Quand'ero piccolino, avevo paura del tacchino, della papera e dei polli. Con gli anni, furono loro a squagliarsela in ogni dove. Non sapendolo fare, finivano nel pentolone. Ero addetto alla macellazione e in famiglia mangiavano tutti con appetito. Mi avvicinavo alla trentina, allorché mia madre, cominciò a vessarmi con le solite litanie. "Alessio, bello di mamma, ti devi sposare e trovare una moglie, io sono stanca di cucinare e lavarti la biancheria." "Mamma hai ragione, ma dove la trovo una che sappia voler bene tanto a me, quanto a te?" "Figlio mio bello non ti preoccupare, una bella moglie te la trovo io, c' è la Lisa che è un buon partito, lavora in banca e ha i fianchi larghi." " È vero, mamma, che c'è la Lisa, con i fianchi larghi e potrebbe darmi bei bambini, ma va a ballare ogni sabato sera." Una volta la Lisa, una volta la Gina, un'altra volta Michela e poi la Fulvia, insomma mia madre voleva cacciarmi di casa. Anche lo stirare e il rifare il letto erano scuse, visto che avevamo due prestatrici d'opera, Bisognava accontentare mia madre, ragion per cui mi feci scegliere come marito da una raffinata glottologa e docente di lingue straniere. Ed è così che mi ritrovai con moglie e famiglia, ampliando la parentela. Realizzai una bella villa ed un pollaio, suscitando l'invidia dei vicini che con oh, ho, di meraviglia si stupivano nell'ammirare i polli giganti, pronti per la pentola. Il pollo può essere cucinato in tanti modi, ma va detto anche che prima di deliziare il palato, bisogna ucciderlo e spennarlo. Operazione cruenta alla quale ero abituato. Per non farli soffrire, ricorrevo alla decapitazione. "Barbaro, assassino, delinquente, i polli non si ammazzano in quel modo, bisogna farlo in maniera dolce e con delicatezza". "Tesoro, mi dispiace, vedi un po' tu come puoi farli fuori." La mia dolce metà mi prese in parola e mi sostituì nell'ingrato compito. Afferrato un coltellino a seghette e dopo aver spiumato un po' il collo della vittima, ne accarezzò la testolina. Infine si decise al grande passo e con delicatezza incise e non recise la pelle del pollo. Il poveretto venne meno per lo spavento. La glottologa, mi pareva Diana la dea della caccia ed io ne ammiravo movenze e sensibilità. Il filo di sangue che rosseggiava sul pennuto esamino, mi richiamò alla realtà. La vidi piegarsi, prendere il volatile e adagiarlo nel pentolone borbottante. Poi e... poi apriti cielo! Strillo della Dea e Pennuto saettante su un basso ramo di fico. Va da sé che il pollo non finì in padella e che venne addirittura soccorso e curato.