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Gli indifferenti
Clara non era esattamente uno stinco di santo. Almeno a sentire i vicini di casa, che variamente la descrivevano, ma tutti concordavano fosse collerica.
Era rossiccia di capelli, e ciò dava credito alla sua fama di tipetto difficile da trattare, e più ancora, lo dava, il fatto che perfino il marito e i figli temevano le sue ire. Alta e magra, il suo volto affilato pareva esprimere costantemente un vago disgusto verso... tutto, forse verso la vita.
Vita che perse una mite sera d'autunno con il sole basso e infuocato che la abbagliò mentre, con la sua piccola cinquecento, attraversava un passaggio a livello senza barriere, ma con le luci rosse accese che non vide, nel momento in cui transitava un treno, che infilò un respingente nel finestrino laterale dove lei, ignara, stava alla guida, e la prese alla mascella, proprio come un poderoso pugno, e la uccise all'istante, e trascinò lei e la sua auto per almeno un centinaio di metri, o più, più avanti. Accorsero dalla campagna circostante, gli uomini, e dalle poche case vicine anche le donne: ma nulla ormai era possibile fare.
In quella tiepida e calma sera si avvicinò quella gente al luogo della disgrazia, a constatare quello che era accaduto, e per sapere chi ci fosse in quel rottame mezzo accartociato che vedevano, a curiosare lì intorno confabulando e attendendo l'arrivo di ambulanza e polizia. Capirono subito, dall'utilitaria, di chi si trattasse, Clara abitava poco lontano da quel passaggio a livello, e lo attraversava spesso, anche più volte al giorno. Allora le donne guardarono tutte verso i campi nella stessa direzione, lontano, ma non troppo, là, dove abitava il fratello di Clara, vicino anche lui alla linea ferroviaria, ed era lì infatti, che zappava la terra, apparentemente ignaro di quel che era accaduto, seppur pure lui vedesse, da dove si trovava, il treno fermo e l'assembramento di gente non certo usuale, ma lui, chissà a cosa pensando di quel fatto, continuando a zappare la terra.
"Qualcuno dovrebbe recarsi a informarlo" disse una delle donne.
"Bene" rispose una di esse, "ci andranno alcune di noi insieme".
Così alcune donne si recarono presso di lui e con gran circospezione e qualche imbarazzo gli dissero che era accaduto un grave incidente.
"Si" rispose lui, "vedo che è successo qualcosa, ma cosa è successo che siete così intimorite a dirmelo, coraggio, parlate pure con franchezza".
Con cautela e quasi balbettando una di esse disse che si trattava di sua sorella Clara.
"Ah, ecco", fece lui "si tratta di questo", e vedendole così mogie mogie, le incoraggiò a dirgli il resto.
"Si tratta di una cosa grave?" chiese.
"Si, grave davvero" gli risposero.
"Ebbene dite pure" disse, ed era quasi ridente e divertito, con la zappa ancora in mano, invitando le donne a dirgli il resto finalmente.
"Ebbene, Clara è stata investita dal treno al passaggio a livello ed è morta" gli dissero finalmente.
Ci fu un attimo di tensione, di silenzio, ma come se il silenzio fosse più di quel che è, le donne immobili, l'occhio a spiare le reazioni dello zappatore, poi questi parlò, e lo fece nel locale dialetto: "I ghe ne copa tutti i dì" (ne amazzano tutti i giorni) disse gravemente, rincuorando lui le donne venute per rincuorarlo.
Se ne andarono mute, lentamente, quelle donne, ogni tanto voltandosi a sbirciare lo zappatore, che aveva intanto ripreso a vangare la terra.
Proprio in questo modo, il giorno dopo, durante un turno di lavoro, raccontai al collega macchinista Josè del grave incidente, e lui mi ascoltava muto e attento, guardando dritto davanti a se le rotaie che si perdevano all'orizzonte, io, senza ben capire in che misura quell'attenzione fosse rivolta a me e quanta invece alle sue mansioni.
"Ecco, vedi, ci sono ancora dei rottami dell'auto sulla massicciata, e un piccolo mazzo di fiori" gli dissi quando cautamente transitammo nel luogo dell'incidente.
Lui guardò ma tacque, mi fece solo un breve cenno con la testa, come a dirmi che, certo, aveva visto.
Gli dissi ancora: "Josè, sappi che è stata proprio una delle donne, a raccontarmi del surreale incontro con il fratello di Clara, loro erano sbalordite, credevano di non aver capito bene quando disse "i ghe ne copa tutti i dì", cosa voleva dire?".
Mi fissava di sbieco noncurante, Josè, ma senza proferir parola pareva voler dire: "E lo chiedi a me? Che posso saperne io".
E poi passò un anno da quei fatti. Un altro autunno quieto e pallido giunse nelle campagne che furono teatro di quella disgrazia. Il taciturno Josè ed io, un pomeriggio di quei giorni, ci trovammo insieme nello stesso turno di servizio a transitare in quei luoghi. Entrambi nella cabina anteriore di un treno, ciascuno al suo posto, avevamo appena effettuato una fermata e il convoglio lentamente stava ripartendo. Mi accorsi che improvvisamente un cane, sbucato da chissà dove, forse un cane da caccia scappato dal suo padrone, si era materializzato davanti al treno e correva dritto in mezzo alle rotaie e non voleva saperne di scartare a destra o sinistra. Non si trattava di una cosa inusuale, spesso piccoli animali domestici, cani, gatti, galline, e animali selvatici, faggiani e altri volatili e bestie, capitano nella sede ferroviaria.
"Josè" dissi "c'è un cane davanti a noi".
