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Correva l'anno 1970
Correva l'anno 1970.
A Luisa, trentanni non ancora compiuti, capitava di diventare oggetto di desiderio per gli uomini che l'avvicinavano... insomma quando la distanza diminuiva al di sotto dei venti centimetri, tra lei e un rappresentante dell'altro sesso normalmente diretto, il più delle volte questi cominciava a provarci.
Non che fosse talmente bella da eccitare qualunque uomo le si avvicinasse ma con qualcuno succedeva. Per lei era un evento normale tra persone di sesso diverso.
─ Oddio è normale anche tra persone dello stesso sesso... ─ rifletteva ─ un'attrazione innescata dalla vicinanza simile a quella che c'è tra il ferro e la calamita.
─ D'altra parte che un uomo sia attratto da una donna è contemplato dalla creazione; se lo vediamo dal punto di vista degli istinti è l'ovvia attivazione dell'istinto della sopravvivenza della specie. Guai se non ci fosse! Eh sì, sarebbe proprio un guaio... ─ continuava a ripetersi cercando delle spiegazioni o meglio delle attenuanti alle avances di un collega, al quale era stata affiancata dal "capo" con l'incarico di "dargli una mano" e, per questo motivo, occupò l'altra scrivania del suo ufficio. Nonostante tutto reputava quel collega simpatico di cui tutti parlavano bene e ne stimavano le competenze; di lui gradiva la compagnia per l'eloquio colto e raffinato che sapeva ben utilizzare in ogni occasione.
─ Siamo entrambi giovani, entrambi sposati con prole e alle prese con lo stesso problema visto da angolazioni diverse oppure da "scopi" diversi. ─ Aveva sentenziato l'uomo.
─ Certo, ci sei tu che vuoi soddisfare la tua voglia ed io che vorrei fartela passare con la dialettica e l'ironia. ─ pensava Luisa.
Sì, aveva ipotizzato di parlargli apertamenrw perché fosse chiara la sua non disponibilità ma il suo "stop" non era mai così incisivo da scoraggiare il "provolone"... preferiva prenderla un po' sullo scherzo, in modo goliardico e superficiale...
─ Guarda che qui non c'è trippa per gatti! ─ e lo diceva con un sorriso appena accennato ma visibilissimo.
Aveva sempre pensato, senza mai sperimentarlo, che avrebbe tradito solo per amore e quello che le veniva proposto era un rapporto squallido, di breve durata, senza alcun coinvolgimento sentimentale.
─ Ci fosse l'amore... ─ gli diceva piegando la testa in modo un po' civettuolo e guardandolo da sotto in su e, visto che non otteneva risposta, continuava...
─A tutte le donne credo faccia piacere l'interesse da parte di un uomo, se non ha altri legami, ma lo vuole romantico, educato e senza "pretese".
─ Insomma cretino o perditempo ─ traduceva lui.
Cercava una giustificazione al fatto che, lungi dall'accettarle, quelle avances le facevano piacere, la lusingavano fino a quando divennero troppo frequenti e fastidiose, allora pensò di rivolgersi al "capo", ma questi non era presente. Al rientro del capo, trovò scuse per non parlargliene... non se la sentiva di sottoporsi alle eventuali domande sul collega da tutti stimato e considerato "una bella persona". Le sembrava poco ciò che denunciava e non così grave. Temeva di sembrare una che immagina o addirittura spera... una mitomane.
Di fatto il collega all'inizio si limitava a lasciargli bigliettini con una poesia o una frase carina o un complimento o, a volte, dei cioccolatini ma poi cominciò con le frasi esplicite a cui Luisa non rispondeva:
─ Mi piaci da morire... mi fai impazzire.
─ Stanotte non ho dormito per colpa tua!
L'accerchiamento durava da tempo e l'uomo non cercava nemmeno più di camuffare l'origine del suo interesse:
─ Guarda che ci guadagni... Io ci so fare.
Era diventato esplicito, così sfacciatamente petulante che Luisa, dopo simili battute, non gli rivolgeva più la parola per giorni ma appena riprendevano a parlarsi, lui ricominciava a infastidirla:
─ Guarda che tanto prima o poi tradisci... ti conviene farlo con me.
Era convinta che scherzasse che non avrebbe mai potuto metterle le mani addosso e si cullò in quell'idea finchè un giorno...
Era in piedi, di spalle, a ordinar pratiche sulla sua scrivania. Lo sentì avvicinarsi e arrivarle vicino, troppo vicino. Il corpo dell'uomo appoggiato al suo, mentre velocemente portava le braccia avanti, le incrociava e serrava i suoi seni tra le mani stringendoli tanto da farle male...
Luisa cercò di divincolarsi ma era blocccata dalla forza di quell'uomo che, al suo palese rifiuto, invece di indietreggiare sembrava traesse animo e voglia.
Sentì il fiato del collega sul collo, cercò di sferrargli dei calci... poi finalmente urlò "Aiuto".
Tanto bastò a farlo desistere, lui lasciò la presa e lei scappò nel corridoio affollato di gente che entrava o usciva dagli uffici e dove impiegati e altre persone conversavano ad alta voce per cui nessuno aveva sentito l'urlo.
Il suo aspetto denunciava uno stato di disagio.
─ Che hai? Stai male? ─ le domandò qualcuno che la conosceva.
Fece di no con la testa e, cercando di assumere una postura eretta e sicura, si avviò al bar...
Stava male. Quel gesto violento, anche solo abbozzato, l'aveva ferita in profondità e, vanificata la libertà personale, si era dimostrato per quel che era... un abuso di superbia e una falsa dimostrazione di potere su un essere più debole.
Le bruciava e le dava dolore come e più di uno schiaffo o di calcio.
Ciò che le faceva più male, poi, era di aver mantenuto rapporti di cortesia con una persona a cui aveva dato fiducia e invece si era rivelata indegna di tanto...
Questa volta denunciò... e chiese di essere spostata in un altro ufficio.
A fronte della condanna senza appello di qualsiasi atto violento Luisa cercava un'altra verità.
Aveva veramente rifiutato i complimenti del violento? Era stata sempre sufficientemente ferma nel dimostrarsi infastidita o aveva mandato messaggi d'incoraggiamento tra le righe?
Ci stava male. Dovette ricorrere all'aiuto di uno psicologo.
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