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Le cinque Cause
Padrino e figlioccio.
C'era una volta un padre con dodici figli e questi volevano sempre mangiare. Quando nella pentola restava poca polenta, le cucchiaiate sulle mani erano tante. Quando non mangiavano, per ingannare tempo e stomaco, stavano sempre a litigare. Stava arrivando il Santo Natale e per le vie del paese si sentivano gli odori saporiti. In qualche famiglia si preparavano le pizze fritte e in altre biscotti e panettoni. Solo nella casa dei dodici figli c'era ben poco da sgranocchiare. La Vigilia di Natale, quel padre, che aveva un rapporto privilegiato con la fame e con la miseria, chiamò il più piccolo dei dodici figli e gli ordinò di andare a fare gli auguri al ricco Padrino. "Mi raccomando, devi dirgli buon Natale e tanti auguri e speriamo che ti dia qualcosa."
Il bambino, sballottato dal gelido e freddo vento cattivo, arrivò alla casa del Padrino. "Cosa sei venuto a fare, figlioccio bello?" "Il mio babbo mi manda a dirti, tanti auguri, buon Natale e speriamo che tu ci dia qualcosa". "Figlioccio mio, buon Natale e tanti auguri a te e famiglia, ma adesso torna a casa, perché fa freddo e ti sei bagnato" Il bimbo si mise a piangere e allora il padrino gli regalò un piccolo porcellino, che stava morendo e che la madre non voleva più allattare.
Come fu o come non fu, questo non si sa, ma quel porcellino non morì. Non solo non morì, ma pascolando l'erba buona e mangiando ghiande, un anno dopo, il porcellino diventò una magnifica bestia di due quintali e quattro dita di lardo. La vigilia di Natale fu trasformato in salsicce, bistecche, cotechini e tante cose buone e saporite. Il padre di famiglia chiamò il suo bambino, gli diede un pacchetto di carne e gli disse di andare dal padrino, fargli gli auguri e dargli il regalo. Fu così che il bambino, andò di nuovo alla casa del padrino, portandogli gli auguri e la carne. Il tempo era bello e il sole riscaldava le piante e gli animali. "Cosa vuoi?" "Caro padrino, il babbo ti manda questa carne, perché il porcellino che ci hai regalato non è morto. Non solo non è morto, ma è diventato una bestia di due quintali. Lo abbiamo ammazzato e a casa nostra è festa. Se vieni a trovarci, ti facciamo assaggiare il sanguinaccio saporito". Così parlò il bambino che sorrideva." Brutto disgraziato, riportati la carne e dici a tuo padre che se non mi da mezzo maiale, lo trascino in tribunale e lo faccio mettere in gattabuia". Così rispose quel tanghero di padrino. Mogio mogio il piccoletto tornò a casa e riferì al padre che disse: "Intanto mangiamoci anche questa carne e poi si vedrà". I dodici figli mangiarono la buona carne di maiale e bevvero la bola bola, mentre il padrino schiattava di rabbia. Fine del primo episodio. Guai e problemi. Come stavamo dicendo, il padrino schiattò di rabbia, ma non morì. Non solo non morì, ma andò dal giudice e denunciò Filippo, il padre dei dodici figli. Il tribunale, in cui si doveva fare la causa, stava nel paese vicino e per arrivarci, ci voleva quasi un giorno di cammino. Filippo andò dal compare che lo aveva denunciato e gli disse: Domani non vengo in tribunale perché fa freddo e non ho la giacca. Il compare gli prestò una giacca e disse : "Tu e i tuoi figli avete mangiato tutto il maiale, in galera devi marcire e in galera ti voglio vedere".
Era scemo e cattivo quel padrino, pidocchioso e brutto, in più era anche grasso e pelato. Come se non bastasse, era anche crudele e meschino. "Che tu possa ingrassare di un altro mezzo quintale." Fu l'augurio di Filippo. La mattina dopo il povero uomo partì per andare in tribunale e i dodici figli lo salutarono con gioia, dicendo: "Babbo torna presto e portaci qualcosa da mangiare". "A me la bola bola" aggiunse il piccoletto. La bola- bola è una bevanda nera, che pizzica e fa le bollicine. La strada era lunga e a Filippo successero un sacco di cose. In uno stagno fangoso stava un asino che non riusciva ad uscire fuori. Il padrone dell'asino, che era più asino della bestia, chiese aiuto a Filippo che lo aiutò. Il padrone tirava l'asino per le orecchie e Filippo lo tirava per la coda. Tira tu, che tiro io, Filippo si ritrovò con la coda dell'asino tra le mani. "Brutto disgraziato, pagami l'asino o ti attacco causa." Così minacciò e così fece il farabutto padrone del quadrupede... E sono due le cause in tribunale pensò Filippo che, camminando, camminando, vide un portafogli pieno di bigliettoni di denaro... Raccolse il portafogli e contò cento bigliettoni. Fu avvicinato da una signora con la pelliccia, che gli domandò se avesse visto del denaro. " Si, ho trovato un portafoglio con cento bigliettoni, ma tu me ne devi dare dieci, così come prevede la legge". La furbacchiona per non dargli i dieci bigliettoni gli disse che nel