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Io sarò Leggenda
Come siamo arrivati a questo? Come sono arrivato a questo? Com'è potuto accadere? Era inevitabile? Era scritto nel destino? È semplicemente una legge di natura? A noi succedono loro. Agli uni seguono gli altri. O forse... forse c'era qualcosa che avremmo potuto fare? Per non arrivare a questo dopo secoli, dopo millenni di grandezza. Millenni di grandezza che finiscono così, con me, un... un... uomo solo, stanco, affamato, coperto di stracci, che si muove come un fantasma senza meta, in un mondo fatto ormai solo di polvere, aria fetida, misere ossa e solitudine. Per quello che ne so, io sono l'ultimo, e se non è così chi verrà dopo di me non farà altro che prolungare la nostra agonia in un mondo che ormai non ci appartiene più. Ma una volta eravamo rispettati, eravamo più che rispettati, eravamo temuti. Vivevamo in quel limbo tra la realtà ed il mito, tra il mito e la fantasia. Ed a chi era dato sapere quanto fossimo reali non era concesso abbastanza da vivere per poterlo raccontare. L'ho detto prima: forse è una semplice legge di natura.
Mi piace pensare, per non rinnegare completamente la nostra grandezza, che forse tutto è cominciato da questo: dal nostro sterminato potere, che non poteva trovare rivali su questa terra se non in se stesso. Come un arco oscuro e potente, avvolto nelle tenebre, che si erge prepotente verso il cielo nero, per poi collassare su se stesso.
Mi tornano in mente le notti passate in ogni angolo del mondo: dalle luci scintillanti di New York, Roma, Parigi, fino alle periferie più degradate delle metropoli africane, tra gloria, dolore e perversione. Mi muovevo leggiadro tra la vita e la morte, tra il sangue ed altri nettari proibiti. Attraverso il tempo, dai chiostri dei castelli medievali, passando per i saloni dei palazzi dei nobili del settecento, fino ai giorni nostri, tra guerre, carestie, ma anche periodi di gioia e gaiezza. In ogni luogo ed in ogni tempo sono stato amato ed ho amato, sono stato temuto, perseguitato, scacciato, ovunque lasciai qualcosa, ma presi infinitamente di più. Ho concesso a pochi di condividere quello che sono, ed a conti fatti è stata la scelta giusta. Ma non è il momento di piangersi addosso, voglio restare me stesso fino alla fine, fino all'ultimo istante, fino al primo raggio di sole.
La notte sta invecchiando rapidamente, molto più rapidamente di quanto vorrei, ma forse, alla fine, è meglio così. Ora comincio a sentire veramente freddo, ma so che non è a causa del gelo: è la fine che si avvicina. Un enorme camion mi sfreccia accanto nella notte e mi fa barcollare, forse il conducente non mi ha nemmeno visto, o forse si, forse ha capito addirittura chi sono, che cosa sono, ma ha deciso che non valeva la pena di prendere freddo e tardare per occuparsi di me. È proprio la fine che si avvicina. Ancora barcollando seguo l'ombra del camion che si dirige verso le luci della città. Forse doveva fare una consegna nelle prime ore dell'alba, forse doveva dare il suo contributo all'inizio di un altro giorno su questa terra, fatto di piccole sfide, di delusioni e di soddisfazioni, di dolore e gioia. Alla fine credo che tutto sia nato da ciò, alla fine credo che noi invidiavamo loro, quel loro vivere con la consapevolezza che ogni bacio dato alla persona amata, ogni carezza, ogni momento passato con il nostro migliore amico, ogni attimo sarebbe potuto essere l'ultimo, assumendo proprio per questo un valore infinito. Alla fine alcuni di noi iniziarono ad andare a caccia non solo per sopravvivere, ma per dare libero sfogo al loro crescente odio, alla loro crescente invidia. Uscimmo da quel discreto limbo che ci proteggeva, accecati dal nostro livore.
