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Andata e ritorno
Uno scampanellio impertinente avrebbe indotto Alessia a buttarsi giù dal letto precipitosamente per andare ad aprire. Lo ignorò; rimase raggomitolata nel letto impigrita, non aveva voglia di iniziare la solita giornata di lavoro. Il tepore sotto le coltri la confortava e stette ad occhi chiusi sotto il lembo del lenzuolo che le mascherava gli occhi dalla prima luce del giorno. Risentì suonare ma ancora stirò le membra provando una sottile soddisfazione nel lasciare che quel qualcuno la stesse aspettando fuori dall'uscio. Non era solita farsi attendere ma quel mattino voleva rivalersi di tante sofferte estenuanti attese.. Provò ad immaginare chi potesse essere ma non le venne in mente nessuno.
"E se fosse la vicina bisognosa di qualcosa?" Pensò tra sé e sé. "Non sarebbe un grosso problema potrebbe sempre rivolgersi all'altro inquilino."
" E se fosse mia sorella? Ma no, mia sorella non può essere; non viene mai a trovarmi, tanto meno di sorpresa."
" E se fosse il vigile che vorrebbe che togliessi la macchina posteggiata proprio dove non si può e che per questo mi contesterebbe il fatto con una insopportabile multa?"
Tutte queste ipotesi non fecero che riassopirla nel dolce torpore che tanto facilmente invita dopo il risveglio. Un dormiveglia breve che subito riporta nel sonno. Si riaddormentò e dormì senza sogni per altre due ore e quando si risvegliò, questa volta era ben desta ma il campanello si era zittito. Si rizzò a sedere mettendo le gambe giù dal letto. Andò nella stanza da bagno lasciò scrosciare l'acqua nella vasca e vi vuotò dentro a colpetti di mano, una fialetta di essenza di sandalo. Non amava la schiuma nella vasca, preferiva la trasparenza azzurrina dell'acqua profumata. Qualcuno le aveva detto che la mela nell'acqua del bagno le avrebbe tonificato la pelle; ma ad Alessia non piaceva proprio l'idea di veder galleggiare nell'acqua le fettine gialle che solitamente sgranocchiava a tavola. La sua pelle inoltre era ancora liscia e perfetta e dopo il bagno sarebbe divenuta rosea, fragrante.
Si lasciò cadere nell'acqua calda rimanendo ferma per alcuni minuti prima d'iniziare a passare la spazzola sulla pelle. Dimenticò lo scampanellio, non aveva fretta. Quello era il suo giorno di riposo ed avrebbe fatto tutto con molta calma. La vita ansiosa di ogni giorno le era divenuta insopportabile; sentiva il bisogno di rallentare, di pensare ad altro, sognando altri luoghi, altro ambiente per uscire dal l'orizzonte divenuto troppo angusto nel quale viveva: Casa Ospedale, ospedale casa e soltanto di tanto in tanto andava al cinema con qualcuno. I suoi giorni di riposo, essendo quasi sempre in giorni feriali, non coincidevano con quelli delle amiche. Soltanto le colleghe potevano essere disponibili ad andare con lei. Perciò normalmente rinunciava anche a quel piccolo svago. Viveva sola e nelle ore di lavoro incontrava i colleghi che facevano il turno con lei in Ospedale. Tutto il resto era routine di medicamenti, di cartelle da riempire, di brevi dialoghi col Primario durante il giro mattutino nelle corsie.
