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Un anno dopo, al solito posto

All'uscita del paese si dividevano tre strade: una andava verso il mare, la seconda verso la città e la terza non andava in nessun posto.
Ma lui non lo sapeva, d'altronde in quel luogo ci era arrivato per caso, seguendo una via che nessuno gli aveva indicato. Era una località sconosciuta, come tante altre che aveva visto, non conosciuto: del resto non aveva tempo di scoprire la città, nè di familiarizzare con gli abitanti.
Stava scappando da una frase: "Non sei assolutamente capace di fare il padre e il marito. Non lo sei mai stato. Il tuo apice è stato mettermi incinta, ma per il resto..." Lei invece era davvero molto brava! Quella frase gliela sputava in faccia mentre al cellulare rispondeva con un messaggino al nuovo amante, che piano piano, stava scalzando il vecchio.
Lui stava evadendo anche dalle tante umiliazioni subite per amore del figlio. Col passare del tempo Giulia, sua moglie, era diventata necessaria come un'unghia incarnita, ma il figlio, Luigi, otto anni, terza elementare, moro, con gli occhi del color dell'inchiostro più scuro, era l'essenza stessa della sua vita, l'unico motivo per restare.
- Papà - gli disse però un giorno accorato mentre tornavano a casa dopo la partita di calcio, una gara importante - ma dove cavolo stavi guardando? L'arbitro ci ha fatto perdere e tu cosa gli hai detto? Nulla, non ti ho sentito. Gli altri si che sono bravi papà, uno addirittura l'ha aspettato fuori e l'ha picchiato. Lui si che vuole bene a suo figlio, non come te che non vali nulla. Domenica mi faccio accompagnare da Mario, l'amico di mamma. Tu vai pure dove vuoi.
A ben guardare non era la prima volta che gli si rivolgeva con questa violenza, però stavolta ne prese atto. E così decise di andare.
Realisticamente stava fuggendo dalla sua vita, dalle ceneri di tanti anni inutili. Era arrivato in quel paese di mattina, camminando come sempre con lo zaino in spalla, il sacco a pelo e nessuna speranza. Si sciacquò la faccia alla fontanella vicino al piccolo parco giochi, poggiò per terra il fardello e si sedette su di una panchina. Da lì poteva vedere quanto fosse animato quel posto e magari con un po' di fortuna avrebbe trovato un'occupazione che gli permettesse di andare avanti.
Si avvicinò al bar. Sul vetro un foglietto scritto a mano sollecitava un giovane di buona volontà a sbrigare dei lavoretti in cucina. Lo staccò per presentarsi al titolare.
- E tu saresti? - domandò l'uomo dietro la cassa ritirando il pezzo di carta.
- Mi chiamo Marco. Passavo di qua, sono uno che ha bisogno di un po' di soldi e non mi piace rubare, cosi... - terminò indicando il foglio proprio mentre il padrone del locale lo stava accartocciando.
"Positivo" pensò, evidentemente non ne ha più bisogno
- Va bene, perchè no, seguimi e ti mostrerò dove lavorerai.
Mentre si recavano verso la cucina, il capo gli comunicò tutti i doveri e l'importo della paga giornaliera, pochi soldi in realtà. E un solo diritto: la notte, chiuso il locale, dopo aver lavato i piatti, avrebbe potuto dormire in un piccolo stanzino al piano di sotto. A Marco stette bene, soprattutto il prendere i soldi giorno per giorno lo rendeva padrone di gestire il suo tempo.

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