... e poi c'è stato l'amore. Il volto irrinunciabile dell'amore, le sue parole gentili, i suoi motivi sofisticati, tutto l'insieme di peripezie sentimentali cui s'affaccia un cuore quando lo prova, l'amore. C'è stato l'abbaglio, furioso, nella notte della sopportazione. Era stato difficile, prima, sopportare le cose. Sentire quel gran peso del Nulla fattosi oggetto, persona, orizzonte. Era stato difficile, in primo luogo, sopportare se stessi, scendervisi a patti, trovare punti d'incontro. Era tutto un arrovellarsi nella notte dell'ambiguità d'esistere. Poi questa luce, fulgente, calorosa, che s'è come impressa su quell'oceano d'aridità. Era questo l'amore, calore che sorprende il freddo, acqua che irriga il deserto, e poi pane e vino e zucchero che sazia il poveraccio. Così io mi sentivo, allora: un poveraccio. E forse lo ero veramente, a guardarci bene, e quando tutto finì ritornai con i piedi per terra, più povero di prima, più solo e ancora più sconsolato. L'amore aveva una sola cosa di controproducente: prima o poi sarebbe dovuto finire.