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Riflessioni su una poesia di Giorgio Vigolo
Ho scelto la poesia: " Ultime luci della parola "di Giorgio Vigolo, un poeta nato nel 1894 a Vigevano e morto a Roma nel 1983? Perché parla della perdita di luce nella " parola ".
Il potere del " verbo " è di biblica memoria e la letteratura è una PAROLA che si espande e rientra in se stessa: capriolando avanti ed indietro nel tempo: dissolvendolo.
Sono rimasta molto colpita da questa lirica: vibrante, intensa ma terribilmente triste.
Ho immaginato come avrebbe potuto reagire una me stessa giovane o comunque poco avvezza a leggere poesie, di fronte ad uno scritto di questo genere.
Probabilmente avrebbe chiuso il libro, sbuffando leggermente per non essere scortese.
Da questo chiudere il libro che voglio cominciare a ragionare.
Come possiamo dare aria alla poesia italiana? Come possiamo rimuovere la polvere che ha muffito l'inchiostro e ridare spessore e colore, integrando il verso nel nostro quotidiano?
La poetica di Vigolo è rivolta ad un'analisi introspettiva, da cui emerge quella che sarà la sua chiusura verso le faccende degli uomini. Unica consolazione per il vecchio poeta è l'estasi della natura, che non è più matrigna come in Leopardi, ma madre silenziosa e protettiva; lungi pertanto dall'avere risvolti sociali e men che meno politici..
Vista così di questa poesia possiamo apprezzare la musicalità, la profondità, il tragico disincanto proprio della tarda maturità: Vigolo aveva circa sessant'anni quando l'ha scritta.
Ma chi può soffermarsi davanti a tanta tragica profondità? Chi può trovare utile perdere minuti della sua frenetica vita per lasciarsi incantare da un verso, il cui significato sembra distante dal rumore del quotidiano?
Io, che sono una presuntuosa, opero una trasformazione delle parole di questa lirica. Voglio catapultarle ai giorni nostri; voglio portare Vigolo lì dove forse non voleva stare.
Non me ne voglia il poeta, se la sua visione intima della poesia io la capovolgo, rendendole un ruolo sociale fruibile da tutti. È la grandezza della poesia che lo consente, perché non appartiene al poeta, se è poesia vera, ma al lettore, il quale la trasforma nel significato dandogli vita nuova: perché la poesia è eterna, assoluta, infinita; ha sempre nuove vite da abbracciare: perché la vita è rinnovamento.
" L'ultimo cupo segno del cadere
Sempre più fondo nella cieca gora
Del nulla, che circonda di sua nera
Ombra l'impaurita anima sola,
è lo spegnersi dentro la parola
della luce dei sogni; "
Qui il poeta ci dipinge la parola che vacilla come la fiamma di una lampada al vento, sempre in procinto di spegnersi ma mai spenta del tutto.
Questa parola oggi nel 2014 ha un altro valore. Se il poeta è malinconico riandando indietro nel tempo dei ricordi, noi abbiamo ben altro da rimembrare. I giovani soprattutto, a cui abbiamo spesso regalato un'infanzia piena di stimoli colorati e creativi, si ritrovano catapultati nel mondo degli adulti, come se tutto d'un tratto qualcuno gli avesse messo in mano il fagotto delle responsabilità, senza suffragare tale peso con gli strumenti idonei.
Il peggio è che spesso questi ragazzi si trovano soli e smarriti in compagnia di adulti - bambini che non vogliono assumersi il ruolo sicuramente difficile di guida e di esempio.
Se parliamo con chiunque, il problema più comune è l'incertezza ossia:
" lo spegnersi dentro la parola
della luce dei sogni "
e proprio negli occhi scintillanti dei ragazzi e delle ragazze, a volte scorgo con disperazione questo buio che avanza.
Quando la parola si svuota, con lei cadono in pezzi i valori che la sorreggevano.
"le riviere
che contemplammo assorti nelle sere
tra foreste di oro e di viola,..."
Sentite la magia della poesia che srotola le parole come tappeti colorati, regalando ai nostri occhi la luminosa immagine di tramonti consumati.
Quelle riviere non potrebbero essere le idee e i valori in cui si è creduto, per i quali molti nostri simili sono morti?
Quelle riviere non potrebbero essere le speranze in cui abbiamo cresciuto i nostri cuccioli, in cui siamo cresciuti noi: figli del boom economico?
