username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Una manata di sale

La calda mattinata ai Bagni Fiume procedeva con i soliti tuffi dal trampolino nord, con gli amici della stradina.
La dolce estate era già cominciata da qualche settimana. Come ogni mattina andavamo molto presto e, quando arrivavamo, eravamo i primi a "incignare" l'acqua nella grande vasca naturale protetta dai grossi massi anche quando il libeccio era "oragioso".
Non era il caso di quella mattinata di "patana", lo specchio d'acqua somigliava più a una piscina deserta.
C'era sempre un gusto particolare nell'essere i primi a fare il bagno e a provocare la prima increspatura dell'acqua.

Quel giorno di mare calmo, però, una volta fatti i soliti tuffi con gli altri ragazzi, decidemmo di provare le immersioni nella parte più esterna della vasca. Era tanto per fare, non eravamo Maiorca che avevamo visto e sentito, l'anno prima, bestemmiare dopo essersi scontrato con un operatore subacqueo durante un tentativo di record.
Volevamo vedere chi riusciva a toccare il fondale.
Si trattava di immergersi e di portare in superficie, un pugno di sabbia dal fondo, che vedevamo dagli scogli. Il mare non era molto profondo in quel punto, giusto qualche metro.
Eravamo in quattro o cinque a provare. La cosa che mi sorprese era che sembrava che nessuno riuscisse a percorrere quei pochi metri: tornavano tutti a mani pulite, senza un briciolo di sabbia.
Quando fu il mio turno, come avevo visto fare, un bel respirone per prendere aria e giù...
La resistenza alla discesa apparve da subito notevole, ma con un po' di movimento si riusciva a scendere.
Non era però semplice!

Ecco, ero quasi alla sabbia ma la tendenza a riemergere era forte anche perché non riuscivo a stare tanto senza respirare. La vicinanza dell'obiettivo, oltretutto fallito da tutti, mi fece insistere, buttando via un po' di aria per essere meno leggero.
Fatto!
Ora però non era agevole tornare in superficie, con meno aria nei polmoni, più pesante e la distanza che sembrava essere aumentata.
Da sotto vedevo l'aria e il sole con i riflessi non nitidi, non avendo la maschera, ma per quanto mi avvicinassi, non arrivavo mai al cielo instabile che sembrava crollare sopra il pelo dell'acqua.
Alla fine erano rimasti pochi centimetri, ma prima di raggiungere l'agognata aria, la bocca si aprì da sola alla ricerca dell'ossigeno mancante.
Fu una boccata di acqua salata che lasciò il segno. Una sola per fortuna perché ero prossimo alla meta, ma bastò per farmi capire cosa avevo rischiato.

Ero tornato con un premio, la sabbia del fondo, pagato con una manata di sale in bocca come un monito dato quel giorno dal mare per ricordarmi che era meglio non scherzare con lui.

 

l'autore Glauco Ballantini ha riportato queste note sull'opera

Il termine "incignare" significa usare per la prima volta, "oragioso" è un termine colorito che sta per tempestoso. "Patana" significa mare calmo e piatto.


1
8 commenti     3 recensioni    

un altro testo di questo autore   un'altro testo casuale

3 recensioni:

  • Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
    Effettua il login o registrati
  • Stanislao Mounlisky il 29/07/2015 10:23
    Ci riprovo...
    Carissimo/a,
    sono in partenza per le ferie, brevi ma agognate.
    Poiché per ragioni imperscrutabili continuano a non pubblicarmi (la 6° parte di Kim e Borg l'ho postata quattro volte e ormai stiamo rasentando le due settimane), ho pensato di inserire il seguito del racconto nello spazio "recensioni" dei miei fedeli lettori, sperando di fare cosa gradita. Mi scuso per questa modalità impropria ma, si sa, necessità aguzza l'ingegno: d'altra parte tale spazio è "terra di nessuno", nel senso che viene utilizzato più per il punteggio che dà che per ospitare recensioni vere e proprie.
    Se vorrete commentare questa mia iniziativa e/o il racconto, vi prego di farlo nello spazio "commenti" della 5° parte.
    Un grazie a tutti. Buona estate! Stan