Questo portò loro ad un passo dall'estinzione, ma poi loro seppero resistere, lottarono per sopravvivere e portarono noi all'estinzione. La nostra caccia senza criterio, senza la preoccupazione di tenere celata la nostra esistenza, portò tutti loro a combatterci. Quando la nostra presenza non fu più relegata nei confini del mito, tutti loro fecero fronte comune, persino le guerre che li avevano divisi per anni vennero dimenticate di colpo, differenti religioni, differenti stili di vita non ebbero più importanza: l'unica cosa che per loro ebbe importanza fu la nostra distruzione. Medici, scienziati, militari, semplici persone diedero il loro contributo. In una lotta convenzionale noi avremmo vinto sicuramente, nonostante lo spaventoso svantaggio numerico, ma ci fu uno di loro che scoprì l'uovo di colombo: una volta capito quello che noi volevamo da loro, non dovettero fare altro che renderlo inservibile, anzi di renderlo letale per noi. Un composto di aglio e nitrato d'argento, opportunamente trattato per non risultare pericoloso anche per loro, da iniettarsi nelle vene ogni volta che andavano alla nostra caccia, o quando noi li attaccavamo, o quando semplicemente uscivano di notte. Ve l'ho detto: era l'uovo di colombo. Molti di noi morirono nei primi giorni, quando ancora non sapevamo niente di questa loro arma. Il loro sangue si rivelò veleno, ridusse i miei compagni in cenere nel giro di pochi secondi. Al contrario di loro noi non sapemmo fare fronte comune, non sapemmo mettere da parte gli odi e le rivalità che laceravano da secoli i nostri clan. Ci facemmo prendere dal panico e questo accelerò la nostra distruzione. Le creature della notte giunsero al crepuscolo, se mi permettete il gioco di parole.
Un tenue grigiore sorge all'orizzonte, guardo di nuovo le luci della città; forse ce la farei a raggiungerla prima dell'alba. Forse potrei chiedere loro di convivere, forse potrei mettere le mie "capacità" al loro servizio, chiedendo poco in cambio. Dopotutto sono rimasto solo io, se loro hanno fatto tanto per evitare l'estinzione di squali, tigri ed altri animali pericolosi perché non dovrebbero fare lo stesso per me? Lo potrei fare, si, ma non voglio, non voglio diventare l'ombra di quello che ero un tempo.
Continuo a camminare fino a quando il grigiore all'orizzonte inizia a diventare un chiarore, mi fermo sulla strada, allargo le braccia e lascio che il mantello nero scivoli nel fango. Voglio vederlo, solo una volta, solo per un istante, ma voglio vederlo. Voglio vedere il sole. La linea dell'orizzonte inizia ad incendiarsi, e lo stesso fuoco inizia a bruciare nei miei occhi, ma resisto alla tentazione di distogliere inutilmente lo sguardo. Il sole fa capolino, quella sfera di fuoco che per loro è vita e per noi significa morte dà inizio ad un nuovo giorno. È bello il sole. Un'altra cosa che noi avremmo dovuto invidiare loro. È questo che penso nei circa due secondi in cui posso vederlo, prima che i suoi raggi mi brucino entrambi i globi oculari. Cado in ginocchio, mentre mi sembra che il mio intero corpo vada in fiamme. Porto la mano destra al volto, la sinistra già non c'è più, l'istinto mi dice di rimettermi in piedi, ma le gambe sono ormai solo due tronchi bruciati, se anche ci riuscissi, al minimo movimento, finirebbero in polvere.
Un refolo di vento si porta via gran parte di me, tra uno sbuffo di cenere e perdizione, ho ancora un briciolo di qualcosa che potrei definire coscienza, prima della prossima folata che mi farà sparire per sempre.
Quanto impiega una verità che tutti vorrebbero dimenticare a diventare mito? E quanto il mito a diventare favola? Cinque? Dieci generazioni? Nel mondo che verrà sarò questo: un mito, una favola da raccontare ai bambini quando fanno i capricci. Nel mondo che verrà, nel loro mondo, io sarò leggenda.
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1 recensioni:
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- Se "Ciaula scopre la luna" stavolta il Vampiro vuole vedere il sole che gli sarà fatale. Un racconto dell'ultima notte, prima della quiete. Bello.

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