Il mio doppio, Innocent, abitava in una casa ristrutturata da poco in uno dei quartieri occidentali della città. La zona era gremita per lo più da nordafricani che avevano rilevato i negozi falliti e le botteghe artigiane.
Dopo avermi fatto entrare nel suo piccolo appartamento da chiromante, il doppelganger mi offrì una tisana alle erbe per distendere i nervi.
<Perchè sono nato, Innocent? Esiste una causa com'è giusto che sia?>
<Pensa a una porta, Vincent... l'uomo la costruisce per un motivo, essa deve separare due ambienti, in questa casa divide il mio studio da chiromante dalla sala di attesa. Così anche l'uomo nasce per separare due ambienti, il sogno e la realtà... ma se l'uomo viene spogliato della sua funzione (come una porta presa e gettata nel bosco) allora tutto si confonde e la razionalità si trasforma in un incubo, perde la sua connotazione reale.>
Innocent era perfettamente identico a me, tranne per la piccolissima cicatrice che segnava il suo labbro superiore.
<E quella?> domandai indicando il punto in alto con l'indice della mia mano sinistra.
<Questa la porti da quando eri un bambino, ricordi? La mamma ti rincorreva sempre perchè rifiutavi il cibo.>
Compresi di essermi gettato nel bosco, non servivo da porta ma stavo sprecando la mia vita, non vedevo il confine tra sogno e realtà mentre il mio doppio se ne stava in una strana casa a fare il chiromante con una cicatrice che era la mia. Ad un certo punto i suoi occhi si misero a ruotare come se volessero uscire dalle orbite.
<Si chiama nistagmo e sta ad indicare che il tempo concessoci è finito, ora dovrai andartene e dimenticare il nostro incontro. Per qualche giorno non vedrai più la tua ombra fino a quando sentirai un pizzicore sul tuo labbro superiore.>
Così mi allontanai da quella casa e dal quartiere abitato da nordafricani curiosi che sembravano giocare a nascondino.