    KIM E BORG -6° parte
    Tornato a casa con la barba lunga e l'umore nero Raf si fece abbracciare dalla madre perché era impossibile evitarlo, grugnì un saluto generalizzato, alzò un sopracciglio alla vista di Kim e, senza proferire verbo, si infilò nella doccia. Ci sono uomini che cambiano completamente a seconda che si trovino in giro per il mondo o in ambiente domestico e Kim, che quel giorno non era andata al mare per motivi femminili, stentò a riconoscerlo come il ragazzo che l'aveva colpita positivamente a Vienna.
    Si era ritemprata, in quei giorni, e aveva avuto modo di conoscere e apprezzare l'allegra spensieratezza di Borg con cui, per via delle piccole avventure e disavventure marine e cittadine, era nata una sorta di complicità. Raf era stato la bella idea romantica del gigante intrepido e indipendente, un'idea non corrispondente alla realtà; Kim, che tra le sue doti aveva la lucidità, se ne rese conto quando lo vide delegare la madre a svuotargli il bagaglio pieno di panni sporchi da mettere in lavatrice: decise che non era il caso di farsi in quattro per preparare la Paulova.
    Incominciò invece a farsi largo nella sua mente un progetto: voleva prolungare il suo soggiorno a Roma ma non poteva abusare dell'ospitalità di quella famiglia. Doveva cercare un lavoro e, al più presto possibile, trovare un'abitazione, magari una camera in subaffitto.
    Si confidò con Borg e trovò in lui l'amico di cui aveva bisogno: insieme si misero a leggere e a cerchiare le offerte di lavoro sui quotidiani e su un giornale bisettimanale di annunci gratuiti: baby sitter, cameriera o shampista poco importava, l'importante era uscire dall'inerzia. Fu proprio Borg, che finalmente si era rasserenato di fronte al cuore libero di lei, a trovare qualcosa di decisamente interessante. Una scuola, per giunta del quartiere, cercava un'insegnante di inglese per delle ripetizioni estive.
    Presentarsi ed essere assunta fu questione di poche ore: i suoi titoli non valevano, naturalmente, in Italia, ma la scuola era privata e il fatto di essere di madrelingua inglese era un fantastico passe-partout.
    Incominciò a lavorare, con soddisfazione sua e degli studenti, e naturalmente del gestore che, in breve tempo, le propose un'assunzione come docente di classe per l'intero anno scolastico a partire da settembre. Kim prese del tempo per decidere: rimanere in Italia così a lungo era un'eventualità a cui non aveva pensato, anche se vi si trovava molto bene.
    Appena intrapresa la sua nuova e per lei entusiasmante attività, aveva reso note coram populo le sue intenzioni di andare a vivere per conto proprio, ma la famiglia italiana che il destino le aveva messo sulla strada si era quasi offesa ed era stata, all'unanimità, irremovibile: "Ti trovi male, qui? Un piatto di pasta in più non ha mai rovinato nessuno, non ci dai nessun disturbo, anzi! Aspetta almeno di mettere da parte qualche soldo!". Avevano concordato che il trasferimento sarebbe avvenuto a settembre e dopo la firma del contratto che, di giorno in giorno, lei si convinceva sempre più essere un'ottima opportunità. L'unica che vedeva Kim come il fumo negli occhi era Patrizia, la mia fidanzata, che con lei era entrata in competizione tipicamente femminile, cioè immotivata, ma non viveva in famiglia e quindi non aveva voce in capitolo.
    I giorni di quell'estate rotolarono rapidi, con il calore afoso delle lunghe giornate ulteriormente arroventate dal forno in cui mamma Franca, inesorabile, preparava quantitativi industriali di parmigiana di melanzane "per avvantaggiarsi", come diceva, senza che nessuno capisse cosa intendeva dire; rotolarono veloci con la dolcezza dei krapfen alla marmellata che Borg, finito il turno ai Cancelli, passava a prendere a Ostia a piazza Anco Marzio tutte le volte che poteva perchè Kim ne andava pazza; rotolarono spumeggianti come le birre che babbo Mariano comprava a cassette al discount tornando dall'ufficio e che si sorseggiavano mentre si giocava a "scala quaranta" e "Macchiavelli" in terrazza fino a notte tarda, aspettando il momento in cui la stanchezza superava il timore di buttarsi boccheggianti sui letti bollenti; rotolarono splendenti come il brillante della fedina che mi costò tre mesi di stipendio e che regalai a Patrizia il giorno del nostro terzo anniversario, quando, incautamente e ineluttabilmente, le chiesi di sposarmi.
    E infine giunse settembre, e con esso ricominciò la consegna regolare della posta: la cassetta si riempì all'inverosimile di bollette e comunicazioni bancarie. In mezzo si distingueva una lettera, sorprendente e inattesa, indirizzata a Borg.

