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Il lumino 3

Lo portò fino a casa quel piccolo e ostinato riverbero di luce.
Aveva superato indenne la salita sul pullman, il breve viaggio, e anche il vento gelido e insistente che da sempre soffia sull'ultimo tratto di strada che era costretto a fare a piedi: uno sterrato, un po' scosceso dal piano leggermente conico e con parecchie buche che lui oramai conosceva a memoria e che paradossalmente, contandole, lo aiutavano a trovare il passo che lo portava fino al cancello della sua abitazione.
Riuscì a difenderlo perfino dalle manifestazioni festose e un po' troppo esuberanti dei suoi due cani e dall'ultima, tremenda raffica di vento prima di chiudere il portone di casa.
Strada facendo si era quasi affezionato a quel cero tanto dal pensare di affidargli l'unica cosa a cui teneva veramente : la vicinanza dei suoi figli.
Questo pensava seduto davanti al crocefisso, a quanto gli mancava la sua famiglia e in qualche maniera quel Rossi glielo aveva ricordato amplificando il rumore della sua solitudine.


" È un ragazzo difficile e imprevedibile, ha superato le medie con difficoltà proprio per la sua vena da ribelle. Voglio che studi, che non resti uno zuccone! Te lo affido Valerio... te lo chiedo in nome della nostra amicizia."
Entrando in classe lo riconobbe subito il figlio del suo amico, non tanto per la straordinaria rassomiglianza, quanto per lo sguardo attento e aperto proprio del padre, capace di carpire con guizzi di acume ogni minimo movimento degno di nota.
Perché così era Giannetto: silenzioso e sempre presente anche troppo alle volte tanto che la sua vicinanza poteva sembrare per alcuni versi perfino appiccicosa.
Si era trasferito con sua madre al suo paese da poco tempo, il papà era altrove, non capì mai bene dove e proprio per questo nutriva quasi un senso di protezione verso quel bambino più piccolo di lui e questo Giannetto lo aveva intuito da subito, perché gli stava sempre alle costole e quando lo scacciava perché troppo piccolo per certi giochi pericolosi che fanno i bambini grandi, lui lo seguiva lo stesso ma da lontano, quattro o cinque passi per l'esattezza, così non lo perdeva mai di vista.
<<Se non la pianti di portarti dietro quel moccioso con noi non vieni più !>> gli disse un giorno il capo del gruppo dei grandi ma visto che quella silenziosa presenza, tutta occhi e meraviglia non gli si scollava di dosso e a dire il vero neanche lo voleva veramente, fu egli stesso messo in disparte e la cosa lo fece arrabbiare molto, tanto che decise di allenarsi da solo al salto del pozzo di Carninetto che prendeva il nome dal proprietario del campo, così avrebbe fatto vedere a quelli quanto grandi fossero il suo valore e il suo coraggio.
Meno male che Giannetto sua ombra e francobollo lo vide cadere dentro la cisterna, che non era molto profonda per la verità ma abbastanza per annegarlo, perché corse a chiamare aiuto senza perdere un solo secondo, mentre lui terrorizzato e anche un po' avvilito per non essere riuscito nell'impresa neanche con l'ausilio di una robusta canna, se ne stava immobile, senza reagire, con i piedi ben piantati nel fondo della nera voragine, come una statua con gli occhi chiusi e la bocca serrata ad attendere a un palmo sotto lo specchio dell'acqua che un angelo giungesse per portarlo in Paradiso.

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1 recensioni:

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  • Rocco Michele LETTINI il 25/02/2014 17:01
    Sempre piacevole scorrere questo tuo racconto, ormai a puntate. IL MIO ELOGIO

2 commenti:

  • loretta zoppi il 26/02/2014 07:03
    se non vi ho annoiato posterò l'ultima parte. Grazie a tutti
  • gianni castagneri il 25/02/2014 17:45
    confermo... piacevolissimo!

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