portafogli, ce n' erano di più e che gli attaccava causa in tribunale. E sono tre le cause, pensò Filippo che, camminando, camminando, arrivò davanti una bettola da cui usciva un soave profumo di baccalà. Tanto per cambiare, aveva fame. Allora, prese il suo pezzo di pane secco e cominciò a rosicchiarlo. Mah! lo sai tu? Quel pezzo di pane insaporito dal profumo di baccalà, era un bocconcino buono. La moglie dell'oste, che era incinta, gliene chiese un pochino. Filippo disse - Dolce signora, se mi date una scaglia di baccalà, vi darò meta del mio pane- - Il baccalà si paga- Rispose la dolce signora. - Niente baccalà, niente pane- ribatté Filippo. La signora si sentì male e non fu più incinta. Il marito della signora disse solamente -Ti attacco causa- Quattro cause!, pensò Filippo, entrando in tribunale dove tutti lo stavano aspettando, compreso il Giudice, che non aveva una bella faccia. Quel Giudice non aveva una bella faccia, ma aveva un grande cuore. Oltre a un grande cuore, quel giudice aveva un grande appetito e perciò disse a tutti: -Ritornate tra un'ora, perché devo mangiare e a stomaco pieno giudico meglio-. Filippo, con le gambe che facevano Giacomo, Giacomo per la debolezza, ebbe un momento di smarrimento e decise di farla finita. Salì sul parapetto di un ponte, chiuse gli occhi e si buttò giù. Si buttò giù e non ti casca su un povero diavolo, che accovacciato, stava concimando il suolo! Il povero diavolo disse solamente: - Brutto disgraziato, mi hai rotto una spalla e corro in tribunale ad attaccarti causa. Povero padre di famiglia! Quante rogne! Ormai era in ballo e doveva ballare. PRIMA CAUSA. Aperta la seduta di Giustizia, il Giudice che non aveva una bella faccia chiamò e ascoltò il compare cattivo che voleva il mezzo maiale. Sentì le sue ragioni e poi lo mandò a posto. Fece avvicinare Filippo al tavolo della legge e gli disse: - Dimmi come stanno le cose e poi emetto la sentenza- - Quello è pazzo, vostro onore e pensa che sia tutto suo. - Se gli chiedete di chi è la giacca che porto, vi dirà che è lui il proprietario.. Roba da pazzi! Il giudice si rivolse al compare cattivo e domandò: - Di chi è la giacca di Filippo-? - Ma è la mia, di chi volete che sia-? - Ho capito ed ecco la sentenza: Il vostro compare Filippo vi darà mezzo maiale e voi darete a lui, metà delle vostre mucche e metà dei polli e conigli che avete. - Non ci faccio - sbraitò il cattivo. -No! Devi starci, altrimenti gattabuia- -Allora ci faccio- SECONDA CAUSA- Cosa è successo, al vostro asino, buon uomo? -Cosa è successo, signor Giudice? Quel bipede asinino che è più asino del mio Asino, gli ha strappato la coda e io lo voglio vedere in galera. Punto e basta.--Voi avete ragione, ed avete diritto al risarcimento. Filippo si porterà l'asino a casa e dovrà dargli da mangiare. Quando, poi, all'asino ricrescerà la coda, deve restituirvelo. - Non ci faccio - sbraitò l'asinaio. -No! Devi starci, altrimenti gattabuia- Allora ci faccio- TERZA CAUSA- La Troiazza, si avvicinò al banco dell'accusa, si tolse la pelliccia e accavallò le gambe, facendo l'occhiolino al giudice. Espose le sue ragioni e gonfiò del triplo la cifra che diceva di avere nel portafoglio perduto. Il Giudice che per certe cose era avanti con gli anni sentenziò:- "Signora, io vi credo e quando qualcuno troverà un portafogli con trecento bigliettoni, la prima cosa che deve fare è restituirveli. Filippo ha trovato un altro portafogli e se lo tiene per comprare patatine e bola, bola. - Non ci faccio - sbraitò la Troiazza. -No! Devi starci, altrimenti gattabuia- Allora ci faccio. QUARTA CAUSA- Signor Giudice, quel morto di fame ha negato alla mia bella moglie un pezzetto di pane e la poveretta non è più rimasta in stato interessante, in galera voglio vedere quel gran farabutto. - Ehh come sono difficili certe cose, facciamo così: Vostra moglie va con Filippo e quando sarà di nuovo in stato interessante, ve la restituirà. - Non ci faccio - sbraitò l'oste che aveva fatto i conti senza il Giudice. -No! Devi starci, altrimenti gattabuia-Allora ci faccio. NdA : Filippo non ne approfittò. QUINTA CAUSA.-Signor Giudice, ero in nobili faccende affaccendato, sotto il ponte della pecora cotta, allorché questo tizio mi è cascato tra capo e collo, rompendomi la spalla. Rinuncio a tutto e ritiro la querela. Buon Natale a tutti - disse il Giudice che non aveva una bella faccia, ma un grande cuore sì.
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1 recensioni:
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- Bella favola, non tutto il male vien per nuocere... ma ci vuole il giudice giusto!
- Grazie per il passaggio e per il commento.
Questo tipo di storie, le si raccontavano nelle lunghe serate di inverno, attorno al focolare. Ciao
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