    7° parte
    Mamma Franca, abituata a figli con vite misteriose di cui veniva a conoscere qualche particolare solo talvolta e per caso, dovette ricorrere a tutto il suo self control per reprimere il desiderio di usare il vecchio metodo delle portinaie, il vapore di una pentola d'acqua in ebollizione scioglie le colla e non lascia tracce, e scoprire in anticipo il contenuto della lettera.
    Quando rientrò, nel tardo pomeriggio, Borg era bagnato fradicio per il violento e improvviso acquazzone che si era riversato sulla città. Non prestò grande attenzione alla busta che gli veniva sventolata davanti alla faccia e si infilò nella doccia. Ne uscì pulito, profumato e pettinato dopo un tempo che sembrò infinito: era fatto così, appena gliene si presentava l'occasione, gli piaceva creare suspense. Infine si sedette sul divano, aprì il plico e lesse.
    "Signori, avete di fronte a voi un genio: mi assumono alla Banca d'Italia!", proclamò con una grande risata.
    Era successo che, un paio di anni prima, aveva partecipato a un concorso, essenzialmente per fare compagnia a un amico. Aveva passato lo scritto, l'amico no, e aveva anche sostenuto l'orale, ma poi non ci aveva più pensato.
    Ora doveva solo espletare alcune formalità, tra cui la visita medica, e poi, via con un lavoro stabile e sicuro!
    Mai e poi mai mio fratello avrebbe voluto un impiego da bancario e quello infatti non lo era, almeno per quello che normalmente alla gente verrebbe da pensare. Quella non era una banca qualunque, era "la Banca", e la mansione, per cui era richiesto solo il diploma delle Medie, era da operaio nello Stabilimento per la produzione delle banconote, l'importante complesso industriale che si trova sulla via Tuscolana, mansione per la quale nel solo primo anno, avrebbe maneggiato tanti di quei miliardi che non basterebbero tre vite per contarli. E non importa se, in realtà, tutti questi soldi, impacchettati in mazzette da cento, dieci delle quali facevano una balletta che, a dieci per volta facevano un ballettone, li avrebbe visti fugacemente: il solo fatto di spostare queste preziose scatole col muletto nella sagrestia e, al momento opportuno, di caricarle sui camion per la distribuzione in tutta Italia gli avrebbe fatto avere una busta paga iniziale che sarebbe stato un sogno per un professore con venti anni di carriera, senza considerare benefit quali la polizza sanitaria al cento per cento a carico della banca, la possibilità di avere prestiti a tassi vantaggiosissimi e anche mutui agevolati per l'acquisto di una casa nel caso in cui decidesse di diventare proprietario invece di rimanere in affitto in uno dei tanti, deliziosi e rifiniti appartamenti di proprietà della banca e riservati ai dipendenti.
    Eravamo tutti al settimo cielo ma babbo Mariano era addirittura commosso: il suo figlio squinternato non gli avrebbe più dato motivo di preoccupazione. Avremmo voluto festeggiare con qualche pala di pizza e gelato a volontà, ma Borg fu irremovibile: "Festeggeremo quando firmerò il contratto. Stasera esco, ceno fuori con degli amici. Kim, vuoi venire anche tu?"
    Non era vero, non c'era nessun appuntamento con nessun amico. Semplicemente, aveva deciso che era venuto il momento di rischiare il tutto per tutto. Quella era la sera per dichiarare i suoi sentimenti e le sue serissime intenzioni alla ragazza che Dio (chi altri, se no?) aveva mandato, dagli antipodi, a suonare alla porta di casa perché diventasse la sua compagna per l'intera vita.
    La serata andò come doveva andare. Unico neo fu la frase di Kim: "Meno male che ti sei deciso, incominciavo a pensare che tu avessi dei problemi..."
    (segue)
  • Anonimo il 03/07/2015 12:20
    Non si scherza con l'acqua! Qui in Ireland è difficile trovare il mare calmo! Bel racconto; gradito, Mr. Ballantini.
  • antonina il 02/07/2015 19:47
    sono stata in ansia... ah! questi giovani!... ma è proprio quella l'età in cui i ragazzi agiscono d'istinto.. e il gruppo fa il resto. Bel racconto.. complimenti.