Dolcemente si accarezzò il corpo immerso nell'acqua; Si sentì leggera! Con movenze molto somiglianti a quelle di un pesce si rigirò nell'acqua calda godendo di quella sensazione gradevole di leggerezza e di aria profumata. Un pensiero breve le ricordò l'origine ancestrale analoga a quella dei pesci: si rallegrò e ad un tempo s'incupì. Non le piaceva l'idea di essere discendente di un essere acquatico. Era contenta di essere parte della umanità presente, con il corpo che in quel momento le parve stupendo mentre compiaciuta se lo guardava nei particolari. Si toccò i piedi, li alzò oltre il bordo della vasca e s'accorse delle unghie rosa laccate di fresco e perfette. Strofinò i piedi, le gambe e su-su fino al seno. Roteò con le mani su entrambe le mammelle e... si fermò. Si fermò dapprima interdetta e subito, all'istante, sgomenta. Ella era infermiera, ella sapeva: Aveva un tumore"! Non poteva sbagliarsi! Si fece una diagnosi fulminea e fulmineo fu il groppo alla gola che le impediva di urlare. Non si mosse; non si precipitò fuori dalla vasca, le lacrime calde si confondevano con l'acqua del bagno. Doveva recarsi immediatamente in Radiologia per farsi dire ciò che mille volte aveva sentito dire ad altre donne, giovani come lei: "Lei signora ha un piccolo tumore alla mammella destra ed è necessario che si fermi subito per un urgente intervento"!
Alessia non si mosse, continuò a rimanere nell'acqua calda e profumata, rigirandosi voluttuosamente cercando di non dare spazio al pensiero angoscioso che l'aveva spaventata. Fu più lungo del solito il suo bagno e quando decise di asciugarsi era abbastanza tranquilla mentre sentiva la pelle traspirare abbondantemente nell'accappatoio soffice in cui si era infilata.
Con le pantofole di spugna rosa si recò nel salotto e chiamò il Reparto.
Tossì, come se glielo avesse chiesto il medico; un colpo secco inconsulto, come il gesto che si fa senza pensarci quando si perde la testa per una notizia che arriva d'improvviso.
"Bruna, Bruna! Fissami subito una ecografia al seno. Vengo tra un'ora. No, per favore non dirmi che non c'è posto. Non posso aspettare: Ho un "tumore", l'ho scoperto mentre facevo il bagno. Chiedi al Dr. Rosati di aspettarmi... faccio presto. Mi vesto e vengo. Grazie!"
Dall'altro capo del filo telefonico aveva sentito un silenzio totale, un vuoto; ebbe una vertigine come si trovasse sull'orlo di un precipizio, una sensazione di disgusto; non un gemito, non una parola; nessun commento dalla sua collega che le rispondeva a monosillabi professionali tanto brevi quanto stupidamente insufficienti.
Quante volte aveva risposto lei allo stesso modo anche alle richieste più drammatiche! Non riuscì a pensare alle sue mancanze in quel momento. Ora era lei ad aver bisogno ed il suo comportamento era quello della persona bisognosa, impaziente, impaurita.
Si ritrovò nella sala d'attesa senza alcuna speranza d'essersi sbagliata. Il medico venne poco dopo e la invitò ad entrare sorridendole troppo rumorosamente.
Alessia si spogliò e gli mise tra le mani il proprio seno tondo e turgido di giovane donna.
Egli palpeggiò, palpeggiò più volte. Indugiò sotto l'ascella destra approfondendo l'indagine. Alessia sobbalzò! Aveva sentito male, un dolore circoscritto ma acuto.
Scoppiò in un pianto irrefrenabile, come di bambina. L'amico medico le accarezzò la testa dicendole parole rincuoranti, prospettive incoraggianti.
Alessia lo guardò da sotto in su e senza smettere di piangere urlò:
"È mai possibile che mi debba venire un tumore adesso? A ventisei anni, proprio mentre la mia vita si sta avviando bene dopo tanti di sacrifici? No, Dottor Rosati. Non è giusto, è una infamia della natura..." e gridando: "Io non accetto, io non lo voglio accettare, io mi ribello!!!"
"Si calmi Alessia! Si fidi, si affidi a noi. Lei sa bene quante persone guariscono... abbia pazienza e venga in reparto, la prepariamo e la opererò io stesso".
Si svegliò sotto lo sguardo penetrante di un giovane che le stava vicinissimo in attesa di vederle riaprire gli occhi. Lo riconobbe: era il giovane cappellano dell'Ospedale. Erano diventati amici da quando, appena arrivato in Ospedale, le aveva chiesto di accompagnarlo alla mensa. Vi erano andati in seguito insieme ogni giorno e sempre avevano trovato qualche cosa da dirsi. Avevano parlato tanto, si erano conosciuti ed il rapporto di reciproca stima, li aveva mantenuti uniti, specie nelle situazioni incresciose in cui ella si smarriva e chiedeva all'amico di chiarirle le idee per ritrovare la calma. E il giovane prete riusciva ogni volta a convincerla che qualunque sgradevole fatto non poteva bastare a toglierle la pace. Toccava i punti giusti del suo animo con parole chiare e sincere ed Alessia si lasciava correggere in totale fiducia.
