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Winchester House
la Winchester House è una gigantesca villa situata a San Jose in California; essa fu la residenza di Sarah Pardee Winchester, vedova dell'industriale William Wirt Winchester che fu proprietario dell'omonima fabbrica di armi. Alla morte di quest'ultimo e della giovane figlia Annie, la donna, affranta e in preda ad una forte depressione, si convinse che la causa di tutte le sue pene fosse una maledizione lanciata su di lei e sulla sua famiglia dalle vittime delle armi Winchester. Sarah consultò un medium che le disse di lasciare la sua abitazione a New Haven ed andare ad ovest per costruire una grande casa per lei e per tutti gli spiriti dei morti caduti sotto i colpi delle carabine della famosa armeria, predicendole che sarebbe vissuta finché avesse continuato a costruire la casa. La vedova decise allora di edificare, con i soldi ereditati dopo la morte del marito, un grande chalet in cui avrebbe vissuto per il resto della sua vita e che avrebbe continuato a costruire fino al giorno della sua morte per placare gli spiriti. La casa, dovendo essere continuamente edificata, risultò colma di elementi architettonici bizzarri ed inutili: finestre che si aprono sul nulla, scale che non portano a niente, ascensori orizzontali, porte che finiscono sul tetto e molte altre stramberie di vario genere. I lavori, iniziati nel 1884 sotto la costante guida di Sarah Winchester, vennero eseguiti quotidianamente, 24 ore al giorno, 365 giorni all'anno per ben 38 anni, fino al 5 settembre del 1922, giorno della morte di Sarah, causata dalla peste, all'età di 82 anni.
Anno 1973. La giovane Allison, insieme a suo marito Adam e al loro figlio undicenne Colin, si erano appena trasferiti nella loro nuova abitazione, al 525 di S Winchester Blvd nel nord di San Jose in California; avevano ereditato questa strana villa di fine ottocento dopo la morte del ricco zio di Allison che gestiva la fabbrica di armi Winchester, conosciuta in tutta il mondo; la loro precedente abitazione era un piccolo appartamento nelle periferie di Santa Monica, troppo piccolo e costoso per i loro bisogni e per quelli del bambino, per questo motivo decisero di trasferirsi nello chalet appena ereditato, nonostante la complessità e la stranezza di questa struttura. Arrivati sul posto rimasero tutti molto impressionati, soprattutto per alcuni curiosi particolari dell'edificio: ad esempio c'era una finestra che non affacciava sul giardino, bensì su un'altra camera, la sala da pranzo precisamente, oppure un'altra dava sulla camera da letto e un'altra ancora era posta sul pavimento e poi c'era una porta che si apriva su un muro di mattoni. Tutto questo contribuì a far amare fin da subito il posto a tutta la famiglia, soprattutto al figlioletto Colin.
I primi giorni passorono in fretta, c'era molto da fare e sembrò non esserci nessun problema, anche se qualche volta capitava che Allison o Adam sentissero rumori provenire da varie parti della casa, oppure poteva succedere che oggetti messi in un determinato posto si trovassero poi in tutt'altro luogo; i due non ci fecero caso, attribuirono i rumori al fatto che la casa era molto vecchia e quindi qualche infisso o qualche mobile avvolte poteva scricchiolare, mentre si convinsero che gli oggetti fossero stati spostati da uno dei due all'insaputa dell'altro. Dopo la prima settimana si erano tutti ben ambientati, nonostante il problema di orientarsi in una casa così grande; tutti meno Colin. La curiosità e l'allegria iniziale erano scomparse, il piccolo era completamaente cambiato, stava spesso da solo, passava intere giornate senza dire nulla ai suoi genitori e soprattutto, in certi momenti, a Allison sembrava quasi che parlasse con qualcuno quando era chiuso nella sua stanza. -"Si sarà fatto un amico immaginario"- pensò la giovane donna-"è difficile per un bambino fare nuove amicizie in una città così grande".
Allison non aveva lavoro e trascorreva gran parte del suo tempo a prendersi cura della casa; un giorno, mentre stava ripulendo la finestra che dava sul soggiorno, le sembrò di sentire un lieve gemito provenire dalla camera da letto, andò a controllare che tutto fosse in ordine e poi tornò alla sua occupazione imputando l'avvenuto alla sua immaginazione, era molto stanca. Qualche minuto dopo, però, sentì chiaramente una voce femminile dire il suo nome. Iniziò davvero ad avere paura. Prese in mano una vecchia scopa e camminò lentamente verso la camera, chiedendo se ci fosse qualcuno. Entrata nella stanza, non vide nulla neanche questa volta. Il vecchio orologio a pendolo nel corridoio suonò e la fece sobbalzare, lei si girò e pensò -"Mezzogiorno, è davvero tardi, è da stamattna presto che lavoro, devo prendermi una pausa"- così si avviò verso la cucina. A metà strada si accorse di aver dimenticato la scopa, che le era caduta di mano per lo spavento, nella camera da letto, così tornò indietro a prenderla. Arrivata sull'orlo della porta, una terribile visione le raggelò il sagnue: nella camera, sdraiata sul letto, c'era una donna; questa aveva delle orribili escrescenze purulente sul volto e sulle mani e indossava un lungo abito nero ottocentesco. Allison corse via in preda al panico, ma nel precipitarsi fuori dall'abitazione inciampò su uno degli strani gradini -più alto rispetto agli altri- che componevano la scala che portava al piano inferiore; cadde giù lungo tutta la lunghezza della scalinata arrivando a terra priva di sensi.