8 commenti:

  • Glauco Ballantini il 07/07/2015 13:31
    @ Duliamo: bhe, via, che tu fossi Giacomo si capiva dopo poche righe di ogni tuo scritto, dalla vis polemica, da Anonimo 1 e 2 a Charles mia faccia mia razza... Oragioso è un termine completamente inventato da un'amica di Antignano non si usa da nessuna parte, credo.
  • Anonimo il 03/07/2015 12:19
    ah, dimenticavo, Gluaco guarda che sono io, Giacomo... sono in incognito... ahahahahah... con questo nick possono pure spararmi addosso, affondarmi, facciano quel che vogliono... noi ellenici ci siamo abituati, nove volte nella polvere e nove volte rialzati...
  • Anonimo il 03/07/2015 12:17
    Bello questo racconto autobiografico, sei maestro in questo genere... quando poi si parla dei bei tempi andati, del mare, della "parlata" labronica, allora godo proprio.
    Anche all'Elba si usa incignare, ma più col significato di rovinare ( ho comprato il motore della barca ma l'elica era incignata )... o di usato la prima volta, come dici tu.
    Patana invece non lo conoscevo ( noi si usa calma a olio ) e nemmeno oragioso, che rende l'idea del mare in burrasca... per il libeccio poi è adattissimo, specialmente sui vostri lidi... lì entra perpendicolare, è il peggio che c'è.
    Patana ed oragioso li voglio adottare: da oggi lo esporterò e lo farò diventare linguaggio comune a Porto Azzurro... magari il mattino mi rivolgerò a Luigi, il pescatore che io chiamo l'attore, perché è bello, e gli dirò: che mare c'è, patana o oragioso?... ahahahah... so già quel che mi dirà: Mino, che hai?... scirocco stamane?... che lo si dice a chi va al becco, o di traverso... ciaociao Glauco, stammi bene... oggi compio gli anni...
  • Glauco Ballantini il 03/07/2015 07:30
    @ antonina ti propongo di leggere "il nostro segreto" tanto per insistere con l'ansia, racconto breve breve.
  • Stanislao Mounlisky il 02/07/2015 20:00
    "La dolce estate era già cominciata" l'avevo notata (per me quella è una canzone "cult", l'altra mi era sfuggita. Stan
  • Glauco Ballantini il 02/07/2015 16:40
    @ Stan, ci sarebbero due citazioni gucciniane da "canzone per un amica": la dolce estate era già cominciata... ed il cielo crollato...
  • Glauco Ballantini il 02/07/2015 16:36
    Grazie per la segnalazione. I termini: incignare è toscano, patana si usa a Livorno, ma anche altrove e oragioso è una invenzione di una amica che, mi sembra, renda bene l'idea del mare in tempesta.
  • Stanislao Mounlisky il 02/07/2015 16:29
    Un racconto gradevole, breve e abbagliante come il flash della memoria che lo ha ispirato.
    Bene per la nota relativa a termini poco usati (di che regione sono?).
    Ti segnalo refusi nell'ultimo periodo: manata sale in bocca; per ricordarmi che è era meglio.
    Ciao! Stan

Licenza Creative Commons
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0