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Il conducente di autobus

Andrea nel corso della sua carriera lavorativa aveva sempre fatto il conducente di autobus.
"Turistici!" sottolineava per dare enfasi ad una professione che gli permetteva di girare l'Italia in lungo ed in largo. E di divertirsi anche. Questo all'inizio della sua carriera perché poi, con l'esperienza, arrivarono proposte di viaggiare anche in Europa: Francia, Germania, Spagna fino ad arrivare ai paesi scandinavi che effettuava sopratutto in estate perché in quel periodo il clima, in quei luoghi, era più mite. Un lavoro, il suo, che univa l'utile al dilettevole come Andrea amava rispondere a chi gli chiedeva qualcosa di più sulla sua professione. Due figli piccoli ed una moglie da mantenere non erano uno scherzo ma lo stipendio che Andrea percepiva era più che sufficiente per mantenere la famiglia. Riusciva anche a risparmiare qualcosa per ovviare all'affitto ed esaudire il sogno di comprarsi una casetta tutta sua dove ritirarsi per godere, finalmente, della meritata pensione e raccontare ai figli i fatti che gli erano accaduti nel corso della sua carriera. E fatti, Andrea, ne avrebbe avuti molti da raccontare, anche strani, come di quel giorno, a Roma...
Roma era una meta abituale per Andrea. Ci andava, per lo più, con gli studenti ed anche quel giorno di fine maggio un liceo del suo paese aveva scelto la città eterna come meta per la gita scolastica di fine anno. Era partito di buon'ora perché la comitiva, composta da una quarantina di ragazzi, più tre professori, intendeva arrivare nel primo pomeriggio a Roma per prendere possesso delle camere dell'albergo e anche per fare una visita ad un santuario che il docente di religione aveva declamato come un luogo mistico di grande importanza, sopratutto per la presenza di un frate che, a detta di molti, pareva fosse in odore di santità.
" È un santo!" amava dire ai suoi studenti.
" Ha poteri taumaturgici e dicono che abbia il dono dell'ubiquità" aveva concluso.
Alle parole del professore i ragazzi avevano risposto con spallucce e dandosi di gomito, ignari dell'esperienza che di lì a poco avrebbero vissuto assieme ad Andrea ed al suo autobus.
Assolte le formalità per il possesso delle camere i ragazzi si apprestarono nuovamente a salire in pullman per recarsi al santuario che distava una quarantina di chilometri dall'albergo. Quando Andrea arrivò già le ombre cominciavano ad allungarsi e una leggera brezza piegava le cime degli alberi che facevano corona al luogo di culto. Il parcheggio era un po' in discesa e stretto e terminava a ridosso di un muro abbastanza alto costruito per contenere un terrapieno. La manovra di retromarcia di Andrea non passò inosservata agli studenti che lo gratificarono con un applauso. Nel frattempo si era avvicinato al pullman un frate che a dispetto della lunga barba doveva essere molto giovane. I ragazzi, quando scesero dall'autobus, lo guardarono con curiosità e non fecero a meno di elargirgli un sorriso che il religioso accolse come un segno di saluto al quale rispose con quello francescano: Pace e Bene. Strinse calorosamente la mano ai professori quindi invitò tutti ad entrare nel santuario.
"Dai vieni anche tu" disse rivolto ad Andrea.

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1 commenti:

  • Massimo Bianco il 08/12/2017 10:26
    Beh, è un bel racconto. Ma leggo che è taggato come autobiografico: è davvero successa a te questa cosa? Anche se il personaggio si chiama Andrea e non Antonio? Ciao.

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