Le mie mani, le braccia, le gambe e tutto il mio corpo non eseguivano nessuna mia volontà... ma quella di forze sconosciute e diverse che non sapevo riconoscere né controllare... non mi appartenevano più.
Nessuna delle cose che erano state mie mi apparteneva più. Erano infinitamente lontane, e forse anch'io per loro.
Il fatto che non riuscivo a comandare nessuna parte del mio corpo me lo rese estraneo, estraneo alla mia volontà.
Sentii di essere una cosa diversa da lui, e lui da me... che pure sapevo essere mio da sempre, che amavo e con il quale ero tutt'uno... da sempre.
Così credevo, così avevo sempre creduto, ma ora lui, il mio corpo, non ubbidiva alla mia volontà... ma alle forze della fisica, come fa qualsiasi oggetto.
E io, che cosa ero? Dov'ero io, veramente? Perché non avevo alcun potere?...
Dove stavo andando? Stava per accadermi una cosa brutta o una cosa bella? Non potevo saperlo, perché non ero capace di dire quale fosse una cosa brutta e quale fosse una bella.
Ero come paralizzata. Mi sembrò che tutto l'universo si muovesse intorno a me alla velocità della luce, mentre io, immobile e inconsistente, mi abbandonavo sempre più a qualcosa che non sapevo che fosse e neanche che esistesse... avevo smesso pure di farmi domande.
A un certo punto il paesaggio di alberi, rocce e pulviscolo sparì, e al suo posto apparve una specie di tunnel nero dove le scene della mia vita e di quella degli altri apparivano e sparivano nello stesso ordine disordinato e irreale delle visioni precedenti.
Alla fine del tunnel c'era sempre la cosa che luccicava, ma non ero più sicura che fosse acqua perché mandava bagliori strani e sinistri, e aveva un aspetto rigido...
Di tutte le cose che vidi, questa fu l'unica a non sparire mai dalla mia vista...
Anche se guardavo da un'altra parte, sapevo che era lì. Mi aspettava.
E io la raggiungevo, ma nello stesso tempo nuotavo verso riva, dopo che avevo fatto il bagno al largo con a. j.
Una scintilla di felicità mi invase. Solo una scintilla...
Seppi che quella scintilla sarebbe bastata a riempire la mia vita di felicità, assieme ad altre miriadi di scintille... se solo glielo avessi permesso.
Era tardi? Era tardi.
Vidi la mia famiglia seduta intorno al tavolo per la cena, e le persone che avevo amate e che amavo.
Sentii i loro pensieri e seppi di essere amata. Provai pena e vergogna. Poi, più nulla.
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2 recensioni:
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- Un vissuto raccontato con maestria... Intenso nel suo costrutto...
- Forse immagino chi sia Wilson... Ma il tuo racconto scritto con intensità .. perchè vissuto.. Mi ha preso e preferisco leggerti piuttosto che commentare Wilson... Piacevole lettura... l'ho letta tutta d'un fiato.. Colpita dalle tue descrizioni dettagliate. Complimenti
Chira il 07/10/2013 17:58
Ho sentore di un'esperienza di "premorte", o è solo immensa fantasia, comunque: scritto benissimo e attendo la seconda parte.
Originalissimo scrivere. Molto interessante e godibile!
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