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Sogno o son morto?

— Sogno o son morto? —
 si chiedeva un'anima, prima di decidere se fosse il caso di piangere. 
 Era la prima volta che se lo chiedeva, perché non le era mai capitato prima di svegliarsi in un sogno e di poter considerare il mondo attorno così lucidamente. 
 A dire il vero non è che il proprietario di questa anima considerasse il mondo con la chiarezza che sentiva di avere ora, quando era sveglio, tanto che dire sveglio sarebbe fuori luogo. Confronto a ora si poteva quasi dire che, nello stato di veglia, lui dormisse

— Ma dove cazzo sono finito? —
 riprese con ansia, astenendosi dal provare a svegliarsi per paura di non riuscirci più

— Oh Cristo Santo, avrò mica mangiato troppo pesante ieri sera?

— Adesso ricordo, tutta quella birra fredda mi deve aver congelato il malloppone di cotiche nello stomaco
— Chi avrebbe pensato che il maiale potesse schiarire la coscienza? — 
a dire il vero non è che la sua fosse proprio una coscienza, assomigliava più a una lista della spesa, ma al confronto con la consapevolezza che aveva di solito, questa, oggi, la si poteva anche chiamare così

— Be', conviene approfittarne! —
 si disse, guardandosi la bianca veste, guardingo e sospettoso

— Tanto, per la vita di merda che facevo, anche se son morto chi se ne frega, dal momento che son qua a svolazzare, libero, in giro

— Mi spiace solo per tutte le cose che avevo da fare e che rimarranno lì a marcire—
 a dire il vero non è che avesse tante cose da fare, ma i due chili di maionese che teneva nel frigorifero gli pesava che marcissero
 — Non posso essere morto! —
 si risolse a pensare

— Non c'è neanche una lucina, né angeli o diavoli qui intorno, e nemmeno quella troia di mia madre, solo alberi e fiumi immobili

— Di miele... 

— Omminchiolina! Come di miele? — 
sotto quell'anima frastornata, intanto, in villaggetti piccoli piccoli, all'ombra di una sterminata foresta, una moltitudine di esserini con la testa grossa formicolava indaffarata. 
Riusciva a scorgere donne che lavavano panni, i quali non avevano l'aspetto di quello che indossava, almeno quelli che vedeva stesi ad asciugare, e il fumo che usciva dai comignoli era di un azzurrognolo denso. 

— Deh, sono finito nel mondo dei puffi... mai più cotiche d'ora in poi, lo giuro! 

— Domani mattina, se avrò il culo di svegliarmi nello stesso letto di ieri sera, me ne dovrò ricordare— 
l'aver giurato, con la solita incosciente leggerezza che aveva anche da sveglio, sortì uno strano effetto che fece fuggire, scomponendola in rapide folate calde, l'aria attorno a lui, e la sua gola si strinse d'ansia

— Dovrò anche dare una regolata alle canne che mi cremo, e dare un taglio al numero di narghilè— 
la situazione paradossale che gli stava addosso aveva appena cominciato a innervosirlo, quando una vociona avvolgente e serena, né maschile né femminile, prese a parlargli da un punto indistinguibile, lì fuori... 


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