Qualche ora dopo Adam tornò a casa e trovò la moglie riversa sul pavimento, corse da lei e cercò di svegliarla. Dopo qualche minuto la giovane riaprì gli occhi; vedendo suo marito scoppiò in un forte pianto liberatorio riferendo ciò che era successo. L'uomo tentò di rassicurarla dicendo che la sua "visione" era dovuta solo allo stress e alla fatica, le preparò un tè e la fece sdraiare sul divano in cucina.
Arrivò la notte. Allison era ancora turbata per l'accaduto e non riusciva a prender sonno; pensava di essere impazzita, di essere fuori di testa. Quando l'orologio segnò le tre in punto, sentì un pianto provenire dalla stanza di Colin. Si alzò dal letto per andare a controllare. Arrivata alla porta della camera del figlioletto il pianto si fece più intenso; non appena la aprì, però, il lamento terminò. Colin era a letto e sembrava che dormisse profondamente, sul suo viso non si notava nessuna lacrima. Allison era confusa e spaventata, era davvero strano quello che succedeva in qualle casa, c'era sicuramente qualcosa che non andava. Si voltò, richiuse la porta e tornò in camera da letto per raccontare tutto a suo martito. tentò di svegliarlo varie volte, ma Adam prendeva dei sonniferi per la sua insonnia e svegliarlo era molto difficile. Ci rinunciò. decise di stare sveglia tutta la notta e se sarebbe successo qualcosa avrebbe chiamato la polizia; non si era ancora accorta della cupa figura antropomorfa che la osservava dalla porta, immersa nell'ombra. Appena sene accorse, iniziò a tremare; cercava di chiamare Adam ma la voce non riusciva ad uscire. Era paralizzata dal terrore. La figura si avvicinò. I passi pesanti di quello che sembrava essere un uomo con in mano un fucile rimbombavano in tutta la casa. L'oscura figura si avvicinava sempre più, ad un certo punto fu abbastanza vicina da mostrare le sue fattezze: un uomo di mezza età, capelli scuri che risaltavano grazie al colorito pallido della pelle, un evidente ferita sanguinante sul petto, guardava Allison con i suoi occhi senza iride, alzando pian piano il fucile. In quel momento finalmente Adam si sveglò, lo vide anche lui, ormai non poteva più negarlo. Afferrò la moglie e la scaraventò giù dal letto proprio quando partì il colpo di fucile. Allison era salva, ma nel rialzarsi vide il corpo insanguinato del marito che era stato colpito. Con le sue ultime parole le disse di scappare. mentre l'uomo con il fucile posava ancora il suo sguardo sulla ragazza, quest'ultima si infilò nella finestra sul muro, quella che dava sulla camera da letto. Era entrata nell'armeria della casa, dove erano conservati i fucili; ne prese uno e tentò di sparare all'uomo, ma era sparito. A quel punto cercò di arrivare da suo figlio, loro due sene sarebbero andati per sempre da quell'orribile posto. La sua disperata corsa fu però fermata dal materializzarsi davanti a se di tre uomini, rassomiglianti a quello che aveva ucciso Adam, armati di fucili e coltelli; uno di loro aveva un grosso squarcio sulla gola, un altro era stato decapitato, l'ultimo invece era privo di gambe e strisciava sul pavimento lasciando lungo il suo percorso una scia di sangue. Allison provò a sparare, ma il fucile non funzionava; corse via, arrivò ad una scala, cadde, cercò di risalirla mentre i tre si avvicinavano sempre di più. Arrivata in cima, si accorse che la scala terminava nel nulla, c'era solo un muro di mattoni, era senza uscita, in trappola. Le sue grida riempirono la casa, fino a quando non si sentì lo sparo.
Colin, sveglato dalle urla disperate della madre, uscì dalla stanza. Passò davanti la camera dove giaceva il corpo del padre, seguì la scia di sangue lasciata dall'uomo senza gambe, arrivò alla scala senza uscita, dove trovò la madre esanime. La osservò per qualche minuto con lo sguardo perso, poi si girò. C'era una donna, ricolma di pustole, con un vestito nero; essa teneva in braccio una bambina che piangeva. Il bambino le osservò entrambe, poi la donna parlò -"Vai via"-, disse. Colin non battè ciglio, e uscì dalla casa. La porta, richiudendosi, fece cadere una vecchia fotografia sbiadita dal tempo in cui si poteva ancora notare la figura di una donna in abito nero che teneva in braccio una bambina. L'intestazione diceva -"Sarah Pardee Winchester e Annie Pardee Winchester"-.
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