Non conoscevo Manolo Bellocchio, un ragazzo argentino, nato da genitori italiani che avevano fatto il percorso canonico degli emigranti. Aveva conservato la doppia cittadinanza.
Lo chiamarono alle armi in Argentina, come tutti quelli nella sua condizione, per "dare un aiuto alla sua terra".
"Gli avevano dato le mostrine e le stelle e il consiglio di vendere cara la pelle", ma Manolo cadde in battaglia nell'inferno della guerra delle Malvine, ventenne.
Il consolato trasmise al distretto di Piacenza la documentazione riguardante la sua triste vicenda conclusa in modo così repentino.
La dicitura sul verbale per esonerarlo dal servizio in Italia fu quasi comica: arruolato e dispensato, perché deceduto.
Lo conobbi così.