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L'ultima strada

"La conoscenza è l'architrave della nostra vita. Scarica il suo peso su ambo i lati, le azioni, e sorregge tutto quanto vi è sopra, i pensieri."
La leggo con fatica, i caratteri incisi nella roccia sono coperti di polvere. Soffio con vigore e do qualche colpo con la mano, per scrollare dalla pietra gli ultimi residui.
Bellissima.
Ci saranno centinaia di massi lungo il bordo della Yellowstone Highway, è incredibile che mi sia seduto proprio su questo, e ancor più incredibile è che qualcuno abbia deciso di rilasciare le sue riflessioni qui.
Probabilmente sarà stato ubriaco, o tormentato, o entrambi.
Magari guidando, nella notte, avrà sentito il bisogno di accostare e togliersi un peso.
Difficilmente lo immagino a piedi, a camminare su una strada lunghissima fra uno stato e l'altro. Non credo ci sia qualcuno abbastanza pazzo da farlo davvero. Qualcuno a parte me.
Non che volessi questo per me, mai stato un tipo da "sentiero avventuroso".
La vita aveva una linea ben definita, quella linea che io avevo tracciato, per me, Becky e la mamma.
Avranno già chiamato la polizia ormai.
O forse staranno aspettando, tenendo stretta la speranza ch'io ritorni.
O forse entrambe, per evitare guai peggiori.
C'è un lago alle mie spalle, ma sono troppo stanco per girarmi e guardarlo. Ripenso a quell'estate alla riserva indiana, tutti insieme.
Ricordo il volto di papà. Amava quelle gite, il clima della partenza, il viaggio intriso di storielle divertenti, i racconti più o meno inventati, e soste improvvise alla prima tavola calda.
"Quello che vedrete, non lo dimenticherete facilmente".
Lo diceva sempre, ad ogni viaggio, a prescindere dalla meta. Il suo scopo era incuriosirci e renderci entusiasti allo stesso tempo, ancor prima di arrivare. E ci riusciva sempre.
Sembrano passati millenni.
Se si esclude il gruppo di motociclisti quasi un'ora fa, non passa una macchina da almeno tre ore.
Non ho paura, anche se dovrei.
Non sento nulla, so solo che devo andare avanti, proseguire lungo la strada.
Il conducente dell'autobus era stato chiaro, mi avrebbe portato fin dove poteva, e il "poteva" aveva termine una fermata prima di quella dei vigilanti che controllano i biglietti.
Io non avevo protestato, andava bene. Sarebbe andata bene qualunque cosa purchè mi portasse lontano da dov'ero, e senza un dollaro non avrei potuto avanzare grandi pretese.
Mi sposto dalla roccia al terreno, per potermi appoggiare e far riposare le spalle.
In testa, ancora l'immagine della mia famiglia. Penso alla mamma. Per qualche strana ragione istintivamente mi torna alla mente la sua voce rotta dal pianto, al microfono, al funerale di papà.

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1 recensioni:

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  • stella luce il 28/10/2013 17:09
    un racconto molto penetrante direi... se si può usare questo termine... il racconti di emozioni che ti entrano dentro mentre leggi... le azioni hanno il peso sui nostri pensieri e spesso finiamo con l'esserne calpestati... un racconto molto bello ed intenso...

1 commenti:

  • Massimo Bianco il 30/10/2013 12:41
    Un buon, doloroso, racconto che cresce riga dopo riga.

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