"Alessia, aspettavo che ti svegliassi per dirti che io sono qui e che sono felice per come sono andate le cose. Sei stata operata subito e bene e il medico è molto soddisfatto. Come ti senti?" Le chiese allargando ancor più il suo ampio sorriso.
"Sto bene!" Rispose la giovane a voce bassa, ancora intorpidita dal sonno.
Sentì sulla sua la mano grande e calda del giovane che premeva per infonderle speranza.
Alessia si stizzì, rigettò la sua mano e gli disse: "Sì, sì, so bene come si fa in questi casi...!!! Tutte frottole, voi non sapete un bel nulla. Dovrò affrontare tutte le terapie cattive e spesso tanto vergognosamente inutili. Diventerò orrenda e calva ed avrò vomiti e diarree, Dio sa fino a quando... probabilmente fino alla fine!"
Il sorriso del giovane sparì. Il suo sguardo si fece intenso e sommessamente provò a dirle che doveva sentirsi amata, molto amata e che doveva avere fiducia.
Alessia chiuse gli occhi e ammutolì. Il giovane si rattristò e si alzò per andare a confortare altri pazienti.
Entrò Bruna, e a voce alta chiamò:
"Alessia alzati, è ora che ti prepari per andare a casa!" Le disse accendendo offensivamente la luce. "Tra poco passerà il medico e ti dimetterà. Fatti trovare pronta."
Aveva dormito un sonno profondo, farmacologico; vagamente ricordava i fatti del giorno precedente.
Alessia conosceva la prassi. Si sentiva debole ma non aveva dolori. All'arrivo del medico si fece trovare pronta e rispose al saluto brevemente, con un lieve sorriso di gratitudine.
"Spero di non dover ritornare più qui"!
"Vedrà che non sarà necessario. Faccia tutto quello che le ho prescritto su questo foglio senza omettere nulla e ritorni da me tra un mese per la visita di controllo. Le sue amiche le renderanno meno pesanti le terapie con la loro bravura ed anche il loro affetto."
"Grazie!" rispose Alessia andandosene dalla porta come stesse per fuggire.
Incontrò il prete nel corridoio. Forse la stava aspettando. Lo guardò come lo vedesse per la prima volta e si accorse di quanto fosse bello e dolce il suo sorriso. Gli rispose con trasporto, gli prese le mani e fissandolo negli occhi gli mormorò sottovoce: "Ora ritorno a casa mia, alla mia vita di sempre anche se questa esperienza avrà uno strascico. Ma sono sicura che poi potrò dimenticare questo brutto momento. Lei mi ha inculcato una speranza nuova; mi ha infuso una gioia sconosciuta che è stata capace di dissipare le mie paure."
Gli prese le mani e vi pose le labbra. Il giovane le raccolse il viso e lo baciò.
Fuori splendeva il sole ed Alessia pensò: com'era bella la città quel giorno. Salì sul taxi e sulla via del ritorno si sentì grata per tutto quello che vedeva: le case, le piante, il cielo e la gente che distratta ed ignara camminava nella via. Davanti al portone di casa il cagnolino della custode le venne incontro scodinzolando per farle festa come fosse assente da tanto tempo. Ed era sì passato molto tempo, un enorme spazio di vita nel quale Alessia si era trasformata. Si sentiva stranamente bene, meglio di quando era corsa, soltanto il giorno prima, all'Ospedale. Era cambiato il suo cuore, era cambiata la prospettiva di una vita diversa, più consapevole, più matura.
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1 recensioni:
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- Una storia sapientemente sequelata... lasciando meditare sugli intralci della vita che mutano le nostre giornate e il nostro stato d'animo... Un lieto fine consolante però... SERENA GIORNATA
- Scritto con garbo e intelligenza.
Oissela
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