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Il futuro è già passato

Donald Trump ha vinto le elezioni americane. Donald Trump è il 1° presidente degli Stati Uniti d'America dell'era postnazionale. Dicono che dietro ci sia lo zampino di Putin. D'altronde, chi può affermarlo con assoluta certezza? Per ora è una post-verità in bilico.
Ad ogni modo, che sia vero o post-vero, reale o meno, una cosa è assolutamente certa: il venti gennaio, cascasse il mondo, DonaldTrump - l'uomo col procione ossigenato sulla testa - s' insedierà alla Casa Bianca. Magari non direttamente. Probabilmente spedirà a Washington un sosia. O la sua sagoma di cartone a grandezza naturale. Perché i detrattori dicono sia intenzionato a portarsi il lavoro a casa. A fare il presidente dalla sua stanzetta "minimal", sulla vetta della Trump Tower. O dal suo aereo, mentre zompa da una megazienda di famiglia all'altra.
In fin dei conti poco importa da dove il nuovo comandante in capo impartirà ordini al Pentagono. Come comunicherà col ministro della giustizia, o parlerà con quello degli esteri. Ammesso che intenda farlo. È solo un dettaglio. Perché in questo nuovo mondo che nasce I vecchi simboli, i soliti riti, le consuete abitudini, son tutto ciarpame destinato a sparire.
Con ogni probabilità, da gennaio, la stanza ovale diventerà come Lourdes: meta di pellegrinaggi senza soluzione di continuità. Là dentro i turisti, scorrendo su di un tapis roulant per non creare ingorghi, potranno ammirare il nuovo presidente seduto alla scrivania - il volto un po' cereo - come nel museo di Madame Tussaud. Del vecchio establishment solo pallidi ricordi. Qualche video sulle pareti lungo i corridoi, mentre una voce sintetizzata ripeterà senza posa l'epopea Stelle & Strisce: dall'intrepida conquista del West alle spregiudicate conquiste di Wall Street.
Ma al di là di questa nota di folclore, ciò che conta ed è destinato ad avere un peso sempre maggiore sulle nostre vite è che l'elezione di Trump segna un cambiamento epocale. Sì, epocale! Mai l'abusato aggettivo fu impiegato in modo più appropriato. Non solo per gli espedienti "borderline" con cui è stata ottenuta. Ma perché con Trump si chiude l'epoca dei nazionalismi e il mondo entra di prepotenza nell'era del postnazionalismo. Al singolare. Dato che, al di là delle apparenze, rimarrà una sola grande nazione. Grande quanto il Pianeta. La nazione del Mondo Globalizzato.
In un certo senso diventeremo tutti apolidi. Cioè cittadini del mondo. Mica subito. Poco a poco.
Per un po', durante la fase di transizione, negli atlanti e sui mappamondi ci saranno ancora i vecchi nomi coi loro confini: Italia, Germania, India, Israele, Brasile, Guatemala, Svizzera, Cuba, Burkina Faso, San Marino,... quello che cambierà, in men che non si dica, sarà la sostanza. Anzi, ha già cominciato. Anche se pochi se ne sono accorti.
Il mondo così ridisegnato vedrà rallentare, fino a regredire, il processo di democratizzazione, con la trasformazione delle nazioni in un insieme di feudi, a capo dei quali saranno nominati burocrati manovrati a distanza da pochi plutocrati. Gente senza ideali e senza patria. Membri di una consorteria sovranazionale, legati solo da interessi economico finanziari, che cercheranno di indirizzare politica, borse, mercati, grandi opere, e flussi migratori in tutto il globo. Stringendo alleanze qua e là al solo fine di agevolare e favorire i propri interessi.

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1 commenti:

  • Gabriele Zarotti il 23/10/2017 22:01
    Come vi sarete accorti, questo pezzo è stato scritto almeno un anno fa. Quindi sa un po' di stantio. Dipende dal fatto che Poesie e Racconti mi ha, credo involontariamente, per problemi tecnici presumo, lasciato in quarantena per quasi un anno, e così ci sono almeno una decina di racconti che sono rimasti in stand-by per tutto questo tempo e solo ora cominciano ad essere pubblicati. Alcuni ho provveduto ad eliminarli, altri no. Me ne scuso con i lettori.

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