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Quella notte in cui lo zio non morì

"levati dai coglioni" "che hai? eri buono fino a due minuti fa!" "no. non ero buono. vedo le cose storte. quello che fa duemila rumori... che respira... che sospira..." "me ne vado. ciao"

lo zio s'era messo a dormire e lei prese la scala per raggiungere la nostra camera. non dormivo da 26 ore. m'infilai una tuta, presi il portafoglio e aprì la porta.

al bar una ragazza dai capelli rossicci mi guardava. aveva una strana rabbia negli occhi, sarà stato per quello che si trovava lì da sola, alle 2 e 18 della notte, in un localaccio nella periferia nord di Messina. la notte, troppo spesso, assomigliava a un quadro di Bacon. la notte era dei pazzi e delle puttane. e spesso questi due coincidevano in una miscela orribile, quando i fusi davano il cazzo per un bicchier di vino e le troie si mettevano a rompere i coglioni.

la rabbia della ragazza m'attirò e le sedetti accanto.
"non c'è un granché stanotte" dissi.
"già"
"col Natale la gente perde il senso della realtà. vanno nei soliti posti e sono tutti bellini, coi maglioni le scarpine i foulard..."
"non batto. ma la do via per poco"
"perciò batti"
"non sono una troia di professione, ma certe volte c'ho bisogno di scopare"
"barista. un altro bicchiere alla signora"

arrivammo al Paradise con la mia auto. era un hotel a tre stelle e dato che non c'erano ostelli nella zona, optai per questa soluzione rapida. una camera veniva 35 euro.
gli asiatici erano a 200 metri o giù di lì e nel passare avevo comprato diverse confezioni da tre di birra.
Sara, si chiamava Sara, aveva un discreto corpo. mi faceva vedere le gambe, le ondeggiava, bianche, lucenti e lentigginose, sotto il bagliore rosso della lampada, le muoveva strusciandole sul letto, erano gambe prettamente femminili, non svaccate o proporzionalmente strambe, ma magre, lisce, setose.
"c'ho un debole io per le gambe" dissi a Sara.
"so' mica scema. l'ho capito da come me le guardavi. non c'hai staccato gli occhi un attimo"
"allora non c'hai solo le gambe tu, c'hai pure l'occhio attento"
"Ferdinand... Ferdinand... Ferdinand... mi ricorda quel personaggio dei romanzi... quel medico... capito, quel medico là... com'è che si chiama... c'hai pure la stessa aria di quel personaggio"
"ora le puttane pure leggono"
"ohhh! so mica 'na puttana, io"
"sei una che gli piace il cazzo"

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1 recensioni:

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  • vincent corbo il 22/12/2016 06:51
    Ora che ci penso Ferdinand Celine era un medico... ellissi, iperboli, alter ego letterario.

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