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Carlo, il mio solo amico

CARLO, IL MIO SOLO AMICO



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Nel 1970 avevo dodici anni, l'età migliore; non perdevo il mio tempo coi telegiornali o sfogliando gazzette, dei problemi del mondo e del campionato di calcio me ne infischiavo, evitavo anche accuratamente d'infilarmi in problemi di cuore che già tormentavano molti miei compagni di classe. Mi ritenevo un saggio, vedevo le fanciulle come il fumo negli occhi.
" Sono insopportabili, pettegole, smorfiose, come può morirci dietro un ragazzo con del sale in zucca? "
Queste stupidaggini le ripetevo a mia madre, che mi ascoltava, sorrideva, taceva e, con mia grande rabbia, scuoteva la testa, sembrava non condividere il mio... vangelo. Nemmeno ci provavo a portarla dalla mia parte. Anche con lei una discussione sarebbe stato tempo buttato via, la mia mammina era una donna e le donne, è risaputo, hanno sempre ragione, e quando non l'hanno la pretendono. " Crescerai e capirai, " con queste parole concludeva invariabilmente ogni accenno di discussione accarezzandomi una guancia.
Io mi limitavo a comportarmi come un giovane della mia età anche se, mi sento in obbligo di precisarlo, ero un tantino sopra la media, molto più vivace, molto più brillante, più scaltro, più furbo... tradotto nel linguaggio caro agli adulti, significava che ero la disperazione dei miei genitori. Per quanto me ne fossero capitati di eccezionali, tanto che non ricordo un rimprovero non giusto, ugualmente non seppi sottrarmi ad una dozzina al giorno. Ma, se non sopportavo la carne ( più abile di un mago la facevo sparire dalla bocca e la nascondevo in una tasca dei calzoni per poi gettarla nel water a fine pranzo), se la mia indole meno ancora sopportava i villani, gli spioni, i presuntuosi, i secchioni, i bugiardi, i prepotenti, i ladri, i leccapiedi ed a queste belle categorie a modo mio gliela cantavo, abbia il coraggio di farsi avanti chi è tanto fesso da pretendere di darmi torto.
Ero figlio unico, non per scelta ma per un intervento al quale la mamma si era sottoposta.
" La mamma si è assentata per assistere una zia malata, per qualche giorno ce ne staremo a casa soli io e te, come due pascià." ( Mai sentita nominare, questa parente. Che fosse saltata fuori dalla calza della befana? ) " Mio padre proseguiva imperterrito ignorando il mio sorrisetto: " per noi sarà una specie di vacanza, puliremo la casa lo stretto indispensabile, alla polvere non baderemo, lo stomaco lo metteremo a tacere con dei panni imbottiti infilandoci anche i capperi ed i sottaceti oppure, se ci andrà, pranzeremo alla mensa ferroviaria. Per la colazione approfitteremo del bar della stazione, due cappuccini e due brioche... Okay? "

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1 commenti     2 recensioni    

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2 recensioni:

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  • Antonio il 14/11/2017 16:29
    veramente un racconto scritto con il cuore
  • Stanislao Mounlisky il 24/06/2015 07:49
    Ritorna, dopo quasi un anno di assenza, uno scrittore degno di tal nome.
    Innanzitutto sa scrivere e lo fa bene, anzi, molto bene: può sembrare una considerazione banale ma, leggendo testi pubblicati qui o in altri siti, ci si rende conto che non lo è affatto.
    La conoscenza dell'italiano e delle sue regole è diventata una rarità, grazie a una scuola fallimentare nei metodi e nelle valutazioni: si scrive perchè è un piacevole modo di esprimersi creativamente e, a differenza di altri hobby (pittura, musica, ecc), non ha costi; si scrive perchè si sa usare alla meno peggio la tastiera di un pc; si è convinti di essere scrittori perchè si hanno delle idee, magari belle, ma non si ha la consapevolezza che queste, per proporle come testi, necessitano della capacità di utilizzare opportunamente lo strumento linguistico.
    Pierluigi Ambrosini, dunque, sa scrivere, ma sa anche divertire, emozionare, riflettere. È un vero piacere leggerlo. Lo consiglio a tutti.

1 commenti:

  • Stanislao Mounlisky il 24/06/2015 07:54
    Mi ha trascinato, questo lungo racconto. Il piccolo Carlo mi ha rubato il cuore! Stan

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