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Vecchie cantine
In un pomeriggio grigio di autunno, passo in bicicletta vicino alla fattoria del mio amico Ambrose. Il muro di cinta della fattoria è basso e inclinato. Alcuni mattoni a mezzaluna sono caduti dalla cima. Poiché ho tempo, decido di fermarmi un poco per salutare il proprietario. Entro dal portone.
La casa è quattrocentesca, grande e tetra. Ha la porta ad arco di pietra, le inferriate panciute e un piccolo campanile lassù sul tetto.
Come entro in cucina incontro il signor Ambrose, massiccio come una quercia e altrettanto legnoso.
"Ehi signor Ambrose, passavo da queste parti e sono entrato per salutarla. Come sta?"
"Ah, i miei reumatismi. Non sono più quello di una volta! Adesso faccio fatica a salire le scale. A proposito, ho un favore da chiederti. Ecco. Prendi una candela e va giù in cantina a prendere quattro fiaschi di vino."
Per arrivare alla cantina bisogna attraversare alcune stanze magazzino rischiarate dalla luce grigia di alte finestre a nord. Ci sono sacchetti rotti di zolfo e un soffietto là per terra. Scansie con file di cipolle e aglio. Mucchi di spine tarlate, di tappi di sughero. Una ghiacciaia, un torchio per la pasta, macinino per caffè... Tutto sotto strati di polvere e ragnatele.
Arrivo a una scala con gradini di pietra e scendo fino a una pesante porta di legno con due catenacci. Tiro i catenacci e spingo mezza porta. Poi accendo la candela ed entro in cantina.
La cantina è oscura e tetra con il soffitto a volta di mattoni ammuffiti. Un po' di luce pallida cade giù da due finestrini a livello del suolo, oscurati da inferriate, grate e ragnatele.
Tenendo alta la candela accesa metto i piedi sul pavimento di terra, allagato al centro. Su bassi piedistalli lungo la parete c'è una fila di enormi tini. Per terra ammassate in disordine ci sono decine di botti, alcune sfasciate, e damigiane.
Mi avvicino a una scansia di legno con file di bottiglie e fiaschi. Tiro giù i fiaschi, due alla volta e li poso sul pavimento. Nel voltarmi vedo una forma bianca, immobile laggiù in fondo. Prima di risalire, per curiosità, vado a dare un'occhiata.
Il fondo della cantina è ancora più buio e avanzo piano tenendo la candela. Quando sono arrivato vedo di cosa si tratta.
I mattoni corrosi dall'umidità sono coperti da grandi macchie bianche di salnitro. Le macchie formano disegni e figure strane. Mi avvicino di più per vederle meglio.
Ci sono figure diaboliche. Vecchi scheletrici e bruttissimi. Corpi nudi e gonfi con teste di scorpione, di talpa, di mulo, impegnati in orrende attività.
Che razza di fenomeno è mai questo?
Tutta una folla di esseri feroci di profonda malvagità. Esseri deformi. Esseri mostruosi che corrompono con la bruttezza e il male. É una scena terribile di Demoni che sembra tratta dall'Inferno di Bosch.
Volto le spalle a tutto questo e porto su i fiaschi, due alla volta. Quando richiudo la porta della cantina, penso ancora alle visioni soprannaturali che si sono formate là sotto...
***
É un pomeriggio di marzo, chiaro e ventoso. Il sole sgela le terre, illumina i vecchi muri delle fattorie dove si scaldano le lucertole. Le ultime macchie di neve resistono nei fossi e lungo i muri esposti a nord.
Passando vicino alla fattoria del signor Ambrose decido di fermarmi per sentire come ha passato l'inverno.
Ambrose mi riceve in cucina dove c'è odore di fuliggine e il sole che entra dalle finestre aperte. Restiamo a parlare del tempo, dell'inverno, dell'annata. Dopo un poco non resisto più e gli domando:
"Ha bisogno che le porti su del vino, per evitarle di fare la scala?"
Lui mi guarda un po' sorpreso, ma acconsente:
"Sei gentile. Grazie, alcuni fiaschi mi andrebbero bene."
Desideravo e temevo questo momento. Finalmente ho la possibilità di tornare giù, in cantina.
Mi alzo, prendo la candela, attraverso gli stanzoni freddi a nord e scendo la scala. Tiro i catenacci e mentre apro la porta ho un po' di apprensione. Spinto dalla curiosità mi dirigo subito verso il fondo della cantina mettendo in fuga le ombre.
Le macchie di salnitro ci sono ancora ma... è tutto più confuso. Le figure sono irriconoscibili. Forse la volta scorsa ho visto solo delle illusioni.
Quello che resta dei Demoni è solo una confusione di forme scomposte e ribollenti. Una colata di corpi in disfacimento. Una massa informe di teste. I Demoni hanno perso le sembianze orribili, sono sprofondati in un marasma caotico...
Però sopra a tutto questo il salnitro ha creato altre e differenti figure. Uomini possenti e barbuti e donne affascinanti come Dee. Esseri di straordinaria bellezza e potenza che esprimono gesti di divina autorità. I Demoni sottostanti sembrano annullati, sconfitti da queste nuove presenze superiori.
Quando risalgo dalla cantina portando il vino con me, strani pensieri mi passano per la testa. Non posso dire a nessuno quello che ho visto.
Forse sono stato l'unico testimone di una delle tante battaglie fra Demoni e Dèi che si svolgono in punti lontani dell'universo. Forse, questa volta, il campo di battaglia è stato una vecchia cantina.
DICEMBRE 1992
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- Mi sono piaciute molto le descrizioni dei luoghi e degli oggetti. Mi è sembrato più poetico che horror.
- L'argomento demoni m'intriga molto, tuttavia il finale che hai scelto toglie troppa suspence.
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