Quando sono arrivato in via Grande, Clara stava camminando verso la fermata, ma quasi in preda al panico, sono andato oltre, dalla parte opposta, senza fermarmi, dritto per tornare a casa.
Ero sulla corsia opposta a quella del suo bus e non so se mi abbia visto, ma questo ha poca importanza. Mi sono trovato oltre la fermata quasi senza volerlo, il motorino andava da solo io ero sopra ma la strada non la vedevo e in uno stato d'ipnosi stavo andando tranquillamente a casa senza fermarmi, dopo che avevo calcolato i tempi per quell'incontro "casuale".
La cosa stana, poi, è avvenuta a casa.
Sapevo che non avrei resistito a rimanerci e, arrivato, non mi sono fermato girando il motorino, tornato sotto controllo, e, facendo il percorso inverso verso la città ma senza andare alla fermata.
Sono passato per le vie parallele, di lato, tornando verso il capolinea dove era ancora fermo il bus. Quando è partito, l'ho seguito da lontano vedendo entrare la sua "bellezza acerba" sul bus alla fermata subito dopo; si è messa in piedi agguantandosi alla maniglia sul retro, con quell'aria distratta di "bionda senza averne l'aria."
Ho superato allora il bus ed ho proseguito verso il porto, in fondo via Grande.
Tutto questo succedeva in meno di mezzora in un susseguirsi di cose assurde, una cazzata dietro l'altra, dentro una nausea dietro la precedente che si susseguiva in una confusione mentale totale, quasi un incubo senza uscita.
Il motorino era appena sufficiente a tenermi attaccato alla realtà, di poco, perché andava quasi da solo: una sensazione di paura mista a volontà di vicinanza; ma come, ero andato apposta calcolando i tempi per l'incontro casuale e poi facevo l'opposto.
Mi sono fatto un po' schifo e spero non mi abbia visto perché avere il pubblico, a uno spettacolo del genere, sarebbe stato troppo triste.
Sono arrivato sfinito a casa, svuotato di ogni energia con un pesante fastidio per come mi ero comportato.
Anche, però, in un certo modo sollevato per averla vista.