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Il Tormento della freccia

Questa può sembrare apparentemente una delle infinite trite storie western. Ma è invece qualcosa di più e qualcosa di meno.
È una storia difficile da classificare e, semmai la si volesse ricavando l'indice dalla sua capacità di suscitare un qualsivoglia interesse nel Lettore, di certo non potrebbe esser valutata molto al di sopra del livello più basso.
Insomma sapremo meglio nel leggerla: sempre che nelle stentate speranze di chi scrive ci sia qualcuno che osi farla quest'azione del leggere, un adempimento talvolta così pregno d'incognite per il benessere mentale del Lettore!
Il titolo "Il tormento della freccia" sembrerebbe facilmente comprensibile sul cosa voglia presupporre data l'ambientazione tipica d'un western americano, ed invece per il nostro sfortunato uomo quella volta la trama in cui fu coinvolto non si sviluppò secondo l'immaginativo comune che il titolo lasciava intuire: egli si era preso una frecciata mentre stava cavalcando al di là dell'asperità, rocciosa e rosseggiante, che quasi faceva da spalliera, col suo ergersi sul retro, al suo tugurio dove sopravviveva come ex-caporale della cavalleria sudista. In questa lui aveva combattuto inquadrato in un reggimento operante prevalentemente in uno scacchiere dell'area dove agiva l'Armata dell'Ovest, la quale poi negl'ultimi giorni del conflitto tra il Nord e il Sud, mosse ritirandosi verso Est, cioè là, in quelle terre da sempre sostenitrici del Presidente della Confederazione e Capo dell'Esercito Sudista, il Generale Lee.
Il tutto successe durante un pomeriggio non tardo e la freccia gli fu scoccata da un Arapaho (nota etnia di nativi della zona, caratteristicamente sempre molto facilmente eccitabili) che lo colpì nel posteriore della coscia, fortunatamente quella di sinistra essendo lui abitualmente un "coscia destra" [?]. Comunque il pover'uomo pur ferito era riuscito a mandare a quel paese l'Arapaho, cioè l'aveva spedito con una revolverata a cavalcare nei pascoli celesti di Manitou, così che potette subito concentrarsi nel tentativo di estrarre la freccia. Fu un'affannata operazione che comportò purtroppo la subitanea rottura dell'asta d'essa, problema questo legato alla carente robustezza del tipo di legno di alberi di cattiva qualità che questa tribù amerinda era obbligata ad usare nella loro riserva e che da tempo se ne lamentava con l'Amministrazione dei Nuovi Territori chiedendo di poter cambiare il tipo d'albero, etc., etc., ... ma proseguiamo!
La punta della freccia si era ben conficcata nel suo muscolo e, vista l'appena avvenuta complicazione, non gli rimase che rientrare nel suo tugurio, una costruzione di legno e pietre locali sagomate alla bisogna da lui stesso molti anni prima. Ritrovata un'essenziale calma nervoso-emotiva, si organizzò mentalmente per decidere il modo più celere di estrarla poiché ovviamente gli doleva un bel po' (da qui la ragione del titolo) .
Però la gran parte del suo tormento, non era dovuto a quello convenzionale che lui pativa per il persistente alloggiare d'un pezzo di ferro acuminato nella sua viva carne ancora sanguinante (o sanguinolente) ma per il fatto, sicuramente raro, che questa punta di freccia gli stava camminando su e giù, a destra e a sinistra dello sfortunato punto di entrata!

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