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La Valle

Il sole, filtrato dalle ripide montagne in lontananza sulla destra, mi accarezzava il volto. Era un dolce risveglio. - Buongiorno - la sua voce sembrava riscaldarmi più di quei tenui raggi. - Appena in tempo, sai?. Potevi rischiare di perdertelo. - Perdermi, cosa? - risposi sbadigliando. - Quello - disse, guardando fuori e indicandomi il panorama con gli occhi. Dopodiché ritornarono su di me, a guardarmi con lo stesso calore e accoglienza della luce. Era una vallata ripidissima, di una tinta verde smeraldo che sembrava essere ancora infetta dalla notte. C'era una sottile nebbia che non permetteva di distinguere bene la fine della vallata, ma c'era una cascata sullo sfondo e veniva illuminata completamente dal sole. Una sola montagna scoscesa era lì a dividere noi dalla cascata, come un guardiano, non permetteva alla luce di guardare il fondo della valle. La valle era vastissima, il ponte era retto da più di due file di pilastri che si perdevano in quel brodo primordiale fatto di buio e acqua. - Peccato per la nebbia, - dissi. - Chiudi gli occhi allora, facciamo un gioco, e non sbirciare! - ribatté, facendomi attendere qualche secondo. - Ora riaprili. La nebbia era diradata, risi sarcasticamente e mi sdraiai sulla poltroncina per niente comoda della cabina. Mi voltai verso quegli occhi. Iniziai a parlare del fatto che non avevo sognato, e che era un po' che non mi capitava, rispose che si sogna sempre, anche quando non lo si ricorda. Mi lamentai dei miei incubi, quelli li ricordavo benissimo. Gli raccontai del sogno nel quale lui aveva un grave incidente: al suo funerale non piansi, ma al risveglio ero triste ugualmente, non per la sua morte, quella si realizza subito essere fittizia; mi sconcertava la mia totale assenza di sentimenti e di cuore nel sogno. Non potevo non piangere per una cosa così brutta. Stavolta fu lui a ridere. Lo chiamai stupido e insensibile. Non me la presi sul serio ovviamente, era un modo per attirare l'attenzione. Disse che lo ricordava bene, solo che non pensavo di avergliene parlato. Continuava a fissarmi, non aveva tolto per uno solo attimo gli occhi dal mio viso, come se si aspettasse dicessi qualcosa, come se dovessi dirgli una determinata parola, ma allo stesso tempo era rilassato non contraeva nessun muscolo del viso. Mi fissava come se fossi un dipinto. - Che c'è? ho forse detto qualcosa che non va? - Ormai ero curiosa. Poi il silenzio iniziava ad imbarazzarmi. Respirai profondamente, non ebbi risposta. Mi girai verso il finestrino, il sole superava il guardiano. - Ma da quanto tempo sto dormendo?. Lui disse che dopotutto non era tanto. - Si, saranno circa... - Fu interrotto bruscamente dalla porta della cabina che si apriva, si sedette una persona, stanca e affaticata non aveva valige, sospirò e si accasciò come un sacco di farina sulla poltroncina. Non sembrava nella migliore delle forme, chiuse subito gli occhi. Si addormentò in un attimo senza nemmeno fare caso a noi. Fu la prima volta che mi staccò gli occhi da dosso. Guardammo entrambi quell'uomo vecchio e affannato. Non nascondo che ridemmo sottovoce, la scena aveva un ché di grottesco. Non ci fu preoccupazione per quell'uomo, ma semplice simpatia. Bisbigliai: - allora dicevi?. Il suo sguardo ritornò sulla mia pelle, che sembrava scrutare poro per poro. - Una decina di ore, appena sei entrata hai iniziato a dormire, proprio come quel signore. Eri stanchissima, mi hai salutato a stento, non ti ho disturbato perché so cosa hai passato. È davvero pesante, ma basta dormire e tutto passa. È una vita che dormi, quindi non c'è bisogno di molto riposo per recuperare la fatica del passato.

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1 recensioni:

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  • gianni castagneri il 28/03/2015 11:09
    bellissima "stesura" di un sogno... e a volte i sogni ci parlano, come ad esempio in questo caso!

2 commenti:

  • Paolo Amitrano il 30/03/2015 10:02
    Grazie mille
  • Stanislao Mounlisky il 28/03/2015 09:27
    Leggendo si dirada la nebbia del dubbio e arriva la straordinaria comprensione... complimenti sentiti

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