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Desolate

Sono stato svegliato dal ronzìo di un moscone. Sbatteva eroicamente dapprima contro il vetro della finestra e poi contro il vetro dello specchio. Mi ha fatto pensare alla condizione dell'uomo inquieto. Sbattere nei vetri della stanza della vita.


Da qui, da questo ponte sulla vita, scruto e non mi bagno. Mercati di quartiere e teatri di strada: il fiume scorre. Gota alla ringhiera, marcisco tra desiderio di vivere e desiderio di capire.


Ho agito due volte col polpastrello dell'indice su di un mobile impolverato. Ho guardato controluce il binario ottenuto. Ho chiuso gli occhi e sono salito sul treno.


Inverno. Nei vetri appannati si specchia la mia mente. Disegno un cerchio con l'indice e ritorna la consueta veduta. È la mia mente che non schiarisce.


E fissi l'orizzonte desolato ma gli occhi non chiudi tuttavia; nemmeno quando è notte e vai a letto pensando di dormire. Ma proprio quando ti concedi un battito di ciglia come uno sbadiglio alla vita che non sai più se vale la candela, viene da dietro le spalle a sorprenderti: ti copre gli occhi con le palme della mano.


La furia del mare, le urla del cielo: son svenuto! Marinaio nella tempesta, ho lottato finchè ho potuto. Sbattuto sul ponte, cento volte caduto, la corrente ha portato il mio corpo muto. Mi son svegliato sulla riva e sentivo ancora la tempesta. Avrei potuto morire a cercare la vita così lontano ma mai avrei saputo della vita senza la tempesta. Ora cammino lungo la riva e raccolgo conchiglie.


Occidentedi passi veloci e di poco tempo. Di distanze che si accorciano e di affanno che cresce; Occidente di solitudini in masse pulsanti, di tutti attori sprofondati ognuno nella propria parte di spettatore.

 

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1 commenti:

  • oissela il 07/02/2014 09:19
    Racconto che è tutto un lampeggiare.
    Dopo la tempesta arriva sempre la quiete.
    Un buon lavoro a mio avviso. Ciao.
    Oissela

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