Josè parve non udire, e non vedere, e accelerò.
"Josè" ripetei più forte "c'è un cane in mezzo alle rotaie".
Josè, tranquillo, come se nulla si fraponesse al suo passaggio, inserì un'altra marcia e il treno vibrò nell'ulteriore accelerazione.
"Josè" quasi gridai, ma il cane ormai raggiunto, fu travolto.
La tensione che era salita prima dell'impatto, subito si appiattì in un'atmosfera di fastidiosa frustrazione. Diedi un'occhiata fuori dai finestrini alla calma campagna di quel tardo pomeriggio, e poi a Josè, che impassibile continuava la sua corsa.
"Hai ucciso quel povero cane" gli dissi.
Allora mi diede un'occhiata e con un mezzo sorriso mi rispose: " Bah, che vuoi farci, i ghe ne copa tutti i dì".
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2 recensioni:
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- Esistono gli indifferenti, è vero. Ma quanta sofferenza hanno patito nella vita? Credo che si tratti di una indifferenza di facciata. ma che nel loro profondo alberghi ancora tanta sensibilità. Bravo.
- Non sono un recensore professionista, credo che tu lo sei molto più di me, posso quindi, in tutta sincerità, che questo tuo mi ha toccato l'animo, e per questo ti dico Bravissimo!
Anonimo il 18/10/2015 13:38
Indubbiamente, l'indifferenza ci può allontanare dal mondo, in quanto taglia la capacità di interagire con coloro che nulla hanno da donarci, neppure un sorriso, un semplice saluto, un gradito ascolto. Ma non deve mai allontanarci da noi stessi, dall'anima che sempre può risorgere, indipendentemente dall'accorgimento che altri possono recepire con la presenza nella vita. Malinconico racconto, dal contenuto colmo di riflessione amara. Apprezzato!
- Un racconto molto vero e reale. mi vengono in mente le parole di Papa Francesco: "Non fa notizia la morte di un uomo nel colonnato del Bernini a Roma, ma se la borsa perde un punto è tragedia."
L'ultima mi ricorda quell'uomo morto sulla spiaggia, i bagnanti dopo averlo coperto, continuarono senza nemmeno compiangerlo, al loro divertimento. Oggi piangono per un cane.
Per fortuna non siamo tutti così! commovente il racconto.
- Io ti ringrazio di vero cuore, ma ti invito a scrivere, magari una piccola poeisa o aforisma per poterti dire ancora la mia.
Anonimo il 08/07/2015 18:53
Me l'ero perso questo bel racconto, chissà dov'ero in quei giorni. Con la consueta abilità narrativa Ellebi riesce a dare l'esatta misura di quanto sia vuota ed insulsa la vita di un indifferente... ci riesce con una doppia chiave, umana la prima, animale la seconda e quindi ottiene la solidarietà del lettore che si immedesima alternativamente nella povera donna o nel cane. bell'esperimento, buona idea, ottima scrittura... no ghe ne xè tuti i dì de scritori cosita... ahahahah... una specie di lombardo-vebneto labronico ellenico. kalispera.
P. S. urge tornare a scrivere racconti caro Ellebi, per il bene di PR.
- Da qualche mese vive con la mia famiglia, una micetta che gioca molto ed è affettuosa. Questa esperienza positiva mi ha fatto rivedere tutte le mie opinioni sugli animali e posso dire senza esagerare che molti dei nostri simili sono in quanto a sensibilità e rispetto, inferiori a tanti animali. Dal tuo racconto posso intuire che il primo caso è stato un incidente, un evento fortuito, mantre nel secondo caso c'è la volontà del macchinista ad investire il cane, quindi c'è la colpa. Due casi simili che vanno considerati ben distintamente. La frase che viene ripetuta la seconda volta è impregnata di un cinismo irreale, quasi diabolico che grida Giustizia! Forse nel primo caso poteva essere interpretata come una espressione di impotente rassegnazione. Racconto non gradito per il contenuto. Ciao, Fabio.
- Mi associo all'eloquente commento di Chira e mi congratulo con l'autore per il lavoro su un tema reale e complesso.
- Ne approfitto per farti gli auguri personali di una Buona Pasqua.
- colpito dai tuoi commenti, sempre attenti e non a tirar via, ti ho scoperto scrittore di pregio; mi complimento, ti leggerò con piacere
- Non posso che ringraziarti dei tuoi commenti e spero di poterteli ricambiare al più presto.
Anonimo il 24/01/2015 22:27
Bellissimo e profondo, complimenti.
- ... e ti ringrazio della tua costante presenza.
- E sì, cose che succedono... al giorno d'oggi specialmente, perché c'è da dire che non esiste più quel senso di interessamento per ciò che accade intorno a noi, anche se si tratta di quanto ci è più caro. La tua è una descrizione lineare e sintetica d'un caso che vuol dimostrare il significato dell'argomento in questione. Molto interessante e piaciuto. Un saluto!
- Grazie Chira, il tuo commento mi conferma di essere riuscito, quantomeno in parte, a centrare l'obiettivo di raccontare l'indifferenza. Si tratta di un racconto grottesco naturalmente, ma era l'unica maniera di rappresentare gli indifferenti. Un saluto
Chira il 24/11/2014 19:40
Vero è che si muore ogni giorno ma... ma ogni morte è SPECIALE, dovrebbe coinvolgere umanamente ognuno di noi, anche quella di un cane. Un racconto mesto, dove una cosa così tremenda perde la sua drammaticità ma forse è più naturale e giusto che sia così?! Chi può dirlo... certo che l'indifferenza, qui ben narrata, è spiazzante. Bello leggerti Ellebi.
Chiara
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