La visione naturalistica propria della poetica di Vigolo serve al poeta, che dalla natura trova conforto, a rendere meno dolorosa la costatazione di un tempo ormai irrimediabilmente perduto.
Un giovane di fronte ad un tema così difficile è facile che sbadigli, non si riconosce in un'osservazione così rassegnata: è roba da vecchi.
Ma la parola necessita di essere vivificata, rivestita di significati nuovi, che aiutino a rendere fruibile la poesia.
Cos'è il passato per un adolescente? È la sua infanzia appena trascorsa.
L'infanzia nel ricordo di ciascuno di noi è fatta di colori scintillanti, risate e pianti spensierati, di sapori e gusti che non assaporeremo mai più. Tutta la vita di un uomo è accompagnata dal rimpianto per l'età della fanciullezza. Il buon Pascoli da questo doloroso rimpianto costruirà una poetica, che ha fornito e fornisce parole e versi a poeti o sognatori.
"... più non risorgeranno dalla notte
della memoria che i colori perde,
e il vermiglio e l'azzurro, il giallo e il verde
sono già chiusi dietro le sue porte. "
La fine di questa lirica pare non offrire vie di fuga: le porte sono chiuse. È vero che, nell'ultima parte della vita un essere umano può solo prendere atto della fine di un percorso, ormai svolto, cui non si può porre rimedio.
Io, sempre più presuntuosa, voglio ridare vigore a quei colori, rimpinguando le parole con i contenuti.
Frasi come: " Ucciditi, sei brutta " e altre simili, sono l'esempio più tragico di un uso malvagio, vuoto e pericoloso delle parole, il cui significato risulta svuotato della sua portata morale.
È di pochi giorni fa la notizia dell'ennesimo suicidio di un'adolescente, vittima di essere oggetto di insulti da parte di amici, soprattutto di rete.
La rete: il termine stesso mi evoca l'immagine dei pesci ammassati mezzi morti che per pochi secondi vedono il cielo per la prima volta. Proprio così sono i social network. Utilissimi mezzi di comunicazione che vengono facilmente scambiati per surrogati affettivi, peggio ancora sentimentali. Delle metalliche maschere consentono ai deboli, ai vigliacchi, ai malfattori di camuffarsi nella rete, dove la confusione regna sovrana. Bisogna saper navigare in questa trappola, affollata da ogni sorta di pesce, se si vuole vedere il cielo magari solo per qualche secondo.
Si cura la maschera, ma la maschera non fa trapelare che le " Ultime luci della parola ", sbiadite per l'assenza di nitore, si sviliscono, perdono d'intensità educativa, morale e soprattutto umana.
Solo la poesia può salvare la parola, perché la poesia parla di noi e per noi utilizzando il sublime, l'eccelso sentire che non ha tempo, non ha significato.
Caro Giorgio noi ci riapproprieremo di quei vermigli, di quegli azzurri, di quei verdi e apriremo le porte e spalancheremo le finestre per far entrare i raggi gialli del sole. E poi andremo oltre e i nostri ragazzi si alzeranno da questo torpore drogato d'affanno, rispolverando la gioia di vivere, che questo sistema ingolfato e finanche noi stessi con le nostre paure inutili, gli abbiamo rubato.
ULTIME LUCI DELLA PAROLA
L'ultimo cupo segno del cadere
sempre più fondo nella cieca gora
del nulla, che circonda di sua nera
ombra l'impaurita anima sola,
è lo spegnersi dentro la parola
della luce dei sogni; le riviere
che contemplammo assorti nelle sere
tra foreste di oro e di viola,
più non risorgeranno dalla notte
della memoria che i colori perde,
e il vermiglio e l'azzurro, il giallo e il verde
sono già chiusi dietro le sue porte.
Dalla raccolta Canto del Destino del 1959 di Giorgio Vigolo
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2 recensioni:
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- Un meraviglioso dono Silvia... grazie... ( nella mia ignoranza non conoscevo neanche Vigolo.. cercherò altre sue poesie )per caso.. ma esiste il caso... anche io oggi paro-là ...
- SCEGLI SEMPRE L'INTENSO... PER RIFLETTERE... PER MIGLIORARE... PER NON AUTOLESIONARCI.
LA MIA LODE SILVIA E LA MIA LIETA DOMENICA.
*****
- Grazie Vincent e grazie Rocco per il vostro commento
- Splendida poesia e riflessioni importanti da leggere e proteggere. Buona domenica.
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